Si può essere credenti in Cristo e fare a meno della chiesa?

Uno slogan mai cessato di essere proclamato recita:
“Cristo sì, chiesa no”.
Quali sono le ragioni che possono essere contrapposte a questo modo di pensare che è sempre di moda tra i giovani ed i meno giovani, ancora oggi.
Questo modo di pensare non va mai in cantina. Lo sentivo trenta anni fa e lo sento ancora adesso. Intende esprimere una certa simpatia per la figura di Gesù, anche se si conosce a malapena il suo messaggio, ed una avversione incondizionata nei riguardi della chiesa. Ovviamente nell’immaginario comune si dice chiesa e si pensa all’Istituzione: papi, vescovi, preti, Vaticano…

La chiesa è il prolungamento di Cristo nella storia

In questo modo si travisa radicalmente la natura autentica della Chiesa e si dimostra di misconoscere il suo essere invece il luogo privilegiato della presenza di Cristo nella storia ed il prolungamento della sua attività salvifica. Facciamo un po’ di chiarezza a partire dalla Bibbia.
La storia della Bibbia è la storia della salvezza dell’uomo: dopo una preparazione bimillenaria, che si dipana lungo tutto l’Antico Testamento, Israele viene visitato da Dio, dal Messia promesso, un salvatore eterno e definitivo.
Il problema è riconoscerlo, perché come sempre i progetti di Dio non sono secondo le aspettative degli uomini. E così, Gesù Cristo, il Messia, invece di restaurare il Regno politico come si aspettava Israele, inaugura il Regno di Dio, un regno di amore e concordia e pace. Una salvezza definitiva che riguarda tutti gli uomini e tutte le generazioni. Egli rivela il vero volto del Padre: non più un Dio lontano e inaccessibile, ma un Dio Padre, amorevole e misericordioso che vuole la felicità di tutti gli uomini.

La gente, non capisce, lo rifiuta e lo condanna alla morte in croce. Ma questo piuttosto che cancellare il progetto di Dio, lo rende fruibile per tutte le generazioni: Gesù infatti risorge dalla morte e da quel momento in poi rimane spiritualmente presente cosicché ogni uomo può incontrarlo facendone esperienza diretta e personale. Prima di Cristo per accedere a Dio occorreva la mediazione di uomini speciali, profeti, re, sacerdoti…, dopo Gesù ogni uomo personalmente può fare esperienza di Lui.
È la chiesa che rende presente Gesù ed è all’interno di questa realtà che questa esperienza diventa fruibile. Oggi è il tempo della Chiesa, il tempo dello Spirito Santo, sì, perché la chiesa nasce con la Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo sui discepoli.
La chiesa nasce quando le persone che hanno fatto esperienza di Cristo hanno l’esigenza di stare insieme per continuare a vivere e diffondere il suo messaggio. Senza la chiesa, forse il messaggio di Gesù sarebbe finito a quel tempo.
Se Gesù è stato il sacramento del Padre (sacramento significa segno e strumento), la chiesa diventa sacramento di Cristo, cioè ne prolunga la presenza in mezzo agli uomini.
Oggi a duemila anni di distanza, grazie alla chiesa, Gesù Cristo vive ancora in mezzo agli uomini e gli uomini possono ancora farne esperienza. In seno alla chiesa la mia fede non viene vissuta emotivamente come una illusione o una fantasia, perché trovo la mia collocazione e il mio impegno a diffondere il messaggio di Gesù che ho fatto mio. Nella chiesa, comunità di credenti, (non di santi) trovo il sostegno nei momenti di difficoltà e do il sostegno ai fratelli quando sono essi in difficoltà. Gesù Cristo, non ha mani, non ha piedi, non ha voce, ha le mie mani, i miei piedi e la mia voce per continuare la sua missione, consolare i deboli, sostenere gli affaticati, dare una parola di speranza ai poveri. Se io mi tiro indietro Gesù non può operare.
Il messaggio essenziale di Gesù è l’amore tra gli uomini, ma l’amore è fatto di gesti concreti e non di concetti, per questo ogni uomo che abbraccia la fede diventa essenziale per prolungare l’opera del Signore. Ecco perché la chiesa rende presente Gesù in mezzo agli uomini.
A volte confondiamo la chiesa con aggregazioni sociali. La differenza tra collettività e comunità è essenziale:  la collettività è una aggregazione di uomini alle cui regole bisogna sottostare. È  l’io che si deve adattare: io entro in un club, in una casta e devo sottostare alle regole, alle leggi di questa associazione; se sbaglio devo pagare. Il fondamento, quindi è la legge e la giustizia: chi sbaglia perde tutto e paga.
La comunità, al contrario, si genera dall’azione dell’io. L’ideale è l’amore, chi rompe viene perdonato; se sei in crisi la chiesa ti perdona e ti fa rientrare. Il fondamento è la persona e non l’individuo per cui le decisioni che vengono prese mirano al bene della persona, al rispetto della sua storia: se io non ti lavo i piedi, se non ti do la salvezza, non sono comunità. Per accedere a Dio Padre, dunque, l’uomo deve passare attraverso la chiesa a Gesù. Questo comporta un compito fondamentale per la trasmissione della fede: l’insieme dei cristiani (chiesa) rende visibile Gesù Cristo e con lui, il Padre (Filippo, chi ha visto me ha visto il Padre; Gv 14,9)
La comunità vissuta in concreto allora, diventa strada e dimora della maturità della fede.
La mia chiesa diventa la mia dimora se io riconosco che in quel luogo Gesù è presente. Così come un bambino sente che la casa in cui abita è la sua “dimora” se vi sono i suoi genitori, anche il cristiano sente che la sua chiesa è la sua dimora se vi riconosce la presenza di Cristo.

Questo a patto che Gesù sia il tutto della mia vita; se invece gli concediamo solo alcuni spazi, piccoli frammenti del nostro esistere allora non abbiamo concluso nulla.

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