(Anno C) XXXIII Domenica del tempo ordinario

«Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita»
(Ml 3,19-20; Sal 97; 2Ts 3,7-12; Lc 21,5-19 )

            Il salmo responsoriale risuona come uno squillo di tromba che viene a ridare nuova fiducia e speranza al cuore di quanti hanno sofferto e soffrono perché “hanno timore del nome  di Dio”, e sono in attesa della manifestazione del Signore, che verrà a rendere loro giustizia: « Il Signore giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine ». É il momento in cui finalmente verrà messa a tacere ogni forma di orgoglio, menzogna, violenza e oppressione ed i potenti di questo mondo, che si sentivano sicuri della loro forza, verranno ridotti al silenzio ed annientati. Questa sete di giustizia non si é mai estinta nel cuore dell’uomo, e sono soprattutto i poveri e gli umili della terra che gridano a Dio di far loro giustizia. Il profeta grida con forza questa certezza, annunziando l’approssimarsi del “giorno del Signore”, che verrà a rendere manifesta l’inconsistenza di ogni gloria e potenza umana, che saranno inesorabilmente bruciate dal fuoco del giudizio di Dio che non lascerà di essi né radice né germoglio. Sí, é proprio questa la consolante notizia che viene gridata con forza dal profeta: il male scomparirà del tutto dalla faccia della terra, nel momento in cui il sole di giustizia si leverà facendo apparire la luce del Regno di Dio.

            Lo scenario di questo mondo sarà completamente trasformato e verrà rivelata la fragilità e l’inconsistenza radicale di ogni realtà che oggi appare grandiosa, potente ed indistruttibile e che dà un falso senso di sicurezza e di onnipotenza a quanti si appoggiano su di essa. Ai pellegrini che giungevano a Gerusalemme, il Tempio si presentava quasi di sorpresa in tutta la sua magnificenza e bellezza, lasciandoli pieni di meraviglia e di stupore, nonché di emozione e santo orgoglio. Per essi, e per tutti gli ebrei, il Tempio era diventato il simbolo visibile della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Nella loro mente si era a poco a poco formata la convinzione che esso fosse indistruttibile, tanto che l’idea di una possibile distruzione del tempio era un segno tremendo che non solo esso ma il mondo intero ormai si avviava verso la catastrofe. Così quel mattino di primavera, mentre si avviavano verso il tempio insieme con Gesú, i discepoli non riuscivano a trattenere la loro emozione di fronte alla maestositá ed alla bellezza che si presentava ancora una volta davanti ai loro occhi, e di cui non finivano mai di stancarsi. Osservavano le pietre, lo splendore delle lastre dorate, i doni votivi e ne rimanevano estasiati, comunicando a Gesú le loro impressioni.

            Ma la parola profetica di Gesú raggela il loro entusiasmo e li invita a guardare in avanti, facendo un salto incredibile nel futuro, che attende non soltanto loro ma l’umanitá intera e tutta la storia: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Sconvolti da questa profezia, gli apostoli chiedono con ansia e paura quando sarebbe avvenuto tutto questo. E nella risposta che Gesú dà ai discepoli ci viene presentato un fosco scenario degli eventi futuri, ma che viene narrato non per terrorizzare i discepoli che lo stanno ad ascoltare, come pure i discepoli di ogni tempo a venire, ma per metterli in guardia e per indicare loro il cammino da seguire durante lo svolgersi degli eventi. La distruzione del Tempio di Gerusalemme, che sarebbe di fatto avvenuta dopo appena una generazione, diventa come il paradigma per gli eventi futuri che avverranno in tutte le parti del mondo. Molti di questi eventi fanno parte dell’esperienza comune di ogni popolo e di ogni generazione, come terremoti, esplosioni di vulcani, cateclismi, tifoni, guerre, carestie e fame, e cose del genere, che vengono a ricordare costantemente agli uomini la caducità di tutte le cose che accompagnalo la vita dell’uomo.

            Tanti si baseranno su questi eventi tremendi per fare i profeti di sventura e trascinare la gente verso falsi porti si sicurezza, ma Gesú ammonisce severamente di non dare ascolto a questi uccelli di malaugurio, quanto piuttosto di continuare a vivere la loro vita in maniera costruttiva per loro stessi e per gli altri. Quello su cui Gesú insiste maggiormente é invece la tremenda prova che sono chiamati a sopportare i credenti in ogni epoca ed in ogni latitudine, la persecuzione, che verrà ad assumere le forme più diverse, da quelle più subdole e nascoste -come l’indifferenza, il sarcasmo, la messa in ridicolo, il  boicottaggio e la negazione pratica delle verità che vengono proposte dalla fede- fino alla violenza vera propria che comporta minacce, estorsioni, condanne e persino uccisioni di massa dei discepoli. Sembra che Gesù voglia fare capire che la persecuzione diventa l’ambiente naturale in cui si trova immersa la vita dei discepoli. E non solo quella che viene dai cosiddetti nemici dichiarati, ma persino c’é da aspettarsi il tradimento ed il rifiuto da parte degli stessi familiari, che non accetteranno le scelte di vita che i veri discepoli faranno in coerenza con il Vangelo di Gesù. E queste scelte riguardano l’uso dei beni della terra, il senso della famiglia e della sessualità umana, il rispetto della vita, ed altro ancora.

            Con estrema schiettezza Gesù avverte i discepoli che essi saranno odiati da tutti “a causa del suo nome”. Chi si pone alla sequela di Gesù, senza scendere a facili compromessi e diluire la sostanza del Vangelo fino a renderla insapore e senza efficacia alcuna, sa in partenza cosa lo aspetta e deve essere pronto ad accettare tutto questo fino alle estreme consequenze. La sequela non è e non è mai stata una scelta facile. La tentazione di tirarsi indietro ci accompagna passo passo, ad ogni istante. Quante volte non facciamo marcia indietro, e poi magari riprendiamo di nuovo il cammino per continuare a seguire il nostro Maestro e Signore. Egli torna a ripeterci le stesse esortazioni: tutto quello che dobbiamo affrontare diventa una occasione per potergli rendere testimonianza. La testimonianza non é fatta solo di parole, ma la nostra vita intera deve essere una testimonianza del fatto che noi crediamo che la storia non si conclude in questa fase terrena, dove potremo magari apparire come perdenti, come é successo allo stesso Gesù, ma che ha il suo esito finale quando Egli verrà di nuovo e giudicherà la storia. A noi viene lasciata una promessa ed anche una consegna, dura ma salutare: «Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». Avanti, allora, senza stancarci!

   Giuseppe Licciardi (Padre Pino)

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