(Anno B) XXVII Domenica del tempo Ordinario

«L’UOMO DUNQUE NON DIVIDA QUEL CHE DIO HA CONGIUNTO»
(Gen 2,18-24; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16)

Nel cammino verso Gerusalemme, che lo porterà fino al Calvario, Gesù affronta un discorso che é assolutamente fuori moda, o che viene accettato solo a livello teorico, lasciando che la realtà quotidiana segua il suo corso. Ma anche ai tempi di Gesù questo discorso era quanto più di inaudito si potesse affermare, perché per gli ebrei il divorzio era una prassi, non solo collaudata da secoli, ma addirittura prevista nella legge di Mosé. Quindi, se i farisei vanno da Gesù per chiedergli un parere sulla liceità del ripudio (oggi più facilmente lo chiamiamo divorzio), non é perché non conoscono la legge o non sanno qual’é il costume abituale, ma perché vogliono mettere in imbarazzo Gesù. Infatti c’erano due differenti tendenze presso gli uomini di legge del tempo, una più rigorista e l’altra più di larghe maniche. La prima esigeva che per poter dare il ripudio ci dovesse essere una ragione molto seria, quale, ad esempio, l’adulterio manifesto. L’altra corrente, più maschilista, invece affermava che bastava una ragione qualsiasi, per cui il marito era disgustato della moglie, per essere autorizzato a mandarla a casa.

Come al solito, Gesù non sta ai giochetti insidiosi e malevoli degli scribi e dei farisei, e sposta immediatamente il tiro del discorso. I farisei si interrogano sulla liceità o meno del divorzio, si può o non si può, la legge lo consente o no? Gesù invece si interroga se questo corrisponde al progetto del padre suo. Infatti, prima di dare la sua impensabile risposta, Gesù rivolge loro una contro domanda, che magari li avrà fatti sorridere: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». La domanda di Gesù é molto sottile, perché non parla della legge di Dio, ma afferma esplicitamente che si tratta di ordinamenti introdotti da Mosé. Per i giudei tutto quello che era scritto nella loro legge veniva fatto risalire a Dio. Gesù invece distingue tra leggi umane e legge divina. I farisei affermano candidamente che Mosé aveva permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiare la propria moglie. Il ripudio quindi era a senso unico. Solo agli uomini era consentito ripudiare la propria moglie.
Nella sua risposta Gesù fa saltare entrambi i presupposti, sia quello legale, sia quello maschilista, ristabilendo il primato di Dio da una parte e la parità di diritto tra l’uomo e la donna dall’altra, perché entrambi sono “carne della mia carne e osso delle mie ossa”. Nel dare la sua risposta, Gesù si rifà alla pagina della Scrittura che parla della creazione dell’uomo e della donna e invita i farisei a riflettere sul progetto originario di Dio, per riuscire a comprendere qual’é la volontà di Dio a proposito del matrimonio. Ci sono due punti che Gesù mette in risalto.
Il primo riguarda il distacco radicale dalla famiglia di origine, che non é certamente un rifiuto, ma l’affermazione della novità che si stabilisce una volta che l’uomo e la donna si uniscono nel matrimonio. Il distacco dallo stile di vita precedente, quello di essere legato a una famiglia e quello di essere singolo, sono due realtà che devono essere superate dal nuovo stato di vita che l’uomo assume legandosi alla donna che diventa la sua moglie, e con la quale, nel matrimonio, diventa “una sola carne”. Questo é il secondo aspetto che viene messo in evidenza da Gesù. Interessante quel “diventeranno una sola carne”, perché aiuta a capire che il progetto di Dio si deve coniugare con l’azione dell’uomo che é chiamato a realizzarlo, e questa attività dell’uomo (maschio e femmina) si va realizzando nel tempo e coinvolge l’uomo nella sua totalità, spirito, anima e corpo. La conclusione a cui arriva Gesù non é una novità, perché si trova nella stessa pagina della Scrittura: «Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

Non é questione di posso o non posso farlo, perché questo ci riporta a una visione legalistica e riduttiva dell’impegno morale. Gesù vuole mantenere alta la meta, ribadendo quello che é il desiderio-progetto di Dio. Non abbassa l’obiettivo, ma ci invita sempre a mirare in alto, a raggiungere il massimo, perché l’uomo é chiamato a dare il meglio di sé. Gli stessi apostoli rimangono stupefatti e contrariati da queste affermazioni decise di Gesù. Non se l’aspettavano proprio. Il loro amico Gesù va sempre controtendenza, non segue le mode dei tempi, perché intende seguire con chiarezza solo la volontà del Padre suo. Così, arrivati a casa, tornano a interrogarlo sullo stesso argomento, perché fanno fratica a seguire il discorso di Gesù. Ma anche a casa, nella libertà che può dare il sentirsi in famiglia, Gesù non solo ribadisce il discorso, ma lo radicalizza, dicendo con chiarezza come la vede Lui, che é “molto più di Mosé”. Quello che gli uomini chiamano lecito Gesù lo chiama adulterio. Non solo, ma questo riguarda si l’uomo che la donna, perché ai suoi occhi l’uomo e la donna hanno la stessa dignità davanti a Dio e quindi la stessa responsabilità. La legge morale, o per dirla meglio, la chiamata di Dio verso la perfezione é cogente per l’uomo e per donna, perché entrambi sono stati fatti a immagine e somiglianza di Dio.
Ma Gesù non é un legalista e nemmeno é venuto per giudicare e condannare. Gesù é venuto a ricordare all’uomo l’altezza straordinaria e affascinante della sua vocazione, invitandolo a non tirarsi indietro di fronte a questa sfida. Ma nello stesso tempo Gesù conosce l’uomo nella sua debolezza e nella sua oscura inclinazione al peccato. Per questo ha perdonato la donna adultera e non si é sentito di condannarla. Come dice la Scrittura, il cuore dell’uomo é un abisso, chi lo può scandagliare? Gesù non vuole che diventiamo dei legalisti o che facciamo della legge di Dio un’arma per giudicare e condannare il prossimo. Ci mette in guardia, con comprensione e compassione, di fronte alla cruda realtà, che riguarda tutti noi e non soltanto gli altri: «Per la durezza del vostro cuore». Ecco il problema di fondo che siamo chiamati a valutare bene e ad affrontare con misericordia e realismo.

Giuseppe Licciardi (p. Pino)

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