Caro Saverio,
sono capitata su questo sito cercando aiuto in rete. Ho un bisogno disperato di parlare e di avere qualcuno che mi aiuti a ragionare sulla mia situazione.
Il mio problema è questo: sono sposata da pochissimi anni, dopo un fidanzamento vissuto tra alti e bassi, e adesso non sono convinta di aver fatto la scelta giusta sposandolo.
All’inizio ne ero innamorata, pensavo a lui come l’uomo che vedevo nel mio futuro, pensavo anche di poterci costruire una famiglia. Col tempo mi sono resa conto che alcune cose di lui non mi andavano proprio bene e ho cominciato a dubitare dell’idea di vederlo come padre dei miei figli. Fu in quel periodo che mi chiese di sposarlo: io non ricordo nemmeno se e cosa risposi. Non mi sentivo felice in quel momento. Mi sentivo in trappola, perché non ero in grado di dire di no, anche se dentro di me una voce lo urlava. E ancora una volta, ricacciai indietro i dubbi. Affrettai le nozze, non so se spinta dalla paura di cambiare idea. Il giorno del matrimonio pero’ ero felice, anche se per nulla nervosa. Ho creduto che la mancanza di nervosismo fosse un buon segno, magari stavo facendo la cosa giusta. Ora non lo so.
Dopo qualche tempo, mio marito iniziò a cambiare. Tutto era diventato routine in pochissimo tempo. Forse era anche depresso. Io ho provato vari approcci, dal portare pazienza a spronarlo, a volte anche ad arrabbiarmi perché non ne potevo più. Abbiamo iniziato ad allontanarci, ma non so nemmeno se lui se ne sia mai accorto. All’inizio litigavamo sempre, la classica coppia che a momenti si tirano dietro i piatti. Io molto gelosa, lui irrazionale.
Capisco ora come quelli fossero almeno segni che ci importava l’uno dell’altro. Al momento non litighiamo più. Non mi interessa sapere dove va, cosa fa, con chi. Se fa qualcosa che mi da fastidio sto zitta e mi arrangio. Non ho il minimo interesse a discutere per risolvere le cose. Non mi importa più, non ci tengo abbastanza da fare un tale sforzo. Soprattutto, ho capito che non importa quante volte ci provi, le cose non cambiano.
So che molti aspetti sembrano normali, magari se si parla di coppie che vivono assieme da molto. Lo so che la routine e’ inevitabile, cosi’ come la diminuzione della passione. Ma si puo’ considerare normale dopo quanti anni?
Io non mi sento pronta a dire addio a tutti I lati eccitanti della vita di coppia. Non ancora. L’idea di tentate una terapia di coppia non ha funzionato. Mi sono quasi sentita presa in giro a proporlo. Discorso chiuso.
Adesso, temo di non amarlo più, non come marito almeno. Non è che non gli voglia bene, gli sono affezionatissima, mi prendo cura di lui gli voglio molto bene, ma è proprio questo il punto. Sento che rimango con lui solo perché non lo voglio ferire, perché ho paura di cosa ne sarebbe di lui senza di me. Però è quasi più un peso, un dovere, non è una cosa che faccio volentieri. Non c’è più alcuno slancio affettuoso nei suoi confronti. Soffro per la mancanza di libertà e dei miei spazi. E l’idea di formare una famiglia, cioè di fare dei figli, neanche morta. Non riesco a vederlo come padre dei miei figli.
Lui si è sforzato, in parte ha cercato di venire incontro alle mie esigenze. Credo che a modo suo mi voglia bene anche lui. Credo mi ami. Ma la cosa strana è che mi sento di dire, appunto, “a modo suo”. Sembra tutto cosi’…tiepido.
A rendere tutto peggiore, quando le cose erano già in fase di declino, ho conosciuto un’altra persona e dopo un incontro culminato con qualche bacio o poco più, ho iniziato a provare qualcosa per lui. Ma credo sia solo un sogno: anche lui è impegnato e per giunta vive a chilometri di distanza. Ci sentiamo per mail e messaggi che aprono un varco su un possibile futuro insieme ma realisticamente cerco di non includerlo nel quadro già complicato. Anche se, è innegabile, l’averlo incontrato ha accelerato i tempi del mio distacco da mio marito. Ormai non so più se continuare a fingere e a sforzarmi restando con lui, o se dirgli la verità, almeno parziale. Pur non essendo troppo praticante, ho iniziato a pregare molto di più. E temo che questo mi abbia confusa ancora di più. Perché quando prego il Signore di darmi un segno del suo volere, di aiutarmi a capire la sua volontà, mi arrivano messaggi d’amore dell’altro uomo. Temo che invece di essere il volere divino sia una tentazione. Ma non riesco a distinguere le due cose.
Qualche consiglio?
Grazie
Carissima amica,
capisco perfettamente il tuo stato d’animo e quello che provi: capita a molte coppie anche se di solito un po’ più avanti nella vita matrimoniale. Tu dici “sposati da pochissimi anni” e dunque devo supporre che siete piuttosto giovani.
Le ragioni dei malesseri della coppia che state vivendo li hai ben chiari tu stessa: un matrimonio forzato che non avrebbe dovuto essere celebrato e che, a rigor di Diritto Canonico, potrebbe essere considerato nullo. Ma non è questa la questione.
Sembravano esserci i presupposti dell’amore, inizialmente da come affermi, solo che troppo spesso non si tratta di amore, ma semplice attrazione, un piacersi e stare bene insieme per quello che si fa e non per quello che si è. Un punto fondamentale che troppo spesso viene trascurato. Per questo esiste il fidanzamento, per capire fino a che punto in una coppia c’è amore e se i due possono davvero diventare una famiglia. Sfortunatamente è un passaggio che oramai si salta, perché si vive il fidanzamento come coppie di fatto che però dormono ancora nelle proprie case. Non si vivono i gesti dell’amore proporzionatamente al livello di crescita della coppia, ma tutto e subito. Questo, è inutile dirlo, inquina la percezione dei sentimenti. Anche perché, scusa se lo dico, non c’è più alcuna differenza nei rapporti intimi tra persone che esprimono l’amore con gesti (come dovrebbe essere) e quelle che lo fanno solo per trarne un piacere fisico o adeguarsi ad un costume ormai consolidato.
Poi se ne pagano le conseguenze. Quello che hai sposato e conosciuto solo dopo il matrimonio, non ti sembra che sia l’uomo con cui impegnarsi la vita. Ma il dado è tratto e il matrimonio per quanto fuori moda impegna davanti a Dio, agli uomini, alla società. Separarsi sembra una sconfitta, e di fatto lo è. Significa ammettere di avere commesso uno sbaglio.
Cristianamente dovrei dirti che il matrimonio è indissolubile e che quindi dovresti pagare a vita le conseguenze delle scelte e promesse fatte davanti ad un altare. Ma realisticamente credo che non si può stare con una persona che non si ama. E lo ribadisco ancora: non ci può essere matrimonio se non c’è amore. Sarebbe solo un contratto da rispettare. Sarebbe una condanna a vita all’infelicità o meglio al nulla, per te e per lui che magari subisce la situazione senza avere gli attributi per prendere una decisione. Ma è tipico di molti uomini e si chiama “tecnica dell’evitamento“, cioè misconoscere il problema, come se si potesse aggiustare da solo! Ovviamente non porta a nulla di buono. Tu comincerai a tradirlo, anzi hai già cominciato, e lui se avrà occasioni farà lo stesso. Non proprio un bel quadro o una bella cornice dove crescere dei figli.
Chiedi consigli? Eccoli: separa per quanto possibile le due situazioni. La crisi di coppia ed il coinvolgimento con l’altro uomo. Parlate apertamente e chiaramente dei malesseri che state vivendo, magari facendovi aiutare da persone esperte o amici fidati. Se possibile, separatevi temporaneamente per fare chiarezza dentro di voi. Insieme finirete per detestarvi.
Se questo non sarà sufficiente a fare tornare l’amore, allora separarsi è l’unica soluzione. E la più onesta alla fin fine, con buona pace del tradizionalismo cattolico che vi vorrebbe condannati a vita.
Non mi allontanerei mai da Dio in ogni caso e pur se considerata in peccato dalla chiesa mi presenterei a Lui con fiducia. Molto bene che preghi, continua a farlo e non considerare tentazioni i messaggi d’amore del tuo spasimante. Se si vive con amore, per quanto distorto, proviene sempre dal bene.
Auguri e riscrivimi quando vuoi.
Saverio Schirò