Gesù e la sofferenza

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Quando Massimo ha scritto questo articolo,  era il febbraio del 2009 e da quattro anni era malato di SLA.

Non saprei da dove cominciare e tuttavia ho anch’io qualcosa da dire.
Certamente dinnanzi alla compassione di Gesù per gli ultimi di questo mondo si rimane commossi, toccati. Umanamente parlando, nei momenti più difficili della nostra esistenza, talvolta ci sembra che il Signore rimanga insensibile. Anche molti slogan e addirittura alcune canzoni cercano di fare passare l’idea di un Dio assente o comunque distante dai nostri problemi. Vogliamo stendere un velo pietoso su queste considerazioni dettate più che altro dallo sconforto e dalla impotenza davanti alle sofferenze degli uomini.
Ma in realtà, leggendo il Vangelo ed i racconti degli incontri di Gesù con i malati, notiamo subito la grande attenzione che il Signore mostra verso di essi. Il paralitico ed i suoi amici, neppure hanno bisogno di chiedere alcunché perché Gesù sta già partecipando alla loro sofferenza e già conosce i pensieri ed i desideri di coloro che gli si fanno incontro.
È un vero conforto per me questo silenzio, silenzio carico di attesa però.
Quando si sta dalla parte del sofferente, di colui che sta su quel lettuccio, incapace di provvedere a se stesso, si vive col Signore un rapporto completamente diverso. Un rapporto a volte rabbioso, a volte scoraggiato, a volte fiducioso. Ma soprattutto un rapporto carico di silenzio. Non sai perché ti mancano le parole per parlare col tuo Dio; non sai se si tratta di sfiducia o scoraggiamento o di cos’altro. E a volte pensi di essere colpevole e di mancare di fede. A volte temi di essere rassegnato e di non sperare più.
Ma leggendo questo meraviglioso passo del paralitico ecco che la luce della fede ritorna e capisci che trovandoti davanti a Gesù non ci sono parole che puoi dirgli, nulla che puoi chiedergli: Egli già sa tutto. Sa di cosa abbiamo bisogno, e spesso non coincide con quello che vorremmo noi.
Il paralitico davanti a Gesù tace, aspetta. E il Signore si piega su di lui e lo chiama figliolo, come un padre amorevole e gli dona il bene più prezioso: la salvezza per la vita eterna.
Questa è la fede: accettare qualunque cosa il Padre riservi alla nostra vita nella certezza che sia il meglio per noi.
È davvero tanto difficile avere questa fede, per questo dobbiamo chiedere a Dio che ce la doni.

Massimo

Il 15 maggio 2015 Massimo si è spento dopo 10 anni di lunghissime sofferenze. Non ha voluto i conforti religiosi: la sofferenza ha vinto sulla fede.

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