Quando la fede sfiora la superstizione

Per constatare quante volte la fede sfiora la superstizione, basta guardare come spesso viviamo il culto. Quanta poca spiritualità si vive in certe chiese, quanta indifferenza nelle persone, quanta superficialità si pone in alcuni gesti liturgici essenziali.
Certe volte, invece, ho dovuto notare come la fede e la creduloneria vanno a braccetto.

Non pioveva da un po’ dalle nostre parti e giustamente, le persone si lamentavano della mancanza di acqua e della siccità dei terreni. Anche il parroco lo ha sottolineato durante l’omelia ed ha pensato bene di invocare l’intervento di Dio perché risolvesse il problema. Ma lo ha fatto recitando una preghiera che in realtà è una filastrocca popolare siciliana di antica memoria. Ma non solo, l’ha fatta recitare ad alta voce frase dopo frase al pubblico che supinamente l’ha ripetuta. Una preghiera che non doveva essere considerata una “formula magica”, ha chiarito il sacerdote dall’ambone, ma che di fatto in questo modo l’ha trattata.

Questa pantomima ha suscitato in me alcune riflessioni: la sensazione che il mondo della fede troppo spesso confina con quello della magia, della superstizione, del tifo da stadio. Alcuni mesi fa in un’altra chiesa, alla fine della messa il sacerdote ha invitato i fedeli ad inneggiare alla Madonna con frasi da concerto. Un video circolato su Facebook mostrava fedeli in chiesa che ballavano e gridavano frasi da stadio inneggiando Gesù. Cose dell’altro mondo!

Pensare che Dio possa essere invocato con filastrocche popolari mi sembra davvero ingenuo. Ma non l’ingenuità dei bambini che tutto credono perché a Dio si affidano come a Colui che tutto può. Ma l’ingenuità popolare intrisa di innocente ignoranza. Ora, che sia un povero contadino afflitto dalla siccità che inaridisce i suoi campi a recitare la filastrocca ci può stare, ma che sia un sacerdote con tanto di sapere teologico e liturgico un po’ meno. E d’altro canto, fa impressione che il popolo di questo millennio tutto saturo di sapere e tecnologia possa abbassarsi a ripetere pedissequamente quello che gli viene proposto dal pulpito senza battere ciglio.

Ovviamente tutto è stato considerato lecito e “normale” e nessuno si è lamentato di questo teatro. E allo stesso tempo nessuno fa caso se l’omelia, piuttosto ordinaria e scontata, impegna 20 minuti o più, mentre l’Eucarestia, “centro e culmine” dell’azione liturgica, solo 5 minuti, con le particole, consacrate in chissà quale altra messa, distribuite a raffica.
E poi ci lamentiamo di come il senso della fede si vada perdendo sempre più e le chiese svuotando.
Per inciso: ovviamente non ha piovuto.

Saverio Schirò 

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