Un Dio personale? (Quasi) impossibile, ma necessario

Mi sono sempre chiesto se si può parlare di un Dio personale, di un Dio con cui ogni singolo  credente instaura un rapporto intimo...

Mi viene difficile pensare ad una “Entità” che instaura un dialogo diretto con ogni singolo fedele, considerato che parliamo di circa 2,5 miliardi di persone distribuiti fra cattolici, protestanti e ortodossi, solo nell’alveo del cristianesimo.
Al contrario delle confessioni religiose, il Dio personale non conosce infedeli, perché non conosce verità assolute, gerarchie, eretici, pagani o atei. La chiesa da un lato invita, attraverso la preghiera, ad instaurare un filo diretto con Dio; ma allo stesso tempo teme che da questo rapporto personale possa crescere sempre di più l’idea di poter fare a meno della sua guida e della sua dottrina. Perfino la preghiera stessa, quando reclama interventi di grazia e di guarigione, rischia di mettere in discussione l’imparzialità della bontà di Dio.

Già il ringraziare Dio per essere ancora vivi o per il cibo o per la salute o per il lavoro o per altre benedizioni, mi mette in difficoltà, perché il solo ringraziarlo per il cibo che ci dona (senza aggiungere: “e fai che ne possano avere anche gli altri”), mi crea sensi di colpa nei confronti di miliardi  di persone che soffrono la fame.

Ma lasciamo questa breve digressione per ritornare al Dio personale. Come accennato dal titolo stesso, se da un lato mi sembra impossibile che Egli instauri questo rapporto con ciascun fedele, ritengo allo stesso tempo che i testimoni di questo rapporto diano più autenticità alla fede che la stessa chiesa professa. Perché, diciamoci la verità (e lo dico soprattutto a me stesso) se la fede dovesse poggiarsi solo sulle scritture, di cui  abbiamo pochissime certezze storiche (quanto meno della resurrezione di Gesù), o sulla stessa teologia che a modo suo ha interpretato alcuni passi della bibbia, o sulla stesa testimonianza di alcuni membri che ne hanno mortificato il messaggio originario, non credo che potremmo parlare di verità affidabili.
Solo la testimonianza di chi ha o si convince di avere questo contatto particolare con Dio, accompagnato da un cambiamento dello stile di vita tendente al bene e all’amore del prossimo, può rendere credibile la presenza di Dio che, naturalmente, rimane sempre un mistero che in quanto tale non può avere i crismi della verità assoluta.

Quando affermiamo di credere non facciamo altro che poggiare la nostra fede in qualcosa di cui non abbiamo certezze. Poi ci sarà sempre qualche devoto o qualche sacerdote che ci dirà  di avere la verità in tasca e di cui nutro il massimo rispetto, purché la loro vita sia quanto meno specchio fedele (con le ovvie opacità di ogni creatura umana) di quello che annunciano.

Giuseppe Compagno

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