I segreti, quei luoghi interiori, quelle cose che hai dentro e che nessuno deve conoscere. La paura ci ha insegnato a essere bravi a custodire i segreti. Quante volte ci hanno chiesto: sai mantenere un segreto? E quante volte avremmo desiderato chiederlo a qualcuno a cui confidare i nostri!
I segreti restano con noi, seppelliti da qualche parte e ci danno la possibilità di nascondere la parte più intima di noi stessi. Se scoperti o rivelati i segreti portano scompiglio, fanno crollare le certezze che gli altri si erano costruiti sopra di noi. Le maschere che avevamo abilmente indossato per nascondere il nostro vero volto.
Ma qual’è il nostro vero volto?
I segreti che portiamo dentro potrebbero rivelare più verità di quante possiamo immaginare, di quante si possono sopportare. Per questo siamo abituati a trattenerli dentro e perfino a nasconderli a noi stessi, rimuoverli come dicono gli psicologi.
Solo che il possesso di segreti, e peggio ancora se tenuti in quella parte di noi stessi che non affiora alla coscienza, equivale all’azione di un veleno psichico. Qualcosa che ci porta ad estraniarci dalle relazioni. In piccole dosi questo veleno è come una medicina ed è indispensabile per una sorta di differenziazione individuale. Si tratta della consapevolezza di essere unici. Un istinto primitivo. Per questo motivo si tendeva a condividere i segreti creando una sorta di rituale misterioso che accomunava gli uomini.
Ma un segreto personale assomiglia più ad una colpa che ci fa stare male e per questo la nascondiamo. Che penserebbero di me se sapessero…? Ecco come si interiorizzano i segreti nel nostro inconscio. E diventano così dannosi per il nostro equilibrio psichico perché una volta celati a noi stessi, non riusciamo a porvi rimedio. E tuttavia sono tutt’altro che cancellati. Anzi ci condizionano senza neppure capire il come. E così si vive con periodi inspiegabili di malumori, di irritabilità, di malinconie. Soprattutto i virtuosi, coloro cioè che devono dare agli altri una immagine di sé “perfettina”.
La soluzione è una autentica e incondizionata condivisione della nostra parte più intima con qualcuno di cui ci fidiamo. Sono importanti le sue qualità personali, deve essere una persona di cui abbiamo una profonda stima, una persona di cui ci fidiamo, che non ci tradisca mai, che conservi dentro di sé, solo per sé, quei segreti condivisi che sono la parte più oscura di noi. Non si tratta di qualcosa di per se stessa peccaminosa o riprovevole dal punto di vista morale, ma semplicemente non accettata perché vista come qualcosa che possa metterci in cattiva luce. La nostra ombra, insomma. Eppure senza ombra non c’è corpo. Parlare delle proprie ombre alla fine ci libera perché ci fa scoprire ed accettare che abbiamo un corpo e non siamo fatti di sogni come eravamo illusi di essere.
Alcuni trovano uno sfogo nelle confidenze condivise attraverso il velo di uno schermo. Confessioni e confidenze online. Sì, sono utili, ma non bastano. Le parole scritte sono facilmente equivocabili, specie quelle risposte che non vorremmo sentire. E allora lo schermo di un computer o uno smartphone possono essere solo come un diario in cui sappiamo che qualcuno ci ascolta, ma alla fin fine è meglio che taccia.
Bello sarebbe se ciascuno di noi avesse almeno una persona al mondo davanti ai cui occhi potere essere davvero trasparenti. Ma non è facile. E normalmente non può essere il compagno o la compagna della nostra vita. Intanto perché si tende a non deludere chi si ama e mostrandoci nella nostra nudità. Di contro non è facile accogliere pienamente la verità di coloro che amiamo perché rischiamo di rimanerne delusi. E dunque: chi ci ama, no. Chi amiamo, neppure… Forse dobbiamo cercare altrove.

Saverio Schirò

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