Separazione e divorzio secondo la Chiesa

Sapevate che la percentuale dei separati a livello Nazionale ha superato gli 88.000 casi ed è in ascesa? Significa che quasi centomila persone si trovano a doversi rifare una vita alle soglie dei 45 anni o giù di lì (perché pare che  le rotture avvengano in media dopo circa 15 anni di matrimonio, e poiché ormai non ci si sposa prima dei 30... )

fedi rotte

Al momento del matrimonio, tutte le coppie si promettono amore eterno ed indissolubile. Ma di fatto per tutta una serie di motivi, non sempre validi, questo amore finisce. E la coppia dimentica le promesse fatte e pensa alla separazione come unica alternativa.
Tra le cause principali delle rotture troviamo i tradimenti e la sorpresa è che la principale causa scatenante nascerebbe da relazioni nate virtualmente tramite i Social! Addirittura 9 su 10 secondo i dati dell’Aiaf (Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e i minori).

Ma che fine fanno tutte queste coppie “scoppiate”?
Secondo studi internazionali, l’80% dei separati da inizio ad una nuova relazione stabile nel giro di poco tempo e non sempre con il partner che ha causato il divorzio. Questo perché, dicono gli esperti della mente, che l’uomo sia per sua natura portato alle relazioni stabili.
Da qui nuove relazioni, nuovi matrimoni (civili), nuove famiglie, allargate.
La società civile ha recepito completamente lo stato sociale di queste coppie, tanto che ormai si parla di coppie di fatto che includono, lo sapete, anche persone dello stesso sesso.
La chiesa rimane ancorata all’idea della indissolubilità del matrimonio con conseguente stato di irregolarità per le coppie divorziate.
Tutti coloro che hanno una visione completamente laica della vita se ne fanno un baffo di queste disposizioni ecclesiastiche ma tutti coloro che vivono o accedono alla dimensione spirituale della fede, rimangono tagliati fuori dai Sacramenti con grande loro disappunto.
Tutti si chiedono il perché e il percome ma non tutti conoscono bene se e in quali casi i separati possono accedere ai Sacramenti e particolarmente alla Comunione.
Vediamo di fare chiarezza.
matrimonio cristianoTutti coloro che hanno contratto un regolare, consapevole, consenziente matrimonio in chiesa, secondo le leggi ecclesiastiche, rimangono vincolati al proprio partner “finché morte non li separi”, cioè per sempre, in virtù della ammonizione di Gesù che si trova nel Vangelo: “Non separi l’uomo ciò che Dio ha unito”.
Solo la morte di uno dei due partner consentirebbe all’altro la possibilità di contrarre un secondo matrimonio in chiesa.
In tutti gli altri casi, per nessun altro motivo, coloro che si separano possono risposarsi in chiesa.
A questo punto qualcuno tirerà fuori la possibilità dell’annullamento del matrimonio tramite la Sacra Rota, il tribunale ecclesiastico, magari pensando che basta avere i soldi e il gioco è fatto. Non è così!
divorziatiNeppure la Sacra Rota ha il potere di “cancellare” un matrimonio regolare, tant’è che è sbagliato parlare di “annullamento”, giacché non si può “annullare” un matrimonio sacramentale contratto in chiesa! Il tribunale può solo certificare, dopo avere individuato un “vizio” di forma, che di fatto il Sacramento non è mai stato valido (per esempio se uno dei partner è stato “costretto” a sposarsi).
Naturalmente l’errore di forma deve essere dimostrabile senza alcun dubbio, cioè non basta la sola testimonianza del coniuge minacciato. Se nella realtà ci sono abusi e forzature da parte di qualcuno, questo non cambia la sostanza della regola, rimane solo una questione di coscienza.

Chi si separa dal proprio coniuge può accedere ai Sacramenti, cioè confessarsi, cresimarsi e fare la Comunione?
La separazione, legale o quella di fatto, non esclude di per se stesso dalla Comunione, a patto che non si sia avviata una nuova relazione. Mi spiego: anche se separati, il matrimonio per la chiesa rimane sempre valido, per cui se uno dei partner intraprende una nuova relazione, anche occasionale, viene considerato adultero e dunque in peccato. Se poi la nuova relazione diventa stabile, come dopo un nuovo matrimonio contratto civilmente, allora la condizione di “peccaminosità” sarebbe permanente e i due (entrambi i partner della nuova coppia) restano esclusi dall’accostamento ai sacramenti: non possono confessarsi, cresimarsi né prendere la Comunione. Possono però far battezzare, cresimare e sposare i propri figli (ma non possono far da padrini e madrine!).
È una regola severa che viene applicata con regolarità in tutte le chiese e lascia tanta amarezza in bocca a decine e decine di persone che si trovano esclusi da una pratica spirituale che tanto desidererebbero.
Voglio qui precisare per onestà che tanti altri (cristiani occasionali) si ribellano alla regola solo per principio o per comodo (venendo impediti a far da padrini e madrine) non essendo frequentatori abituali della Messa. In questo caso “dove si è fatta l’estate, facciano anche l’inverno“, dice un proverbio delle mie parti e dunque il problema neanche si porrebbe.

Il problema si pone pienamente, invece, per i cristiani che vivono seriamente la loro fede e che per vicissitudini varie si ritrovano in queste condizioni così difficili: coniugi abbandonati dal partner, donne maltrattate dai mariti, coniugi che vivono relazioni parallele apertamente, matrimoni contratti superficialmente in età troppo giovane e che poi il tempo ha dimostrato incompatibili, coppie che vivono senza amore, praticamente da separati in casa e mille altri casi diversi come diversi siamo ciascuno di noi.
La legge ecclesiastica è unica e non conosce eccezioni, io, da parte mia credo che qualcosa invece vada riveduta: la legge è giusta, è corretta, è sensata e vi dobbiamo obbedienza; tuttavia nella sua applicazione va “calata” nel vissuto reale, cioè applicata caso a caso.
Il tema è davvero molto sentito, e basta leggere l’articolo sul divorzio e i sacramenti e i tanti commenti arrivati in redazione per capirlo.
Ora, chi debba occuparsene io non lo so: il Papa, il vescovo, il parroco, il giudice ecclesiastico, chiunque, basta che se ne riparli, basta che si riveda questa granitica e ormai troppo vecchia definizione che mantiene infelici troppe persone.
Questo chiediamo ai nostri Pastori: il Vangelo è vita e deve andare incontro alle esigenze concrete delle persone, specie se sono esigenze spirituali. “La lettera uccide, lo Spirito invece da vita” (2Cor 3,6)  non è scritto anche questo nella Bibbia?

Saverio Schirò

Per approfondire l’argomento puoi  leggere
Matrimonio e indissolubilità: qualcosa da rivedere
Divorziati e risposati, perché no e quando sì alla Comunione

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