La parabola del pubblicano ed il fariseo

Una delle parabole più belle e consolanti del Vangelo. L'amore di Dio è dato a tutti, ma solo chi è nel bisogno è capace di accoglierlo e apprezzarlo.

La parabola del pubblicano ed il fariseo non ha bisogno di molti commenti: tutto è così chiaro. Lodarsi, sentirsi perfettini, mantenersi all’interno delle leggi, tutte le leggi!, con minuziosa applicazione e ossequiosa osservanza non sempre è la cosa giusta da fare.
Le leggi ce le diamo noi stessi non vengono da Dio.

L’amore di Dio non si merita, è gratis, è per tutti.
Molti storceranno il muso a questa affermazione, ma il Vangelo è chiarissimo su questo punto. L’unica “legge”, se così possiamo chiamarla, è quella dell’amore. Ama, ama, ama.
Prima delle regole vengono le persone! I bisogni delle persone, l’attenzione alle persone.

Un concetto semplicissimo che il Fariseo non ha capito minimamente, esattamente come tantissimi cattolici e cristiani radicali che lanciano parole offensive a chi mostra dubbi, confusione incertezza sulle infinite pratiche che ogni religione impone. Una compassione sconosciuta a tutti quei gruppi “cristiani cattolici romani” che non accettano alcuna visione che si discosti dalla tradizione, dalle consuetudini, dai dettati liturgici.

Una pratica religiosa che si auto compiace, che non guarda il fratello, anzi lo critica e lo giudica come fa il fariseo di ogni epoca è davvero lontanissimo da quello che Gesù cerca di insegnare. E soprattutto non è una preghiera, anche se così vuole sembrare. E’ un semplice autocompiacimento incentrato sul proprio egocentrismo.

Dall’altro lato il Pubblicano. Il peccatore pubblico per eccellenza. Il traditore della religione, del popolo, delle leggi. L’escluso. E tuttavia Dio ne ha compassione, lo giustifica, lo accoglie nel suo grembo amoroso.
Il credente lo esclude e lo indica, Dio lo accoglie perché lo ama. Non di più perché è peccatore, di più perché è nel bisogno e chiede aiuto.
Perché è una parabola così straordinaria e così consolante?
Il pubblicano non sembra cambi vita. Non si pente della sua condizione, perché non può. Rimane nel suo stato, debole, fragile e peccaminoso e nonostante questo dice Gesù che tornò a casa giustificato.

Come non pensare a tutte quelle persone che vivono una situazione “irregolare” secondo le leggi della religione o anche le leggi dello Stato e riconoscono la loro debolezza, la loro incapacità di cambiare, la loro impossibilità di cambiare, a volte.
Come non pensare a noi stessi quando ci sentiamo in difetto e non riusciamo a venirne a capo. Quando ci sentiamo deboli davanti alle tentazioni, cediamo e siamo schiacciati dal senso di colpa. Per tutti noi c’è una parola di perdono, una parola di amore che ci dice: “vieni figliolo, capisco il tuo cuore e ti amo lo stesso”.
Non si tratta di giustificare il peccato, questo mai. Si tratta di non sentirsi schiacciati dai sensi di colpa quando pur riconoscendoci fragili e deboli perché siamo in una condizione “irregolare” dobbiamo cercare di venirne fuori, ma nel frattempo non smettiamo mai di sentirci al di fuori dell’amore che Dio ha per noi: Lui è lì e ci aspetta amorevolmente pronto a riaccoglierci se lo desideriamo per davvero.

Forse dovremmo cominciare a farlo anche noi: piegare il capo chiedendo misericordia al Signore ma avendo lo stesso atteggiamento verso tutti coloro che di noi hanno bisogno.

Saverio Schirò

Dal Vangelo secondo Luca: 18,9-14

Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.

Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.

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