Conosciamo tutti il famoso proverbio: “Dio scrive dritto sulle righe storte”, o meglio ancora la convinta affermazione di San Paolo che ci assicura che “Tutto coopera per il bene di coloro che Dio ama”. Ebbene, la storia di Rut sembra una splendida testimonianza della verità di questi detti. Essa infatti comincia in modo straordinariamente fallimentare. Una famiglia di Betlemme, composta da Achimelech (il mio Dio è Re), sua moglie Noemi (Gioia mia) e i loro due figli, Maclon (Debolezza) e Chilion (Consunzione), costretta dalla carestia si trasferisce nel territorio di Moab. Dopo pochi anni, Achimelech muore e Noemi rimane sola con i due figli, i quali sposarono due donne di Moab, Orpa (Colei che volta le spalle) e Rut (l’Amica). Abitavano in quel luogo da circa dieci anni, quando Maclon e Chilion morirono e Noemi rimane priva del marito e dei due figli. Essendo straniera, si sentì sola in Moab, per cui decise di tornare a Betlemme, nella sua casa, anche perché nel frattempo la carestia era cessata e nel paese di Giuda non mancava più il pane. A questo punto Noemi, per senso di delicatezza, chiede alle due nuore di tornarsene a casa, dove magari potevano trovare marito e rifarsi una loro vita familiare.
Orpa, dopo un primo rifiuto, finisce con l’accettare il suggerimento della suocera, mentre Rut, che si sentiva molto legata a Noemi, rimane inflessibile nella sua decisione e le dice con affettuosa fermezza: “Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio“. A questo punto, Noemi non fa più obiezioni e decide di proseguire il viaggio con lei fino a Betlemme. Giunte a Betlemme, tutta la città si rallegrò per il ritorno di Noemi, la quale, nel suo dolore, disse ai suoi amici: “Non chiamatemi più Noemi, chiamatemi piuttosto Mara (Amarezza), perché l’Onnipotente mi ha amareggiata“. Le due donne giunsero a Betlemme quando stava per cominciare la mietitura dell’orzo. Pur avendo la casa, le due donne erano veramente povere, per cui Rut pensò di fare qualcosa di utile che potesse alleviare la loro condizione. Così chiese alla suocera di lasciarla andare per la campagna a spigolare l’orzo, nella speranza di trovare qualcuno di buon cuore, che le consentisse gentilmente di farlo, senza crearle difficoltà. Noemi, comprendendo la sensibilità della nuora, l’abbracciò e le disse: “Va’ pure, figlia mia”.
Così Rut andò nella campagna e si mise a spigolare dietro ai mietitori, non sapendo che era andata a capitare giusto nel campo di un certo Booz, un uomo potente e ricco della famiglia di Elimelech, suo defunto suocero. I mietitori invece l’avevano subito riconosciuta, perchè nel paese si era tanto parlato di Noemi e della sua nuora moabita. Quando Booz arrivò da Betlemme, dopo aver salutato con grande cordialità i suoi operai, si rese subito conto della presenza di quella straniera e chiese al sorvegliante dei suoi mietitori: “A chi appartiene questa giovane?“. Il servo gli spiegò chi era la giovane ed aggiunse che tutta la mattinata era rimasta dietro ai mietitori e solo adesso si era riparata nella casa, per potersi riposare un poco. Booz si avvicina a Rut, la saluta, la incoraggia a restare lì a spigolare, non avendo motivo di andare in un altro campo. Poi le dice che quando ha sete può bere dagli orci che i suoi servi attingono. La ragazza chiede come mai si mostra così benevolo con lei e Booz le dice che aveva sentito quel che lei aveva fatto per sua suocera, decidendosi a venire in terra di Giuda. All’ora del pasto la invita a sedere con i suoi servi, e ordina ai suoi operai di non molestarla, anzi di far cadere qualche mannello di orzo apposta per lei.
Quando la sera termina di spigolare, se ne torna a casa con circa quaranta chili di orzo ed in più quello che aveva conservato del cibo che le era stato offerto. Noemi le chiede come era andata e Rut racconta tutto quello che le era successo e come era stata trattata con grande generosità. Quando dice che il nome del padrone del campo era Booz, Noemi le rivela che egli è un parente stretto, di quelli che hanno diritto di riscatto su di loro. Quindi la incoraggia a tornare da lui e di stare con le sue schiave. Rut rimase a spigolare fino alla fine della mietitura dell’orzo e del frumento. Poi abitò con la suocera. Noemi desiderava trovare una sistemazione per la sua nuora. Allora escogita un piano per chiedere a Booz di esercitare il diritto di riscatto e così cedergli le sue proprietà e dare a Rut uno sposo. Così chiama Rut e le dice cosa deve fare. Rut si reca di sera nel campo di Booz senza farsi vedere, e quando dopo aver mangiato e bevuto, egli si mette nell’aia a dormire all’aperto con una coperta, lei si avvicina in silenzio, gli scopre i piedi e si sdraia ai piedi di lui avvolta nel suo manto. Sentendo freddo ai piedi, Booz si sveglia e si accorge che c’è qualcuno steso ai suoi piedi. “Chi sei?”, chiede. E Rut si fa riconoscere e gli spiega il motivo di questa sorpresa.
Gli dice che è venuta per chiedergli se può esercitare il suo diritto di riscatto. Al che Booz le risponde che avrebbe fatto tutto il possibile per risolvere la situazione, ma prima doveva appurare se un altro parente che veniva prima di lui volesse usare il suo diritto o no. L’indomani si reca alle porte della città, convoca alcuni cittadini come testimoni, chiama l’interessato e dinanzi a tutti chiede se ha intenzione di acquistare l’eredità di Achimelech, perché Noemi la metteva in vendita. Il parente era proclive ad accettare, ma aggiunse che c’era una clausola da rispettare. Insieme con l’eredità, doveva prendere in sposa la nuora e dare un erede ad Achimelech. A questo punto l’uomo si tira indietro, perchè non ha alcuna intenzione di danneggiare la sua propria eredita e dice a Booz che può subentrare al suo posto. Così, alla presenza dei testimoni, viene stipulato il contratto e Booz acquista non solo l’eredità di Achimelech, ma accetta con grande gioia di prendere come sua sposa Rut. Si unisce con lei, che partorisce un figlio, come erede di Chilion. “Noemi prese il bambino, se lo pose in grembo e gli fece da nutrice. Le vicine gli cercavano un nome e dicevano: «È nato un figlio a Noemi!». E lo chiamarono Obed. Egli fu il padre di Iesse, padre di Davide.”
Tratto dal Libro di Rut, Antico Testamento
Giuseppe Licciardi (Padre Pino)