Continuiamo oggi a parlare di personaggi della Bibbia, cerchiamo in qualche modo di trovare qualche piccolo particolare che ci possa far conoscere meglio i protagonisti della “Parola di Dio”.
Parliamo di Abramo e Sara, sua moglie, la bella che ride.

“In te saranno benedette tutte le nazioni della terra”
Queste sono le parole che Dio rivolge ad Abramo facendolo il primo depositario in terra della divina rivelazione, il primo uomo che ha un colloquio personale con Dio, che obbedisce a Lui anche a costo del sacrificio del suo unico figlio Isacco. Tutti conosciamo questa storia, ma di Sara, la “bellissima”, la “principessa”cosa sappiamo?
Di lei si dice che era molto bella, Abramo stesso a causa della sua bellezza ha mentito, vigliaccamente, per evitare la morte. Una carestia aveva condotto Abramo e sua moglie in Egitto.  Abramo temette per la sua vita, ebbe timore che a causa della bellezza di Sara il faraone lo avrebbe ucciso per potersela prendere nel suo letto, allora chiese a Sara di mentire e di dire che era sua sorella.

Il faraone si prese Sara e Abramo fu trattato molto bene, gli furono dati cammelli, schiave e armenti. Ma il Signore colpì il faraone, benché ignaro della verità, il quale venuto a conoscenza che Sara era la moglie di Abramo, si arrabbiò moltissimo e li cacciò via dall’Egitto.
Seguendo le terre ricche di pascoli, infatti erano nomadi, le benedizioni di Dio arrivavano abbondanti e i beni della famiglia crescevano e prosperavano. Sara sembrava avesse tutto quello che ogni donna di quei tempi poteva desiderare, era bella, era benestante, rispettata, tuttavia le mancava quello che fa ricca ogni donna: la possibilità di poter concepire un figlio, era infatti sterile.
Dio comunque aveva promesso ad Abramo una discendenza come le stelle del cielo, come la polvere della terra e Sara, che amava veramente Abramo ed era legata a Dio, era triste perché ella non riusciva a dare al marito quello che Dio gli aveva preannunciato, una discendenza.
Il tempo passava e Sara si chiedeva come sarebbe stato possibile che la parola di Dio si avverasse con suo marito ormai anziano e lei non più giovane e per di più sterile. Per questo fece un gesto difficile e di grande generosità: offrì ad Abramo in moglie l’egiziana Agar, sua schiava, che gli diede alla luce un figlio che chiamarono Ismaele.
Era stata generosa è vero, ma vero era pure il fatto che per legge Ismaele apparteneva a lei, non alla vera madre schiava, infatti al momento della nascita lo aveva fatto partorire sulle proprie gambe, come se fosse stata lei a generarlo.I piani di Dio, però, sono differenti dai progetti umani ed il figlio promesso doveva essere proprio di Sara e di Abramo e non il frutto di un sotterfugio legale.
All’annunzio, avvenuto sotto le querce di Mamre, “tra una anno Sara partorirà un figlio”, lei non credette, anzi rise con ironia davanti alla prospettiva di un miracolo così grande. Anche Abramo rimase stupito: come avrebbe potuto? Lui vecchio e lei non più in età feconda.  Però Abramo ebbe ancora una volta fede: perché nulla è impossibile a Dio.
Un anno dopo il figlio Isacco allieterà la tenda dei due anziani coniugi. Alla nascita del piccolo la famiglia è felice, Sara è finalmente realizzata come donna e come madre, ma nonostante la sua immensa felicità, ella diventa dura ed egoista: è gelosa di Ismaele e della madre Agar e fa di tutto perché vengano cacciati nel deserto, anche a rischio di morire.
Abramo ancora una volta cede alle proprie debolezze e scaccia via la serva-amante Agar insieme al figlio Ismaele, ormai ragazzino.Sarebbero morti nel deserto se Dio non li avesse soccorsi e salvati assicurando anche a loro una prosperità così grande che tutt’oggi i popoli del vicino oriente si riconoscono come discendenti di Ismaele e per rimando di Abramo.Ora Sara è sola, padrona di tutto, felice e ricca, ricca anche di quella ricchezza che aveva sempre desiderato, non le manca nulla e vive godendo della bellissima crescita del figlio. Si ricorda di tutta la sua vita, delle risate fatte all’annuncio del suo parto, si ricorda delle paure avute in Egitto e della sua bugia, ricorda di Ismaele e della sua mamma, della propria crudeltà nell’averli cacciati via dalla tribù, ricorda tutto.
Ma i dolori non sono finiti: inaspettatamente Dio chiede la vita dell’unico loro figlio, chiede obbedienza, chiede la prova della loro fede. Sara è ormai vecchia, avvizzita, non comprende, non capisce come Dio può volere indietro la vita che gratuitamente e miracolosamente aveva donato alla coppia di sposi. È l’ora della prova della loro fede, Sara non capisce e non capisce neppure Abramo che nonostante tutto obbedisce al Signore e va col figlio sul monte per immolarlo, come un agnellino al macello.
Sara lo vede andare via immaginando di espiare con quel distacco tutta la sua gelosia, la sua crudeltà nell’aver mandato a morte la rivale Agar ed il figlio Ismaele: sangue per sangue, come le leggi primitive di quell’epoca esigevano. È straziata come lo sarebbe ogni madre dinnanzi alla vicinissima morte di un figlio, si sente squarciata dal dolore, ma ha fiducia in Dio.Isacco torna a casa, Dio gli ha risparmiato la vita, ora Sara può ridere davvero, ma di se stessa e con tanta serenità dentro che è pronta di morire. Muore, dice la Bibbia, a centoventisette anni, Abramo compra per lei un sepolcro nuovo e le fa un funerale degno del suo amore.
Finisce la storia della bella Sara, la storia di una donna e di una madre che ha avuto il senso di Dio.

È una pagina umanissima questa della Genesi, che contiene il profilo ed il carattere di questa donna, astuta e contraddittoria, passionale e fragile, bella e crudele, e tuttavia legata a Dio da un senso profondo di dedizione e amore. Una pagina più vera e simile ai nostri giorni, una donna come noi, con tanti pregi e tanti difetti, che sa amare ma sa anche voltare le spalle proprio come sappiamo fare tutti noi ma che nonostante tutto cerchiamo di tendere a Dio.
Una donna passionale ed istintiva che ha amato il marito, che ha con lui pregato, sofferto, gioito e tanto altro ancora. Donna longeva, bella, fedele e vicina a Dio,  ecco perché tutt’ora la chiesa la nomina augurando alle donne di somigliarle.

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