UNA COPPIA CHE VIVE ED ANNUNCIA IL VANGELO
In seguito ad alcuni episodi di disordini e di tumulti all’interno della numerosa comunità ebraica che viveva a Roma, probabilmente a motivo di un certo “Chrestos” e dei cosiddetti “seguaci della via”, l’imperatore Claudio trovò la soluzione di espellere dalla capitale le persone più in vista a motivo della loro attività di evangelizzazione. Tra questi espulsi si trova una coppia di sposi, Aquila e Priscilla (o Prisca), originari del Ponto, l’attuale Turchia. La loro professione era quella di fabbricatori di tende, e probabilmente, proprio in base ai rapporti di lavoro e di commercio, una volta lasciata Roma, si imbarcarono per Corinto, una porto commerciale molto fiorente, dove viveva una vivace comunità di discepoli. I due sposi, che avevano dovuto lasciare una attività ben avviata, sono costretti ad incominciare tutto da capo. Ma questo cambiamento, che all’inizio sembrava una grave perdita si rivela per loro una nuova opportunità per vivere e testimoniare con grande efficacia la loro fede. Anche Paolo da ragazzo, nella nativa città di Tarso, aveva imparato il mestiere di tessitore di tende, prima di entrare nella scuola di Gamaliele, a Gerusalemme, per studiare le Scritture. Questa sua professione si rivela provvidenziale nel momento in cui, nel corso della sua missione apostolica, lascia la città di Atene e di là giunge a Corinto.
Qui trova ospitalità proprio nella casa di Aquila e Priscilla, con i quali condivide non solo il lavoro, che gli consente di annunciare il vangelo senza dover dipendere da nessuno, ma anche la loro sincera amicizia. Paolo scopre ben presto che i due non sanno fabbricare solo tende, ma sono veri credenti pieni di zelo per il vangelo, ed è ben lieto di condividere con loro la sua conoscenza di Cristo e la passione per il Regno di Dio, facendone suoi esperti ed accorti collaboratori. Nei primi tempi della sua permanenza a Corinto, Paolo dedicava alla predicazione il tempo libero dal lavoro, soprattuto il sabato. Ma quando giunsero Sila e Timoteo, Paolo si dedicò totalmente alla Parola, rivolgendosi sia ai Giudei sia ai pagani. Si capisce bene che era sostenuto e garantito dalla splendida coppia di amici, che gli consentivano di dedicarsi a tempo pieno alla sua missione. A Corinto la comunità cristiana cresceva in maniera straordinaria ed era molto viva, ricca di entusiasmo e dei vari doni dello Spirito, che si manifestavano con esuberanza, pur creando a volte alcuni problemi. Paolo si ferma a Corinto per ben diciotto mesi, e questo ci fa capire come fosse intensamente coinvolto con quella comunità. Ma l’ostilità dei Giudei, che organizzarono un complotto contro di lui, minacciando anche i suoi amici, convinse Paolo che era il momento di andare altrove per la sua missione.
Prendendo congedo dai fratelli, Paolo non s’imbarcò da solo, ma vennero con lui anche Aquila e Priscilla. Sbarcarono ad Efeso, dove Paolo iniziò subito a predicare nella sinagoga, ma non si fermò per molto, promettendo di tornare dopo il suo viaggio a Gerusalemme. Ad Efeso Paolo lasciò i due sposi, i quali cercarono di inserirsi in quella nuova comunità con quel tatto e l’intelligenza che li distingueva. Un giorno di sabato, mentre erano nella sinagoga per l’ascolto delle Scritture e la preghiera, si presentò a parlare “un giudeo chiamato Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, versato nelle Scritture. Questi era stato ammaestrato nella via del Signore e pieno di fervore parlava ed insegnava con esattezza ciò che si riferiva a Gesù, pur conoscendo soltanto il battesimo di Giovanni” (Atti 18, 24). Aquila e Priscilla si resero subito conto delle sue doti e soprattutto della franchezza con la quale annunziava le cose di Dio. Così, dopo averlo ascoltato nella sinagoga, lo avvicinarono e lo invitarono a casa loro. Quindi, con senso di responsabilità, gli esposero con maggiore accuratezza la via del Signore, per come essi l’avevano appresa da Paolo e lo incoraggiarono a continuare la sua missione, confutando con molto vigore i Giudei e dimostrando attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo. La casa di quella coppia cristiana diventa il luogo di incontro per i fratelli, che essi servono con discrezione ma anche con rara capacità di prudenza e di guida della comunità che vi si riunisce. Ne da testimonianza lo stesso Apostolo Paolo, quando, già tornato ad Efeso, scrive alla comunità di Corinto: “Vi salutano molto nel Signore Aquila e Prisca, con la comunità che si raduna nella loro casa” (1Cor 16, 19).
La permanenza di Aquila e Priscilla ad Efeso non durò a lungo, probabilmente poco più di due anni, perchè nel frattempo era morto l’imperatore Claudio ed il suo editto era stato abrogato. Così i due ritornano a Roma, non solo come fabbricatori di tende, ma soprattutto come costruttori della casa di Dio, con il loro zelo ed impegno missionario, che sembra ora occupi maggiormente la loro vita. Ancora una volta è Paolo a darci una splendida testimonianza della stima e dell’affetto che lo lega a questa coppia di evangelizzatori. Scrivendo infatti la sua poderosa lettera ai cristiani di Roma, Paolo non può fare a meno di rendere questa testimonianza: “Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù; per salvarmi la vita essi hanno rischiato la loro testa, e ad essi non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese dei Gentili; salutate anche la comunità che si riusnisce nella loro casa” (Rm 16, 3-5). É una testimonianza bellissima ed eloquente, che ci dice molto su questa straordinaria coppia, che ha messo al centro della sua vita l’annuncio del Vangelo, e tutto questo senza chiasso, ma vissuto nella fedeltà e nella semplicità della vita quotidiana, dove lavoro, fraternità e testimonianza si combinano in perfetta armonia.
Sembra però che la vita di questa coppia è destinata ad essere sempre in cammino, dove Dio la conduce. La ritroviamo infatti ancora una volta ad Efeso, ed è ancora Paolo che ce ne da testimonianza scivendo da Roma a Timoteo: “Saluta Prisca e Aquila e la famiglia di Onesiforo”. Dopo questa breve nota, possiamo suppore che, alla morte di Nerone, Aquila e Priscilla fossero tornati di nuovo a Roma, per continuare la loro testimonianza al nome di Gesù. La prova di questo ultimo pellegrinaggio ci viene fornita dall’esistenza delle famose catacombe intitolate appunto a Priscilla.
Giuseppe Licciardi