(Anno C) II domenica del Tempo Ordinario

«QUALSIASI COSA VI DICA, FATELA»
(Is 62,1-5; Sal 95; 1Cor 12,4-11; Gv 2,1-12)

Il mistero dell’Epifania del Signore trova nel racconto delle nozze in Cana di Galilea la sua ultima espressione. Infatti esso comprende tre eventi, che la Chiesa ci fa celebrare in tre distinte festività: la “manifestazione del Signore alle genti” rappresentate dai Magi, ed è quella che chiamiamo la solennità dell’Epifania; la “manifestazione del Signore al popolo d’Israele”, che si realizza nel Battesimo del Signore; ed infine la “manifestazione del Signore ai suoi discepoli, alla Chiesa, che avviene nella festa di nozze in Cana di Galilea, dove “Gesù manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui”. Se infatti rileggiamo l’Antifona alle Lodi del giorno dell’Epifania ci troviamo scritto: “Oggi la Chiesa, lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo, suo Sposo, accorrono i magi con doni alle nozze regali e l’acqua cambiata in vino rallegra la mensa, alleluia”. La stessa idea viene ribadita nella Antifona ai Vespri dello stesso giorno: “Tre prodigi celebriamo in questo giorno santo: oggi la stella ha guidato i magi al presepio, oggi l’acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia”.

Oggi ci troviamo di fronte a questo singolare racconto dell’acqua che viene cambiata in vino, che è proprio del Vangelo di Giovanni, ed appare subito chiaro che la narrazione ha un profondo valore simbolico che va al di là dei semplici fatti narrati. La Chiesa ci introduce in questa comprensione del mistero che viene sotteso, nel momento in cui ci propone la lettura del toccante brano del profeta Isaia, così traboccante di tenerezza e di misericordia. Dio infatti si rivolge a Sion, che rappresenta il suo popolo, affermando che essa non sarà più considerata “Abbandonata” o “Devastata”, anzi le dice “sarai chiamata Mia Gioia”, (…) e “come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo dio gioirà per te”. Nelle nozze di Cana viene allora adombrato il mistero delle nozze dell’Agnello con la sua Sposa, la Chiesa, che Egli purifica e rende bella e splendente lavandola nel suo sangue. Se ci poniamo in questa prospettiva, riusciremo in qualche modo a capire la singolarità di queste nozze, dove la sposa è del tutto ignorata e lo sposo fa appena da comparsa. Al contrario Gesù assume il ruolo del vero protagonista del racconto, ed insieme a lui, la Madre, i discepoli, i servi ed il direttore del banchetto, che si limita a tenere la scena, senza aver capito nulla.

Il racconto inizia annunciando che a Cana di Galilea c’è una festa di nozze e la madre di Gesù si trova lì. Alla festa accorre anche Gesù con i suoi discepoli. Ma quando Gesù arriva troviamo una situazione di emergenza, di cui l’unica a rendersene conto è sua madre. Ella rappresenta l’Israele di Dio che si è mantenuto fedele al suo Signore, ma che prova nel suo cuore la sofferenza per gli invitati che hanno tanto atteso questa festa ed ora rischiano di vederla fallire. Perciò si rivolge a Gesù, semplicemente facendo notare la situazione: “Non hanno più vino”. Lei, da parte sua, è piena della sobria ebbrezza dello Spirito. Lei sa bene che solo suo figlio può cambiare le cose. Ma Gesù, all’osservazione della madre, risponde come uno che non può farci niente, perché non è lui che ha provocato questo esaurirsi della gioia che viene dal Signore. E come motivo afferma che la sua “ora” non è ancora giunta. La madre non vede nelle parole del figlio un rifiuto. Tanto è vero che chiama i servitori e dice loro di mettersi a disposizione completa di Gesù, di fare tutto quello che Egli avrebbe detto. Perché la soluzione per Maria sta proprio in questa fiducia piena e docile alle parole del suo figlio. Così i servi si presentano da Gesù che subito prende in mano la situazione e chiede di riempire le giare di pietra che si trovavano la per la rituale purificazione.

Giovanni fa notare che le giare, che potevano contenere da ottanta a cento venti litri di acqua, erano vuote. Erano sei giare, come nota Giovanni, ed il numero sei è segno di non sufficienza. Le purificazioni rituali non servivano più a nulla per questo popolo che aveva il cuore indurito come pietra. La legge e le sue prescrizioni sono, invece di essere motivo di gioia, erano diventate un peso insopportabile. Occorreva la nuova legge capace di ridare la fresca gioia dell’amore di Dio e Gesù è venuto proprio a stabilire con il popolo una nuova alleanza nel suo sangue, che si sarebbe consumata sul Calvario, quando l’ora di Gesù sarebbe scoccata ed Egli dal suo costato avrebbe fatto scaturire la sorgente viva dell’acqua e del sangue. I servitori le riempiono fino all’orlo, perché Dio è sempre ricco di misericordia e dona sempre in abbondanza, perché ne basti per tutti quelli che sono assetati e cercano di attingere da lui l’acqua che da vita ed il vino che dona la gioia al cuore. Compiuta questa operazione Gesù dà l’ultimo comando: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi lo fecero. Da questo momento Gesù esce fuori di scena.

Adesso spetterà ai servi distribuire quel vino, perché loro sanno da dove viene. Il direttore delle nozze invece non si è reso conto di niente. Per lui tutto era a posto, tanto è vero che si limita a costatare semplicemente che questo vino era buono come il primo. Lui pensava che l’avessero preso dalle riserve, che fosse il solito. Per i sacerdoti e i dottori della legge, la legge e le tradizioni degli antichi bastavano da sole a soddisfare alle necessità del popolo. Non c’era bisogno di cose nuove. Non le volevano neppure. Ma ormai il vino nuovo è stato messo a tavola, Dio si è ricordato del suo popolo ed ecco che adesso il pianto si trasforma in gioia per tutti coloro che hanno imparato a fare qualsiasi cosa Egli è venuto a dire. Questo è l’inizio dei segni, che sarebbero culminati con il segno per eccellenza, il sacrificio di Gesù sulla Croce, che rivela l’insondabile ricchezza dell’amore di Dio, il quale ha tanto amato gli uomini da dare il suo unico Figlio, perché essi abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Lo Sposo è venuto incontro alla sposa, l’ha rivestita di vesti splendenti. Ora Essa è pronta per lo Sposo.
Giuseppe Licciardi (P. Pino)

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