Ciao Saverio, ormai da parecchio tempo sto vivendo una crisi di fede.
Però il termine crisi non mi piace, preferisco dire che mi sono messo in discussione e in ricerca, non dando più per scontata l’esistenza di ciò o meglio di Colui in cui credevo o dicevo di credere, ma allo scopo di raggiungere una consapevolezza spirituale più alta (che poi debba corrispondere con una ripresa della pratica cristiano-cattolica oppure no, non lo saprei dire).
Eppure mi piacerebbe anche riprendere semplicemente ad andare in chiesa, confessarmi, fare la comunione, frequentare la messa, ma mi rendo conto che lo farei più che altro per avere qualcosa di oggettivo, quasi “fisico” a cui ancorarmi, ma pregando e invocando il Signore mi domanderei chi è, dov’è, se c’è colui al quale mi sto rivolgendo.
Forse era così già prima, forse è così per molti altri, ma essendone diventato consapevole non riesco a far finta di nulla.
C’è un’altra questione, un po’ sciocca probabilmente: durante i decenni di pratica cristiana, per me la frequenza della messa nei giorni comandati, con la comunione, era rigorosa.
In situazioni insolite, tipo viaggi all’estero in luoghi dove trovare una messa cattolica non era semplice, facevo i salti mortali, mettendo anche a disagio i miei accompagnatori, e con un atteggiamento molto “fiscale”.
Se saltavo messa per ragioni non sufficientemente valide (evento rarissimo) andavo a confessarmi, ma nello stesso tempo mi rendevo conto di avere un’impostazione quasi opposta ad una sana pratica che dovrebbe indurre a frequentare la messa perché è un bisogno e una gioia, non un obbligo.
Ecco: tu che cosa consiglieresti a uno che volesse riavvicinarsi alla fede e alla pratica, ma entrando da una porta diversa da quella attraverso la quale è uscito, e che consisteva in un atteggiamento molto fiscale?

Alfredo

Caro Alfredo la tua è una domanda molto interessante e che dovremmo farci tutti quanti quando “cresciamo” in maturità e ci interroghiamo su ciò che abbiamo creduto solo perché è frutto della nostra educazione e non di una scelta consapevole. Senza consapevolezza non è vita e neppure si può parlare di fede, aggiungerei.
Vedi, la maggior parte di noi ha scambiato la religione per fede, per cui quando arriva una “crisi religiosa” si mette in dubbio anche la fede.
Fede e religione non sono la stessa cosa!
La fede è il risultato di un incontro personale spirituale, o chiamalo come vuoi, ma che comunque sfugge al controllo della ragione, perché la supera. Come dopo ogni incontro, rimane il frutto dell’esperienza vissuta. E si instaura una relazione. E’ questo il nocciolo della questione: se non c’è una relazione la fede si assopisce. Tutto qua.
Come si vive questa relazione? Questa è la domanda. E ti rispondo subito: in maniera totalmente unica e personale perché ognuno di noi è unico, ha la propria personalità, il proprio vissuto, la propria esperienza di vita.
Alcuni elementi però sono comuni a ogni tipo di relazione e il primo è la frequentazione. Certamente questo essere che chiamiamo Dio non ha i connotati umani e per questo la relazione si sviluppa su di un piano diverso da quello immediatamente fisico, ma non per questo meno sensibile e reale. Lo sperimentiamo tutti i giorni: ci relazioniamo in mille modi diversi: fisicamente, ma anche virtualmente: per mail, telefonate, messaggi o solo con un pensiero. Chi ha qualcuno a cui vuole bene lontano dagli occhi, ma non dal cuore, sa di cosa parlo.
Si tratta di stare in qualche modo insieme, anche nei pensieri, nel confronto che in questo caso chiamiamo preghiera, cioè una forma di dialogo ora silenzioso nella contemplazione di tutto ciò che esiste e che ci stupisce e ci emoziona. Ora implorante il suo aiuto ed il suo conforto nei momenti difficili della vita. Ora nella conoscenza attraverso le Scritture che della sua essenza non ci dicono nulla, quella è filosofia, ma ci rivelano il suo amore nei nostri confronti che si dimostra a partire dal nostro “esserci” in questo mondo.
Non saprei spiegarlo meglio. Qualcuno invocherebbe la psicologia, l’illusione, una forma di oppio mentale. Ma chi ha provato l’amore, quella meravigliosa sensazione di stare bene al pensiero di chi amiamo anche se non è sempre presente. La meravigliosa emozione che si prova davanti ad un figlio piccolo e innocente che ci guarda e ci sorride senza capire per niente cosa siamo per lui. La commozione che suscita un gesto d’amore o una sofferenza che neppure ci riguarda personalmente. Solo chi lo ha provato può capire di cosa parlo, perché di questo siamo fatti: di sogni ed emozioni. Tutto il resto è aridità umana e spirituale.
La religione, invece, è semplicemente un modo per organizzare gli uomini che hanno vissuto questa esperienza (ma non solo quelli, purtroppo!). Ed è fatta di regole e leggi, divieti e indicazioni. Dio c’entra poco con la religione, anzi le scritture ci mettono in guardia dai suoi eccessi, perché possono travisare e condizionare pesantemente la nostra fede. Ma noi uomini siamo esseri sociali e delle religioni abbiamo bisogno. Una fede consapevole e matura non avrebbe bisogno di alcuna religione, ce lo ha insegnato Gesù: la fede è personale e “Dio si adora in Spirito e Verità“. Ma chi è davvero consapevole? Pochissimi. Per questo abbiamo bisogno di rimanere organizzati, guidati: pecore che hanno bisogno dei pastori. E come le pecore, dentro all’ovile siamo prigionieri di regole e paletti, ma nel contempo ci sentiamo sicuri e protetti perché la libertà è bellissima ma per accoglierla e viverla ci vuole coraggio. E allora ecco la necessità dei sacramenti, della messa, dei comandamenti… Senza, la maggior parte di noi andrebbe allo sbaraglio e si perderebbe nei meandri di questa vita dove ci sono altri potenti mercenari che vogliono condizionarci e prendersi la nostra libertà e ci riescono eccome! Fuori da quel recinto entreremmo in altre prigioni, apparentemente più confortevoli e con le sbarre dorate, ma dove perderemmo la nostra unicità perché resi non più persone ma masse di consumatori.
Cosa consiglierei a chi come te vuole vivere la sua fede con il coraggio della libertà?
Per prima cosa, rientra tranquillamente nell’ovile delle pratiche cristiane: messa, comunione e attività comuni insieme agli altri fratelli. Perché ne abbiamo bisogno e perché abbiamo anche il dovere di dare il nostro sostegno di amore e di testimonianza a chi zoppica in questo cammino. Per questo ci chiamiamo chiesa, perché camminiamo insieme. Ma entraci da uomo libero. Perché a questo sei stato chiamato da chi ti ha regalato questa vita. Colui che è consapevole delle proprie scelte e decisioni fa ogni azione con piena libertà e serenità. Non è necessario spiegare parlare, giustificare… “colui che sa, tace” insegna la sapienza Orientale.
Ma ogni giorno, nel segreto della tua camera, dedicati del tempo e rimani con Dio, attraverso Gesù. Come ti piace: o in silenzio o ascoltando la sua Parola o parlando con Lui dentro di te, perché davvero è dentro di te ed anche se i tuoi sensi non lo percepiscono, stai sicuro che lo percepisce il tuo cuore.
Saverio

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