Cosa significa la parola Vangelo?

Il termine Vangelo oggi viene usato abbondantemente e si riferisce alla relazione scritta della vita e degli insegnamenti di Gesù. Ma esattamente cosa significa questo termine? E cosa significava prima che i vangeli scritti si diffondessero nel corso del secondo secolo? E ancora prima, Gesù usò davvero questo termine per indicare la sua predicazione?

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Significato del termine Vangelo

Vangelo o evangelo, evangelico, evangelista, evangelizzare, evangelizzazione, tutti questi termini comunemente utilizzati nelle lingue moderne hanno la stessa radice e lo stesso concetto fondamentale che ne è alla base.
La parola evangelo, dalla cui contrazione viene il termine Vangelo, è composto dall’avverbio  greco εὖ (bene, rettamente) e dal verbo ἀγγἐλλω (anghello) che significa annunzio. Dunque un buon annunzio o ancora meglio, “reco una buona notizia, porto un lieto messaggio, comunico una buona novella”. Infatti il termine risale alla letteratura greca classica e militare quando l’annunzio di una vittoria veniva recato ai cittadini da un messaggero inviato dal campo di battaglia.

Vangelo nell’antico Testamento

La Bibbia (nella versione greca detta dei Settanta) ha ereditato il termine col significato classico ma gli ha conferito un senso particolare quando nella seconda parte del libro di Isaia evangelo è la notizia che Dio viene a liberare Israele dalla schiavitù di Babilonia per ricondurlo nella Terra dei Padri, dove l’attende una nuova era di pace e salvezza aperta a tutti, soprattutto ai più poveri, agli afflitti e  ai tribolati.

Vangelo nel Nuovo Testamento

Nel Nuovo Testamento l’annuncio (il Vangelo) si realizza nella missione, ma anche nella persona di Gesù.
Il verbo, “evangelizzare“, ricorre una sola volta in Matteo, 10 volte in Luca e mai in Marco e Giovanni. Per il resto, 15 volte negli atti degli apostoli e 22 volte in Paolo. Indice questo che il termine aveva ormai assunto una connotazione “tecnica”. Lo stesso, ma in modo diverso per il termine “Vangelo” che si trova quattro volte in Matteo, 8 volte in Marco, 80 in Paolo e mai in Luca, Giovanni o nelle lettere cattoliche.
Per questo gli studiosi si sono posti spesso la questione se Gesù abbia fatto uso di questa parola “Vangelo” (“
Besora” in aramaico, la lingua di Gesù). Il modo in cui Marco lo pone sulle labbra di Gesù lo farebbe pensare, ma in realtà nessuno di fatto può saperlo. Probabilmente mai Gesù l’adoperò nel senso che poi ha assunto successivamente, tuttavia non c’è dubbio che il senso del suo messaggio nella sinagoga di Cafarnao ricalca le parole di Isaia quando annuncia che egli è colui che sta realizzando la sua profezia.

Il “Vangelo” prima del Vangelo

Marco apre la sua opera con una specie di titolo: “Inizio del Vangelo di Gesù Cristo” e poco dopo vediamo che Gesù inizia la sua missione predicando l’arrivo del Regno di Dio.  Regno di salvezza che inizia a manifestarsi e a realizzarsi proprio con la presenza di Gesù in mezzo agli uomini. Si tratta davvero di una buona novella perché include nel piano di salvezza tutti, anche coloro che è nella società umana del tempo non erano tenuti in considerazione: gli ultimi, i poveri e i peccatori che spiritualmente non sono meno poveri degli altri.
Gesù diventa egli stesso un Vangelo, cioè la buona notizia, nello stesso momento che non si limita alle parole, ma le realizza schierandosi dalla parte dei più deboli.
Parole e gesti di Gesù diventano allora il contenuto della predicazione che recherà il “Vangelo” fino ai confini della terra e comprenderà ciò che egli ha detto insieme a ciò che egli ha fatto, perché per essere suoi discepoli non bastano solo le parole, ma occorrono anche i fatti.

Saverio Schirò

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Saverio Schirò
Amministratore del Sito. Appassionato di Spiritualità e Teologia

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