L’uso liturgico dello scambio della pace durante la celebrazione della Messa è davvero molto antico. È attestato già da Giustino, intorno al 150 d.C (… e quando le preghiere sono terminate ci diamo un bacio gli uni gli altri) e nelle Costituzioni Apostoliche, un documento altrettanto antico (Il vescovo saluti l’assemblea dicendo: “la pace sia con voi”… Il diacono dica a tutti: “Salutatevi con un bacio santo” ed i chierici abbraccino il vescovo, i laici uomini abbraccino gli uomini e le donne facciano altrettanto con le donne”).
Come si può notare, in questi documenti si parla di “bacio di pace” e abbracci. Probabilmente il significato iniziale è da ricercare nell’esortazione di Gesù che raccomanda di accostarsi all’altare a condizione di essere in pace con i fratelli (Mt 5, 23-24) ma col tempo ha assunto un senso più universale riferendosi soprattutto alla Pace che solo il Signore Dio può donare e che fra i fedeli possiamo scambiare in segno di unione ecclesiale nell’amore vicendevole. Questo è almeno quello che si percepisce a livello del popolo cristiano e sembra in linea col significato del gesto.
Inizialmente (e ancora in certi rituali cristiani) il segno della pace veniva celebrato subito dopo la preghiera universale, prima della presentazione dei doni. La liturgia cattolica ha preferito inserirla durante la preghiera eucaristica, dopo il Padre Nostro e prima della Comunione.
Ora, per chiarire il significato teologico-liturgico di questo gesto, e correggerne gli usi non conformi alle indicazioni magisteriali, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha inviato una lettera circolare di chiarimento.
Eccovi un sunto delle indicazioni pratiche.
1. Non deve essere un gesto “meccanico”, per cui se le circostanze non permettono di eseguirlo correttamente, meglio ometterlo.
2. Considerare l’ipotesi di “omologare” il gesto ed evitare gesti familiari e profani di saluto, come si era scelto fino ad adesso.
3. Evitare certi abusi ormai entrati nella prassi comune come:
– L’introduzione di un “canto per la pace” non previsto dal rituale
– Lo spostamento dei fedeli dal loro posto per scambiarsi il segno della pace
– L’allontanamento del sacerdote dall’altare per scambiarsi la pace con qualche fedele
– Approfittare del momento dello scambio per esprimere auguri, felicitazioni o condoglianze in liturgie commemorative.
Queste sono dunque le direttive del Magistero e tocca alle singole Chiese locali metterle in pratica, non sappiamo con quali risultati.
Certamente in molte realtà ecclesiali lo scambio della Pace ha raggiunto esuberanze esagerate, è vero, tuttavia appare come un gesto emotivamente sentito e per questo espresso con tanto calore. Non è dappertutto così, è naturale, perché è anche un connotato dell’indole personale, per cui all’interno di comunità affiatate ed amorevoli il gesto esprime tutto il calore dei sentimenti provati dai partecipanti; lo stesso non sarà in una “magnifica” celebrazione cattedrale dove i fedeli neppure si conoscono ed allora il gesto sarà gioco forza meccanicamente freddo e distaccato, anche se liturgicamente perfetto.
Chiudo con un aneddoto personale:
Avevo circa 20 anni e andavo a messa tutti i giorni alla stessa ora, le 8 del mattino. Una volta, dopo la messa, andai in banca e fui accolto da un sorriso “esagerato” dell’uomo allo sportello. Lui notò la mia sorpresa e “Non mi conosci?” chiese. E subito dopo “Ci siamo scambiati il segno della pace qualche minuto fa!” concluse.
Che vergogna! Era vero. Ogni mattina era nel banco vicino al mio, in chiesa, e ci scambiavamo la pace, e neppure lo vedevo! Se un gesto non è accompagnato da un significato sentito, allora è inutile, anche se liturgicamente è ineccepibile.
Saverio Schirò
Fonti:
– R.Cabié, L’Eucaristia, in A.G. Martimort, La chiesa in preghiera II, Brescia 1985
– Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Lettera Circolare “L’espressione rituale del dono della Pace nella Messa” 8 giugno 2014
– foto di copertina: repubblica.it
Circolare Scambio della pace 8.6.2014