Della Bibbia, come del resto di tutti i libri antichi, non possediamo i manoscritti originali. Il testo che oggi leggiamo è il frutto di migliaia di copie che sono state tramandate di anno in anno, di secolo in secolo, di millennio in millennio. D’altronde i manoscritti originali, probabilmente scritti su fragili fogli di papiro, si sono rapidamente deteriorati e fortunatamente ricopiati prima di andare irrimediabilmente perduti. E così, grazie a copie di copie sono giunti fino al tempo in cui la stampa ha potuto riprodurli in grandi quantità.
Da copia a copia il testo sacro è stato rimaneggiato, modificato, mal compreso tanto da non essere più sicuri di quanto le nostre copie siano fedeli all’originale. Per questo sono diventati fondamentali i cosiddetti Testimoni del testo, che altro non sono che le copie più antiche che abbiamo potuto recuperare (a volte semplici frammenti) e sulle quali è stata ricostruita una versione accettata come la più verosimilmente vicina agli originali.
I TESTIMONI DEL TESTO DELL’ANTICO TESTAMENTO
Fino al 1948, escludendo il piccolo papiro di Nash del I-II sec a.C. (che contiene appena il decalogo e Dt 6,4) e il frammento di codice manoscritto ebraico, ritrovato in una Genizah (ripostiglio nel quale venivano conservati i testi ormai fuori uso) che riportava brani del Siracide, le edizioni critiche della Biblia Hebraica riproducono il manoscritto di
Leningrado risalente al 1008-1009 d.C.
Le scoperte di Qumran, nel 1948, hanno introdotto un capitolo nuovo nella storia del testo ebraico. Nelle grotte di Qumran, nei pressi del mar Morto a sud di Israele, sono stati ritrovati frammenti più o meno ampi di tutti i libri dell’A.T. risalenti dal I secolo a.C. al I secolo d.C.: dunque anteriori di ben mille anni rispetto ai manoscritti che conoscevamo.
Versioni antiche dell’A.T. (traduzioni del testo)
Ricoprono una certa importanza anche le versioni dell’Antico Testamento, che altro non sono che traduzioni dal testo ebraico. Il più importante è senz’altro la traduzione in greco dei Settanta (LXX) (chiamata così per via della leggenda che vuole che questa traduzione della bibbia ebraica sia stata redatta da 72 scribi contemporaneamente e all’insaputa di uno dall’altro). Esisteva già nel terzo secolo a.C. ma i testimoni più antichi risalgono al IV secolo d.C. (i codici Sinaitico e Vaticano). Frammenti più antichi risalgono al II secolo d.C. mentre a Qumran sono stati ritrovati papiri in greco di testi dell’A.T. ma si tratta sempre di frammenti.
Altri frammenti giunti fino a noi testimoniano di altre versioni greche più recenti, risalenti nella loro redazione al II sec. d.C.: le versioni di Aquila, Simmaco e Teodozione, ma la cui fedeltà ai testi originali fu messa in discussione praticamente da subito.
Più importanti risultano le versioni siriaca detta Pescitta cioè comune del II secolo e quella latina fatta da san Girolamo nel IV secolo (confluita poi nella cosiddetta Vulgata Latina) entrambe fatte dal testo ebraico.
I TESTIMONI DEL TESTO DEL NUOVO TESTAMENTO