Anno A XXXI domenica del tempo ordinario

DICONO E NON FANNO
Commento al vangelo di p. Alberto Maggi OSM
(Mt 23,1-12)

Dopo aver ridotto al silenzio tutti i suoi avversari, nell’ordine sono i sacerdoti, anziani, farisei, erodiani, sadducei, i dottori della legge, Gesù convoca le folle e i discepoli per metterli in guardia dal loro insegnamento. È l’ultimo discorso che Gesù rivolge alle folle ed è il più violento di tutto il vangelo, perché? Non è tanto una polemica con la comunità giudaica dalla quale i credenti si erano ormai distaccati, ma è un monito severo, da prendere quindi seriamente, che Gesù rivolge alla sua comunità e ai suoi discepoli, a quanti lo vogliono seguire, di non imitare quello che ora Gesù critica.

“Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli”, la prima volta che Gesù si è rivolto alle folle e ai discepoli è stato per il discorso della montagna. L’evangelista intende dire che per vivere il messaggio delle beatitudini occorre evitare l’insegnamento degli scribi e dei farisei, i quali ora Gesù critica. “Si rivolse alla folla e ai suoi i suoi discepoli dicendo: sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei”, cos’è la cattedra di Mosè? Il Signore aveva promesso a Mosè che dopo di lui avrebbe fatto sorgere un profeta come lui, e, per simboleggiare questa presenza, e di Mosè e del profeta che doveva venire, nelle sinagoghe un seggio rimaneva vuoto, simboleggiava la presenza del profeta. Ebbene questa presenza del profeta è stata soppiantata, si sono installati gli scribi, cioè i teologi, e i farisei. Al posto del profeta che annunciava il Dio creatore si sono messi, al loro posto i giuristi, quelli del Dio legislatore. Quindi Gesù mette in guardia dal loro insegnamento.

La frase che ora Gesù rivolge è ironica, dice Gesù “Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno”. Gesù non critica soltanto le loro opere, già li ha chiamati ipocriti, ma ha criticato anche la loro dottrina, ha detto che non viene da Dio, Gesù ha detto chiaramente “insegnano dottrine che sono precetti di uomini, anzi per fare questo hanno soppiantato il comandamento di Dio”. Quindi Gesù non dice osservate la loro dottrina, ma non scusateli nel comportamento, no, né dottrina, né comportamento. Il Dio che loro presentano è l’opposto del Padre di Gesù. Mentre il Padre desidera la felicità degli uomini, questi capi, queste autorità religiose la rendono impossibile.
Quindi Gesù continua e li identifica “Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito”, a loro quello che interessa è la dottrina. Se poi questa dottrina, questi precetti fanno soffrire le persone, non le rendono libere, a loro non interessa, l’importante è l’osservanza della loro dottrina, dottrina sulla quale basano tutto il loro potere e tutto il loro prestigio, e che per essi è uno strumento di dominio del popolo.

E continua Gesù, ed è un identikit molto ben preciso che va tenuto presente, “Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente”, è l’ambizione massima, sfrenata che hanno: “allargano i loro filattèri e allungano le frange”, sono insegne religiose che dovevano richiamare dei precetti, dei comandamenti. Ebbene, nonostante che ostentano queste insegne religiose, non mettono in pratica proprio quello che queste insegne religiose avrebbero dovuto ricordare. E poi Gesù continua “si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti”, il posto d’onore è quello vicino al padrone di casa, dove si viene serviti meglio prima e si mangia meglio, ma “i primi seggi nelle sinagoghe”, i primi seggi non sono i posti davanti, ma i posti in alto, distanti dalla gente, quindi quando c’è da stare con il popolo prendono le distanze. “dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente”. Tutta la loro esistenza è orientata al servizio della propria sfrenata autoesaltazione, un delirio di glorificazione che non conosce confini e che richiede continuamente la sottomissione del popolo, in piena rivalità l’uno con l’altro, perché hanno paura che qualcuno gli soffi. Ecco perché amano essere riconosciuti, essere salutati e chiamati rabbi, signore mio, sarebbe l’equivalente di monsignore.

Ma ecco l’insegnamento di Gesù “Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli”, nessuno nella comunità si può mettere al di sopra, l’unico che insegna è Gesù che ci comunica lo Spirito del Padre, “E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste”. Il padre è colui che trasmetteva la tradizione, era l’autorità. Ebbene l’unico padre nella comunità e il padre dei cieli, che non governa gli uomini emanando leggi, imponendo dei pesi che loro devono osservare. Ecco perché Gesù più avanti aveva detto “venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi e io sarò il vostro sollievo”. Il Padre non impone dottrine, ma comunica il suo amore, comunica la sua stessa capacità d’amare, il suo Spirito.
“E non fatevi chiamare guida”, guida è colui che conduce “perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo”, e il finale “Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo”, il termine è diacono. Il vero grande nella comunità non è colui che impone i pesi, ma colui che li toglie, colui che aiuta a portarli, colui che si mette a servizio, perché dice Gesù “chi invece si esalterà”, cioè si innalzerà al di sopra degli altri, “sarà umiliato”, e “chi si abbasserà”, chi si metterà a servizio, “sarà esaltato”.
Il rischio che Gesù vuole evitare è che nella sua comunità si stabiliscano rapporti mediante il dominio di alcuni e la sottomissione degli altri. Questo non ha nulla di evangelico, non ha nulla di cristiano. La comunità dei seguaci di Gesù è una comunità di fratelli, dove gli uni vivono per il bene e il benessere degli altri.

p. Alberto Maggi OSM

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