(Anno A) Dedicazione della Basilica Lateranense

 «MA EGLI PARLAVA DEL TEMPIO DEL SUO CORPO»
(Ez 47, 1-2.8-9.12; Sal 45; ICor 3, 9c-11.16-17; Gv 2, 13-22)

            Sicuramente Gesù sará stato preso per pazzo, persino dai suoi stessi discepoli, che non si aspettavano un gesto cosí eclatante e provocatorio da parte del loro Maestro, che sempre ha manifestato un comportamento molto fermo, sí, ma senza lasciarsi andare ad azioni violente. Eppure, in questa occasione, Gesú non riesce a trattenere lo zelo ardente che bruciava nel suo cuore e gli dá libero sfogo, cacciando a colpi di frusta, fatta con cordicelle che lui stesso aveva intrecciato, tutti i venditori degli animali, destinati al sacrificio, con gli stessi animali, pecore e buoi, e rovesciando a terra tutti i loro tavoli. Eppure, nonostante la collera dimostrata, Giovanni nota un particolare assai significativo, che tradisce senza dubbio la naturale delicatezza d’animo di Gesú, che, di fronte ai venditori di colombe cambia atteggiamento e dice semplicemente di portare via tutta la loro roba. Ma proprio in quel momento Egli da ragione del suo comportamento affermando con interiore sofferenza: “Non fate della casa del Padre mio un mercato”. Ecco cosa turba profondamente Gesú: il vedere completamente stravolto l’ordine delle cose, per cui, quel luogo che serviva per curare gli interessi di Dio, adesso é posto a servizio degli interessi degli uomini.

            Il gesto che Gesú compie, e che é segnalato da tutti e quatro gli evangelisti, anche se i Sinottici lo pongono verso la fine della vita di Gesú, é un gesto altamente profetico. E non solo per quell’aspetto piú immediato che i discepoli collegano con una profezia che parla dello zelo per la casa di Dio di cui é infiammato il cuore di Gesú, ma soprattutto per quello che Gesú afferma subito dopo, nella breve controversia che ha con le persone interessate, che gli chiedono conto e ragione del suo operato. Sembra che erano stati colti di sorpresa e all’inizio quasi non si rendevano conto di quello che stava succedendo, ma si limitavano ad eseguire quello che Gesú comandava loro con grande autoritá. Quando si riprendono, allora gli chiedono quale segno da loro per sentirsi autorizzato a fare quello che aveva fatto. Ed é a questop unto che Gesú viene fuori con una espressione enigmatica, non comprensibile agli ascoltatori, i quali ne intendono solo il senso più immediato e visibile: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Anche questa risposta contribuisce a farlo apparire fuori di sé, ma Giovanni precisa subito il significato profondo di quella espressione, spiegando che Egli in quel momento parlava del tempio di Gerusalemme, ma del tempio del suo corpo. Ma questo anche i discepoli lo compresero solo dopo la sua risurrezione dai morti.

Anche questa domenica la Chiesa ci fa saltare la liturgia del tempo ordinario per farci celebrare  la festa della Dedicazione della Basilica del Laternao che é considerata la madre di tutte le chiese, in quanto sede del Vescovo di Roma. Ed é certamente una occasione molto propizia che si presta a farci riflettere sul senso e sul valore della chiesa, vista nella sua realtá concreta di edificio, segno visibile di una realtá ben piú alta. Intanto partiamo dal fatto che Gesú frequentava il tempio, e come ogni pio israelita, amava questo luogo santo, segno della presenza viva di Dio in mezzo al suo popolo. Ma Gesú non assolutizzava affatto il valore dell’edificio, quasi che fosse esso a garantire la presenza di Dio. Ed ecco che pone subito la sua persona come il tempio vivo e vero in cui realmente dimora Dio e attraverso cui si manifesta la presenza del Dio vivente. Gesú é il vero luogo dove Dio dimora ed é per mezzo di Lui ed in Lui che noi incontriamo Dio e veniamo alla sua presenza. Egli ci rivela il vero volto di Dio. Il tempio verrá distrutto, ma Dio continuerá ad essere presente in mezzo al suo popolo. Questo mistero si compirá nel momento in cui Gesú consegnerá totalmente  la sua vita  al Padre e dal suo costato verserá sangue ed acqua, sorgente di vita per i fedeli.

Ed é a questo punto che la bellissima visione del profeta Ezechiele riguardo al tempio trova il suo pieno adempimento. Egli ci descrive come dal lato destro del Tempio scaturisce una sorgente di acqua viva e salutare che scorre fino a riversarsi sul mare e ne risana le acque rendendole feconde di vita nuova ed abbondante. E gli alberi che crescono lungo il torrente producono frutto dodici volte l’anno, ed anche le foglie degli alberi sono medicinali e guariscono tutte le malattie. Si sente l’eco della descrizione del Paradiso, quando la vita che viene da Dio esplode in ogni angolo del giardino che é attraversato dai quattro fiumi che lo fecondano. Queste immagini hanno un chiaro riferimento a Gesú, vera sorgente di vita. Ma Gesú ci consente di fare un passo avanti, che sembra piuttosto azzardato, quando afferma che poiché Egli vive, diventa sorgente di vita in ciascuno di noi che crediamo in Lui. A questo punto il passaggio che fa Paolo nelle sue lettere, e particolarmente nel brano della lettera ai Corinti che ci viene proposto, é quasi scontato, anche se non cessa di colmarci di stupore e di gratitudine. Paolo afferma senza esitazione che noi siamo edificio di Dio, anzi ripete con forza che siamo “tempio di Dio” e che Dio abita in noi. E certamente tutto questo non per merito nostro ma per un dono traboccante di misericordia da parte di Dio. Ed é bello, confortante e giusto che noi riflettiamo su questa nostra profonda e meravigliosa realtá, sulla quale raramente il nostro pensiero si ferma, ma che puó rivelarsi feconda per la nostra vita cristiana.

Voglio lasciare intatto il forte richiamo di Paolo: «Non sapete che siete tempio di Dio?». Mi sembra di percepire il tono potente di voce con cui Paolo ci mette di fronte a questa realtá, che costituisce la nostra identitá profonda, che siamo chiamati a vivere con grande coerenza. Egli aggiunge infatti: «Santo é il tempio di Dio che siete voi». Da qui scaturisce la profonda esigenza a vivere una vita che non diventi una mercificazione di questo tempio di Dio che siamo noi,. Esso infatti é luogo della presenza di Dio che deve essere resa visibile a tutti e non camuffata o stravolta. Il luogo in cui i cristiani si riuniscono insieme per rendere culto a Dio é chiamato “chiesa” cioé assemblea, luogo adatto e necessario per raccogliere i fedeli, ma la vera chiesa, il vero tempio sono i credenti. Il loro corpo, la loro vita deve essere anzitutto una trasparenza della presenza di Dio, vivendo l’amore fraterno, la riconciliazione ed il perdono, come pure fuggendo l’ira, la gelosia, l’impuritá, la menzogna, l’attaccamento alla ricchezza, alla vanitá, ed ogni forma di egoismo che impedisce di rendere vero culto a Dio e trasforma ancora una volta il tempio di Dio in un luogo di mercato.

Padre Pino (P. Pino Licciardi)

basilica laterano

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