La parrocchia S. Giuseppe a Piano Maglio – Altofonte

Un po’ di storia.

La parrocchia di San Giuseppe situata in Piano Maglio, una frazione diAltofonte, un paesino che dista da Palermo, una decina di chilometri. E’ appunto la prima costruzione che si vede uscendo dallo scorrimento veloce Palermo-Sciacca in direzione Altofonte.

A primo impatto non sembrerebbe una chiesa per la sua forma particolare, ma poi si nota subito la grande croce posta in una parete circolare, soprattutto la sera quando viene illuminata. A dire il vero, quella che adesso è una chiesa, non nasce esattamente come chiesa, in un primo momento infatti, venne utilizzata come palestra, e solo in seguito, adibita a luogo di culto. Non c’era infatti in Piano Maglio un luogo dove i fedeli potessero radunarsi a celebrare i sacramenti la domenica, chi poteva, andava a messa ad Altofonte.  Certo non tutti avevano questa possibilità e si finiva per assistervi solo nelle feste comandate.  Naturalmente la zona non aveva ancora subito lo sviluppo demografico a cui assistiamo adesso, però viene da chiedersi: avremmo una chiesa se non vi fosse stato un prete a prendersi a cuore la sorte di tante anime lasciate un po’ così a se stesse?
Prima ancora dell’edificio di calce e mattoni, si cominciò con l’edificare l’uomo, la Comunità.
C’era, al posto di quello che oggi è un distributore di carburante, una magnifica pineta dove non era raro vedere d’estate, la domenica mattina, qualche ragazzetto portare un tavolino di quelli richiudibili; qualcuno mettere su una tovaglia bianca ed ecco l’altare era lì: e proprio sotto quegli alberi, fra gli aghi di pino che coprivano il terreno e i raggi di sole che cercavano uno spiraglio per passare, il Corpo e il Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo veniva consacrato e si dava ai presenti per le mani di un sacerdote che credeva in quello che faceva, don Amilcare Edoardo Felicioni.
Poche persone, forse una ventina, formavano la prima comunità parrocchiale di Piano Maglio, ma bastavano a quell’uomo per continuare a credere di potercela fare, che prima o poi quel posto avrebbe avuto la sua chiesa. Apriva così la sua casa, nelle fredde domeniche d’inverno, e organizzava una stanza con alcune sedie e un tavolo, un po’ meno traballante di quello estivo, e lì avveniva la preghiera e l’incontro con Gesù, proprio come doveva avvenire per le primissime comunità cristiane.
Nel frattempo, don Felicioni, non si dava pace per trovare il modo di far erigere la sua chiesa. Tenace e burbero come era, fece di tutto per realizzare il suo sogno e in fondo doveva essere anche il sogno di Dio, visto che in un modo o in un altro ci riuscì.
In un primo tempo, come abbiamo detto, la costruzione, fu usata come palestra (non si sa bene il perché),  non durò molto però, perché il suo uso principale doveva essere tutt’altro. Così si cominciò a celebrare nel nuovo edificio ed anche Piano Maglio ebbe una parrocchia.
Don Felicioni volle dedicarla a San Giuseppe, santo di cui lui era devoto. Le messe venivano celebrate nei saloni del piano superiore che oggi usano i ragazzi del 3°Millennio Junior; solo in seguito si pensò di spostarla dove è attualmente anche per agevolare chi avesse avuto difficoltà a salire. Certamente nei primi tempi i fedeli non erano tanti, e non c’erano attività parrocchiali, come quelle che ci sono oggi. Ma si capisce bene che una nuova chiesa va organizzata e guidata ed a ognuno è dato un carisma particolare per portare avanti il progetto di Dio.
Dopo don Felicioni ci sono stati altri preti, padre Giuseppe Mandalà, padre Vincenzo Ambrogio, padre Nino Licciardi e adesso padre Pino Licciardi: ognuno di loro ha dato il proprio contributo, per portare avanti questo santo e ambizioso progetto.
Si sono costruiti, in seguito, anche alcuni locali vicino alla chiesa, locali che vengono usati per il catechismo ai ragazzi o per ospitare preti venuti da fuori e dove si è costruito persino un piccolo teatro con un vero palco. Tante piccole, grandi cose, nel corso degli anni hanno preso vita, tanta gente lavora intorno ad un Unico grande Centro, una comunità che si ritrova spesso unita, un punto di incontro per tutti in una borgata che, per una situazione di territorio, non offre molti spazi di aggregazione sociale. Una fiammella che malgrado tutto continua ad ardere.

Grazie Don Felicioni per avere acceso quella fiammella.

Maria Floriti

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