Caro saverio, ho deciso di scriverti per sapere se puoi dare conforto al mio caso.
Sono cattolico praticante e negli ultimi anni ho coltivato un percorso spirituale che mi ha fatto (ri)scoprire cosa si celi dietro i Sacramenti della Confessione e della Comunione e mi consente di esprimere quotidianamente nella preghiera la richiesta di rimanere in Cristo e nella Sua verità per sempre, a prescindere dalle difficoltà della vita.
Da qualche tempo ho conosciuto una ragazza quasi coetanea e ci siamo innamorati.
Ci frequentiamo cercando di vivere nella purezza della castità fino a quando non siamo sicuri che ci siano realmente i presupposti per creare le fondamenta di una nostra “casa spirituale nella quale abitare”.
Fin qui tutto bene, ma c’è una questione che crea in me un conflitto, motivo per cui ti scrivo.
La mia compagna è battezzata, ma cresciuta in un ambito nel quale vicissitudini l’hanno allontanata dalla Chiesa (non ha preso i Sacramenti della Comunione e della Cresima), non ha più sentito il bisogno di attenersi al cattolicesimo ed è nata in lei l’idea che le leggi della Chiesa siano punitive, giudicatrici, e in taluni casi opprimenti, ciononostante crede in Dio a modo suo e accetta l’idea di sposarsi con me con il rito religioso (matrimonio misto del cattolico che sposa un battezzato non cattolico) in quanto seppur non condividendola, rispetta la mia scelta di cattolico praticante e mi lascia ovviamente la libertà di professare la fede, crede inoltre nell’indissolubilità del matrimonio e nei valori della famiglia e dei figli.
Nonostante i presupposti e nonostante quanto consente il Diritto Canonico, alcuni sacerdoti mi riferiscono che i matrimoni misti sono da evitare perché il coniuge non credente crea le basi di una vita di coppia lontana dalla fede per il coniuge cattolico e per l’eventuale prole, una mina vagante pronta ad esplodere in qualsiasi istante.
Per quella che è la mia esperienza, vedo il coniuge non cattolico posto su un piedistallo sul quale viene additato, giudicato ed isolato come un’anima senza speranza dalla quale dovrei prendere le distanze.
Ed io conseguentemente messo nella condizione di non dover accettare l’unione (“se lo fai sai a cosa vai incontro”), unione che nasce invece da un atto d’amore puro ed incondizionato che io, tra l’altro, credo benedetto da Dio.
Poi sorge anche il dubbio “tecnico” su come l’atto matrimoniale tra cattolico e battezzato venga eseguito, ossia se vi sia o meno il rito della Comunione senza il quale per me non si tratterebbe di matrimonio (il cattolico prende la Comunione? il battezzato che non comprende o non accetta il cattolicesimo non la prende in quanto non può confessarsi perché privo dei Sacramenti della Comunione e della Cresima?).
Vorrei conoscere la tua opinione in merito, o meglio ricevere un aiuto, perché il conflitto genera dolore spirituale.
Claudio
Carissimo Claudio volentieri rispondo ai tuoi conflitti.
Dunque chiedi il permesso alla Curia, tramite il parroco, e quando sarai pronto, potrai tranquillamente contrarre una legittima unione coniugale.
secondo: cosa pensare delle milioni e milioni di unioni coniugali che esistono nel mondo e sono esistite anche presso gli ebrei addirittura prima che Gesù venisse? Come considerare tutte queste coppie che si sono amate, si amano e obbediscono secondo la natura al comando divino di unirsi e moltiplicarsi?
Dunque, secondo me, ogni unione legittimata dall’amore è gradita e benedetta da Dio, perché l’amore davvero non ha frontiere o limitazioni culturali o confessionali. Certo, se poi questa unione viene sigillata dal Sacramento cristiano, allora vi è quel di più che dirige verso quella pienezza che è auspicabile ma che fa parte di quel “non ancora” che stiamo vivendo in questo percorso terreno.
Per quanto riguarda il Rito, naturalmente sarà adattato e la persona non credente non accederà al sacramento dell’Eucarestia. D’altronde si capisce che sarebbe una assurdità.