Cosa insegna la chiesa sul Purgatorio

Molti si chiedono se esiste il Purgatorio.

Molti si chiedono se esiste il Purgatorio.
Credo che cominciare con questa domanda possa mettere in imbarazzo, per il semplice fatto che nella Chiesa cattolica la credenza nel Purgatorio viene data per scontata, pur sapendo che si tratta solo di una condizione temporanea e non definitiva, perché la condizione ultima dell’uomo viene indicata chiaramente nella parola del Vangelo come “infamia e condanna eterna” per i malvagi, e “vita eterna” per i giusti.
Il fatto che nella celebrazione della santa messa, nella preghiera eucaristica, vengono ricordati i defunti e si prega per essi, sia quelli che noi conosciamo, sia quelli di cui “solo il Signore ha conosciuto la fede”, ci testimonia questa fede della Chiesa, per cui i defunti possono essere bisognosi di preghiera, in base alla nota massima, secondo la quale la norma della preghiera rivela e stabilisce la norma della fede.
Vorrei iniziare il mio discorso sul purgatorio a partire da alcune testimonianze, tra le migliaia che nel corso della storia si sono raccolte sull’argomento, e che non sono per certo dei “racconti” o delle fantasiose invenzioni, ma esperienze realmente vissute.

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Questi due semplici ma toccanti episodi fanno parte di un numero incalcolabile di eventi in cui entrano in gioco le anime del Purgatorio, con il loro cocente desiderio d’incontrare Dio, che pur intravedono, ma che tuttavia non riescono a raggiungere. Moltissimi di questi fatti sono esperienze quotidiane vissute da persone sante, come padre Pio, Sant’Antonino di Firenze, Papa Gregorio Magno, San Benedetto, San Pier Damiani, Santa Caterina da Bologna, Santa Geltrude e moltissimi altri. La vita e la testimonianza concorde dei santi è uno degli argomenti teologici da non trascurare, vista la loro particolare posizione in quel che riguarda la conoscenza esperienziale delle cose di Dio.

Vediamo adesso cosa dice la chiesa sul Purgatorio

Se vogliamo conoscere l’ insegnamento ufficiale della Chiesa sul Purgatorio, ci basta aprire il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), per leggere cosa ci dice su questo argomento, su cui tanti interrogativi e tante perplessità vengono avanzate. C’è infatti chi afferma che non è una dottrina che ha delle solide basi scritturistiche. C’è chi sostiene che si tratta di un insegnamento della Chiesa sorto nel medioevo, sul quale si è speculato per motivi non proprio del tutto spirituali o di fede, ma semplicemente per meschino interesse economico, sfruttando la sensibilità religiosa ed emotiva della gente. Nel Catechismo, al paragrafo 1030, troviamo queste affermazioni:

CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA SUL PURGATORIO

1030Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo.”

In questo paragrafo si afferma quindi che, dopo la morte, ci attende il giudizio da parte di Dio e che ognuno viene destinato alla salvezza o alla dannazione. Per quel che riguarda la salvezza viene detto che, se un’anima non si trova pienemente purificata in modo da accogliere totalmente la luce di Dio, essa ha bisogno di una ulteriore purificazione che le consenta di rispecchiare piena mente la luce di Dio. Questa condizione temporanea di purificazione è quello che noi chiamiamo il Purgatorio. Esso rappresenta una esigenza per ogni persona che non ha ancora pienamente raggiunto la “misura della pienezza di Cristo” (cfr. Ef 4,13), perché tutti siamo chiamati ad essere perfetti in Cristo e “raggiungere la misura dell’uomo perfetto”, secondo il progetto di Dio per ciascuno di noi. Il Catechismo infatti, nel paragrafo successivo prosegue, specificando:

1031La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt’altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al purgatorio soprattutto nei Concili di Firenze (621) e di Trento. (622) La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, (623) parla di un fuoco purificatore:
« Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c’è, prima del giudizio, un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12,32). Da questa affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo futuro».

Questa citazione del Catechismo è tratta dai “Dialoghi” (4, 39) del Papa Gregorio Magno che ha guidato la Chiesa dal 509 al 604 ed a cui si deve l’istituzione della pratica della Messe gregoriane in suffragio dei defunti. Questo ci aiuta a capire che la Tradizione di pregare per i defunti ed offrire per loro sacrifici, opere di carità e la celebrazione di sante messe non è una istituzione tardiva, ma affonda le sue radici nei primi secoli della chiesa.

DOTTRINA AFFERMATA DAI CONCILI DELLA CHIESA SUL PURGATORIO

In questo paragrafo (1031) viene chiarito che già in alcuni Concili la Chiesa ha formulato la dottrina del Purgatorio e che la Tradizione della Chiesa ha accolto questa dottrina, che trova il suo fondamento in alcuni passi della Scrittura. Per quel che riguarda le affermazioni dei Concili, mi limito a citare il Concilio di Firenze, che nella Sessione VI del 6 luglio 1439 afferma:

Inoltre definiamo che le anime di chi, veramente pentito, muore nell’amore di Dio, prima di aver soddisfatto per i peccati e le omissioni con degni frutti di penitenza, vengono purificate dopo la morte con le pene del purgatorio; che, perché siano sollevate da queste pene, sono loro utili i suffragi dei fedeli viventi, cioè il sacrificio della messa, le preghiere, le elemosine, ed altre pratiche di pietà, che i fedeli usano offrire per gli altri fedeli, secondo le consuetudini della chiesa.”

Ma già due secoli prima il Concilio di Lione (1274) affermava che “le anime sono purificate dopo la morte con pene che lavano“.

Questo insegnamento è stato ribadito nella Sessione 25a del Concilio di Trento (1563 ) e dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Quest’ultimo, ha due semplici, sobri, ma chiari riferimenti nella Costituzione Dogmatica “Lumen Gentium” nei paragrafi 49 e 51. Li citiamo direttamente:
(49) Fino a che dunque il Signore non verrà nella sua gloria, accompagnato da tutti i suoi angeli (cfr. Mt 25,31) e, distrutta la morte, non gli saranno sottomesse tutte le cose (cfr. 1 Cor 15,26-27), alcuni dei suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri, compiuta questa vita, si purificano ancora, altri infine godono della gloria contemplando «chiaramente Dio uno e trino, qual è ».

(51) Questa veneranda fede dei nostri padri nella comunione di vita che esiste con i fratelli che sono nella gloria celeste o che dopo la morte stanno ancora purificandosi, questo sacrosanto Concilio la riceve con grande pietà e nuovamente propone i decreti dei sacri Concili Niceno II, Fiorentino, e Tridentino.

Ma il Catechismo della Chiesa Cattolica sostiene che questo insegnamento ha anche il suo fondamento nella Sacra Scrittura. Così recita infatti l’ultimo paragrafo che fa riferimento al Purgatorio:

1032 Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui la Sacra Scrittura già parla: « Perciò [Giuda Maccabeo] fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato» (2 Mac 12,45). Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, (625) affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti:
« Rechiamo loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio del loro padre, (626) perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione? […] Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere».

LA PAROLA DELLA SACRA SCRITTURA SUL PURGATORIO

Il riferimento scritturistico principale è quello che ci parla di Giudea Maccabeo, il quale fece offrire dei sacrifici di espiazione per tutti i soldati che erano morti “con sentimenti di pietà”. Andiamo direttamente al testo, leggendolo in maniera più estesa. Qui leggiamo che Giuda Maccabeo agi “in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della Risurrezione. Perché se non avesse avuta ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentavano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato” (2 Mac 12,43-45).

Questo testo suggerisce chiaramente che offrire suffragi per i defunti, perché siano purificati dai loro peccati, ma che tuttavia sono morti “con sentimenti di pietà” (e noi traduciamo “non in stato di avversione a Dio”) è “un pensiero molto buono e nobile”. A questa citazione se ne aggiungono altre, che richiedono tuttavia una più elaborata spiegazione. Il primo lo troviamo nel Vangelo di san Matteo. Ascoltiamolo:

Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo” (Mt 5,25-26).

Nell’immagine della prigione, intesa in senso spirituale, alcuni esegeti ci hanno visto una immagine del Purgatorio, che è la condizione in cui ci veniamo a trovare se siamo ancora debitori di qualche “spicciolo” nei confronti della misericordia di Dio. Ancora nel Vangelo di Matteo troviamo un secondo passo:

Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo spirito non sarà perdonata né in questo secolo né in quello futuro” (Mt 12, 31-32)

Leggendo questo passo, alcuni, tra cui Sant’Agostino, San Gregorio Magno e San Bernardo hanno ipotizzato che “anche nel secolo futuro” cioè dopo la morte c’ è ancora una possibilità, per quanti sono già incamminati verso Dio, di ricevere la pienezza del perdono. Ed infine abbiamo un terzo passo assai significativo nella prima lettera di San Paolo ai Corinti:

Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito; tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco” (1 Cor 3,10-17).

In questo brano si parla di credenti che hanno edificato la loro vita sul sicuro fondamento che è Cristo, ma la cui opera viene trovata ancora imperfetta. La punizione che riceveranno, e che viene descritta come un passare attraverso il fuoco, rappresenta per essi l’attuarsi della misericordia di Dio che concede ad essi la possibilità di purificarsi completamente, in modo che la loro opera risulti perfetta e possano giungere alla gloria eterna.

INSEGNAMENTO DEGLI ULTIMI PAPI SUL PURGATORIO

PAOLO VI, nel suo famoso “Credo del popolo di Dio” afferma:

Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora esser purificate nel Purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone, costituiscono il Popolo di Dio nell’aldilà della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della Resurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi.”

GIOVANNI PAOLO II, nella Catechesi Mercoledì 4 agosto 1999 parla in maniera specifica del Purgatorio e tra l’altro ribadisce:

D’altra parte, siamo invitati a “purificarci da ogni macchia della carne e dello spirito” (2 Cor 7,1; cfr 1 Gv 3,3), perché l’incontro con Dio richiede una purezza assoluta. Ogni traccia di attaccamento al male deve essere eliminata; ogni deformità dell’anima corretta. La purificazione deve essere completa, e questo è appunto ciò che è inteso dalla dottrina della Chiesa sul purgatorio. Questo termine non indica un luogo, ma una condizione di vita. Coloro che dopo la morte vivono in uno stato di purificazione sono già nell’amore di Cristo, il quale li solleva dai residui dell’imperfezione“.

BENEDETTO XVI, nella Cappella Papale in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi defunti nel corso dell’anno, tenuta l’11 novembre 2005, afferma:

Per questo motivo, mentre rendiamo grazie a Dio per tutti i benefici che ha elargito ai nostri Confratelli defunti, offriamo per essi i meriti della passione e morte di Cristo, perché colmino le lacune dovute all’umana fragilità.”

E l’anno successivo in una celebrazione analoga, ebbe a dichiarare:

Spogliato di tutto, ma rivestito di Cristo: così il battezzato attraversa la soglia della morte e si presenta al cospetto di Dio giusto e misericordioso. Affinché la veste bianca, ricevuta nel Battesimo, sia purificata da ogni scoria e da ogni macchia, la Comunità dei credenti offre il Sacrificio eucaristico e altre preghiere di suffragio per coloro che la morte ha chiamato a passare dal tempo all’eternità. Si tratta di una nobile pratica, quella di pregare per i defunti, che presuppone la fede nella risurrezione dei morti, secondo quanto la Sacra Scrittura e, in modo compiuto, il Vangelo ci hanno rivelato.

PAPA FRANCESCO, nell’Udienza generale del 30 ottobre 2013, dove ha fatto una catechesi sulla “Comunione dei Santi”, tra l’altro ha ricordato:

C’è un legame profondo e indissolubile tra quanti sono ancora pellegrini in questo mondo – fra noi –  e coloro che hanno varcato la soglia della morte per entrare nell’eternità. Tutti i battezzati quaggiù sulla terra, le anime del Purgatorio e tutti i beati che sono già in Paradiso formano una sola grande Famiglia. Questa comunione tra terra e cielo si realizza specialmente nella preghiera di intercessione.

CONCLUSIONE

Mi piace concludere questo insegnamento sul mistero di misericordia del Purgatorio, rileggendo la bellissima affermazione della Prima lettera di San Giovanni Apostolo, dove ci presenta una visione affascinante del nostro ineffabile destino ultimo:

Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.” (1Gv 3, 2-3)

Quello che saremo non è stato ancora rivelato, perché siamo chiamati a percorrere un cammino di purificazione, poiché viviamo nella condizione di creature soggette al peccato e alla morte, e quindi portandoci il peso delle nostre fragilità, dei nostri limiti, dei nostri peccati e delle nostre miserie ed imperfezioni. Il nostro è un cammino che comincia qui e finisce dove, quando e come il Signore vorrà, ma certamente non finché non saremo diventati simili a Lui, e non saremo stati resi capaci di vederlo così come Egli è, nella sua inimmaginabile bellezza e nello splendore della sua Gloria.

Don Giuseppe Licciardi

1 COMMENTO

  1. Grazie caro Padre Pino che come sempre ci prende per mano portandoci a riflettere su argomenti per i quali alle volte non ci è mai capitato neanche di rivolgere un piccolo pensiero…eppure è sempre tutto così reale e tutto così vicino!
    Capita per qualsiasi cosa accada nella vita che risulti sempre facile, quasi naturale dare un consiglio, un conforto, una parola “buona” a chi si trova in difficoltà, ma di fronte l’assenza di un bene così caro come la propria mamma tutto diventa superfluo e anche i sentimenti di affetto che si hanno nel cuore nei confronti di chi vive il proprio dolore, anche se restano, perdono il proprio valore.
    Non è facile riuscire a dare un “valido” conforto a chi si trova a dover affrontare il dolore per la mancanza di una persona cara; proprio in questo periodo sono vicina ad una mia cara amica che ha da poco perso la sua mamma e non è facile neanche per me non riuscire a fare nulla di concreto per alleviare il suo dolore.
    A volte, quando tento di esortare, quasi “obbligare” la mia cara amica a parlarmi di ciò che prova, tutto ciò che riesce a dirmi è solo “mi manca il fiato, ogni giorno sempre di più”, poi continua “ciò che mi importa adesso non è il mio dolore, vorrei solo sapere dove si trova mia madre e se sta bene”…
    …Riesce difficile anche a me stessa che le sono accanto tutti i giorni starle davvero vicina.
    Le ho fatto leggere queste due storie: sono certa che la aiuteranno nella preghiera, sono certa che la preghiera aiuterà lei e la sua mamma, come sono certa che la sua fede l’aiuterà a rimettere in piedi la sua vita e a vivere diversamente la sua mamma che adesso non è più fisicamente con lei ma che nel suo cuore le resterà per sempre vicina.

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