Moltissimi considerano la fede in un Dio un problema marginale. Tanto marginale che neppure è un problema, semplicemente non esiste la domanda. Non ci sono più le certezze (anche cieche) di una volta, è vero, come è vero che tutto viene dato per scontato. Tuttavia troppe volte la vita ci sbatte in faccia un interrogativo gigantesco che ci spiazza, forse solo per un secondo, ma ci scuote profondamente:
Tu, ci credi in Dio?
Voglio riportare la risposta di Jack Folla: Vi ricordate di Jack Folla? Ricordate il successo di questo programma radiofonico ideato da Diego Cugia e andato in onda per diversi anni ritmato dalla voce superba di Roberto Pedicini?
Quanti giovani ha appassionato? Per il linguaggio schietto e diretto; il suo punto di vista così vicino ai sentimenti dei ragazzi di quegli anni; l’idea originale di un giornalismo diverso, meno formale, più coraggioso, esplicito. L’informazione che spaziava dalla cronaca politica, al gossip, dagli scandali nazionali alla notizia curiosa. E poi quella voce di Pedicini così calda, avvolgente, emozionante.
Credi in Dio, Jack? È la domanda che qualcuno si è chiesto e che Jack/Cugia ha affrontato in un passaggio radiofonico in seguito pubblicato in uno dei suoi libri. Ne voglio riportare alcuni passaggi perché sono motivo di riflessione e in fondo incarnano il sentire di molti giovani e meno giovani.
[…] Dio c’è? Non lo so, tesoro e non posso saperlo. Dire di sì o affermare il contrario sarebbe una pura idiozia o un atto di fede. E io non mi fido di me stesso, figurarsi di un tizio trasparente come l’acqua Rocchetta. Inoltre nutro il fondato sospetto che l’idea che dopo la morte non ci sia assolutamente nulla abbia seminato il panico per millenni, e su questo terrore collettivo (e francamente piuttosto comprensibile) si siano edificate chiese, moschee e minareti. Ma non è questo il punto.
Il punto è questo bicchiere che sto rigirando tra le dita. Vedi, Luisa, è un semplice bicchiere di cristallo contenente due dita di whisky. E io non ho la benché minima idea di come si possa costruire questo meraviglioso aggeggio circolare, né tanto meno per quale razza di miracolo il whisky sia così buono, e se adesso mi affaccio alla finestra – lo sto facendo, Luisa, fidati – ecco, vedo una palazzina di mattoncini rossi che non saprei neanche disegnare, e un gabbiano magnifico il cui perfetto sistema di volo mi è totalmente oscuro come quello di un Concorde.[…]
Tu, io, questa radio, il whisky, la palazzina di mattoncini rossi ed Elisabetta Canalis siamo miracoli che la scienza – ne prendo atto – può spiegarsi, ma io no. Ne sarò sempre stupefatto e ingordo, per cui adesso bevo alla tua salute da questo bicchiere di cristallo che miracolosamente non mi fa sanguinare le labbra. […]
Credo in questo mistero splendido che è la vita, Luisa, e ce ne sarebbe da stupirsi per l’eternità, dammi retta. Purtroppo abbiamo una scadenza, come gli yogurt. Per cui non so risponderti se credo o non credo in Dio. È un problema marginale.
Non ne ho il tempo.
(tratto da: D. Cugia, Jack l’uomo della folla, Rai-Eri Mondadori 2003)