Chi conosce a memoria i dieci comandamenti? Probabilmente non tutti. Chi ha fatto il catechismo, specie quello di Pio X, ancora se li ricorda. Ultimamente Benigni ne ha fatto un monologo spettacolare e molto poetico. La realtà è molto più concreta e meno chiara, a partire dal suo autore.
Generalmente se ne riconosce la paternità a Mosè, che li avrebbe ricevuti in modo spettacolare, tra tuoni e lampi, da Dio stesso, sul monte Sinai. Due tavole di pietra scolpite sui due lati dalla stessa mano di Jahweh li contenevano. Ovviamente molte di queste convinzioni non sono supportate da una semplice riflessione logica, e questo ci spinge a cercare il significato dei brani biblici che li riportano (Es 20 e Dt 4) in un’altra direzione.
I dieci comandamenti sono essenzialmente la sintesi della legge che Israele si era data nel corso dei secoli. Che un nucleo essenziale risalga all’epoca di Mosè è possibile, ma non certo in questa forma, così lunga e complessa che difficilmente poteva essere contenuta in due tavole di pietra. Poi molti di questi precetti non possono essere applicabili ad un popolo in movimento (durante l’esodo dall’Egitto), ma ad ad una popolazione già stabile da molto tempo. Non è il caso di citare questi dati evidenti, basterà leggere il resoconto contenuto nei due brani biblici per capirlo da sé.
Sul numero dieci, che ha causato tante polemiche per come organizzare la numerazione, c’è da dire che è assolutamente irrilevante. Furono chiamate le dieci parole (decalogo) successivamente e con significato solo simbolico. Per questo, tutto l’affanno delle chiese protestanti nell’includere al secondo posto il comandamento che proibiva di farsi delle immagini da adorare è di nessuna importanza: si tratta del divieto dell’idolatria che nulla ha a che vedere col culto dei santi della chiesa cattolica. Allo stesso modo sembra oggi altrettanto ridicolo cercare di negare questo comandamento, omettendolo, così come alterare le traduzioni in modo artificiale di altri comandamenti, come ha fatto una certa teologia cattolica nei secoli passati. Onore alla Verità.
Sono ancora validi i dieci comandamenti?
La domanda a questo punto è cosa dobbiamo trarne da questi comandamenti? Sono ancora validi per la nostra epoca? Sono cioè universali e vincolanti per tutti i popoli in ogni tempo?
La risposta è ovvia ed è no!
In questa forma, o in quella in parte artefatta che ha proposto la chiesa, i comandamenti non sono vincolanti per un cristiano. Mi spiego.
Nel loro contenuto normativo le leggi mosaiche non hanno nulla di nuovo che non fosse già stato formulato nelle altre religioni pagane, anche più antiche, come quelle babilonesi, egiziane e sumeriche. Le due uniche novità (ma sono piuttosto tardive) riguardano il monoteismo ed il riposo sabbatico che era una vera e propria rivoluzione sociale.
Ed allora dove risiede la vera novità? Perché una novità c’è, eccome!
Le leggi delle popolazioni vicine consistevano in una normativa esteriore che puniva i trasgressori con una pena, se fossero stati scoperti; la legge di Dio invece coinvolge l’uomo nel suo intimo, nella propria coscienza: essi avrebbero offeso Jahweh anche se il loro peccato fosse rimasto nascosto.
Questa interiorizzazione morale della legge è una dimensione davvero unica e Gesù la porterà alle estreme conseguenze. Non solo chi ferisce, fino alla morte, un altro uomo è passibile di colpa, ma colui che ne lede la dignità semplicemente a parole. E non commette adulterio solo colui che fisicamente si congiunge con una donna sposata, ma anche chi semplicemente la desidera tanto ardentemente solo nel suo cuore. Una vera rivoluzione. D’altronde lo stesso Gesù non tiene conto del significato normativo del decalogo, anzi trasgredisce apertamente i comandamenti a favore della dignità dell’uomo che supera l’offesa teorica che di fatto a Dio in nessun modo si può arrecare.
Egli racchiude tutta la legge in due soli comandamenti che di fatto sono uno soltanto: ama Dio con tutto il tuo cuore e se lo mantieni, amerai di conseguenza i tuoi fratelli.
Per questo i 10 comandamenti formulati in questo modo legalistico per noi non sono affatto normativi. Amare Dio al di sopra di ogni cosa significa orientare a Lui il nostro cuore ed i nostri pensieri e concretamente fare il bene dei nostri fratelli e di tutto il creato che è mantenuto in essere dal medesimo Creatore.
Il resto è irrilevante. Non ha più senso parlare di immagini perché idolatria è mettere qualsiasi altra cosa al primo posto nei nostri pensieri, a partire da noi stessi (che è l’idolatria più grande e comune).
Santificare il sabato è totalmente anacronistico. Il riposo dal lavoro è un diritto oramai acquisito da tutti i popoli civilizzati e noi dedichiamo il senso festivo alla domenica per ricordarci la resurrezione di Cristo con un significato totalmente altro dal riposo sabbatico dell’Antico testamento. Lo stesso Gesù, d’altronde, aveva chiaramente invertito il senso del riposo orientandolo al bene dell’uomo piuttosto che al rispetto per Dio.
Onorare i genitori o rispettare i rapporti sociali e le proprietà altrui sono la misura minima del normale vivere sociale, ma è troppo poco nella prospettiva dell’amore che Gesù ci chiede di vivere.
I comandamenti sociali sono tutti sul versante negativo, non uccidere, non rubare, non commettere adulterio, non … ; quello che Gesù ci chiede è caratterizzato da note positive, propositive: amare, cioè fare il bene agli altri e la differenza è davvero notevole.
In conclusione, meditiamo sui comandamenti mosaici, sulla legge dell’Antico testamento ma solo per la connotazione morale che contengono ma è chiaro che per noi è preistoria e non possiamo fermarci là. Il cristiano può e deve fare di più, solo questo lo rende differente, lievito e sale che dona sapore alla vita, sua e degli altri.
Saverio Schirò
- Fonti: A.Salas, Catechismo biblico, Dehoniane Napoli 1984
- B.G. Boschi, Esodo in Nuovissima versione della Bibbia, Paoline Milano, 1986
- J.A. Soggin, Introduzione all’AnticoTestamento, Paideia Brescia 1979