I gesti quotidiani sono tenerezze d’amore, non abitudini dalle quali liberarsi. 

Guardando ai tanti amori che, dopo tanti anni di vita insieme, si spengono piano piano, fino ad esaurirsi. Coppie che vanno avanti per inerzia accusando l’abitudinarietà in cui sono cadute le loro relazioni. Oppure grandi amicizie che non conoscono più i gesti ricorrenti d'interesse sincero.

Davanti ai tutti i “legami” che oggi, sempre più spesso, si slegano… Mi viene in mente una passo del Piccolo Principe di Saint Exupéry.

“Il rito è quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora diversa dalle altre ore“..

Questo è quello che dice la volpe al piccolo principe, rimproverandolo un pochino, quando lui, dopo aver accettato di addomesticarla, torna il giorno seguente a trovarla. Ma ad un’ora differente. E la volpe resta delusa perché lo attendeva alla stessa ora.
La volpe li chiama riti. Noi le chiamiamo aspettativeSono i riti che fanno di un giorno, un giorno proprio speciale. La volpe lo sa. Il piccolo principe non comprende questo ragionamento e la volpe gli spiega:

Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Quando saranno le quattro scoprirò il prezzo della felicità… Ma se tu vieni, non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore” ..

Vedete? Addirittura si parla di felicità. L’attesa che porta un pizzico di felicità, per quel qualcosa che ormai è quasi una certezza sulla quale far poggiare le proprie fragilità. E l’attesa viene accompagnata da un po’ di agitazione e da una dolcissima inquietudine mista a fiducia. “Colui che aspetta” si fida di te, che ti ricordi con un gesto che, anche se atteso, anche se fa parte della consuetudine di chi si ama da tempo, è sempre un gesto gradito e desiderato. Un atto d’amore atteso, sempre, ogni giorno, per sempre.
E quando l’attesa è esaudita, l’abitudine diventa una virtù perché rimane un segno d’amore. I gesti, quelli veri, sono quelli che si ripetono ogni giorno, nei confronti delle persone che più amiamo e di cui noi stessi non riusciamo a farne a meno. Senza, tutto il resto perde di consistenza o addirittura si dimentica.
Se io aspetto qualcosa, un gesto che per un periodo è stato ripetuto e che quindi è entrato a far parte del mio quotidiano e poi, ad un certo punto, non c’è più, svanisce, non è il gesto stesso che mi manca, ma la persona che ha dimenticato di rivolgermi il suo pensiero, il suo tempo, la sua attenzione. Ed il mio cuore, dacché era felice, rimane deluso.

E’ proprio lì il problema. Chi dona, dona per scelta, dona liberamente e per amore. Se ti rivolgo ogni giorno la stessa attenzione, creando ovviamente in te delle attese, so che ti faccio del bene, ma principalmente sono io che non riesco a fare a meno di regalarti quell’attimo di gioia, perché è importante per te che lo ricevi, ma è anche e soprattutto importante per me che lo dono perché so di farti piacere.

E questo mi rende felice: felice di rendere felice, non è anche questo un modo di amare? 
Se è fatto con amore, anche un comportamento ricorrente e per questo “sospirato” da chi lo aspetta, non è mai avvertito come un dovere da assolvere da chi lo compie.

Benedetta libertà! L’amore non lede gli spazi infiniti della libertà che “con amore” possono essere anche condivisi. Un gesto rituale che viene a mancare e che quindi, anche se era ripetuto, non si manifesta più spontaneamente, è un atto di amore in meno che si aggiunge ad altri ancora e che a volte rappresenta proprio un sentimento che forse non esiste più.

I gesti quotidiani sono tenerezze d’amore, non abitudini dalle quali liberarsi.

Tiziana D’Antoni

1 COMMENTO

  1. Condivido in pieno questa riflessione, e mi viene in mente una canzone bellissima di Ivano Fossati: “Parole che si dicono”. Il tema è lo stesso, il pensiero è il medesimo, la forma cambia perché quella è una poesia, questa è una prosa.

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