(Anno B) XXVI Domenica del tempo Ordinario

«CHI NON È CONTRO DI NOI É PER NOI»
(Num 11, 25-29; Gc 5, 1-6; Mc 9, 38-48)

Quando pensiamo all’apostolo Giovanni, nella nostra mente si affaccia di colpo l’idea che egli era l’apostolo prediletto e ci vengono immediatamente alla memoria le stupende parole sull’amore fraterno che leggiamo nel suo Vangelo e nella sua prima lettera. Non ci passa nemmeno lontanamente l’idea che questo apostolo dell’amore ha dovuto lavorare molto su se stesso per vincere la sua irascibilità e il suo carattere vendicativo e di parte. Ma ci sono due passaggi nel Vangelo che ce lo fanno vedere proprio con queste sue debolezze e così ce lo rendono più vicino e alla nostra portata.
Il primo episodio racconta che Gesù stava per attraversare un paese della Samaria e i discepoli volevano preparare per lui, ma gli abitanti del paese si rifiutarono di accoglierli perché andavano a Gerusalemme. Allora Giovanni, insieme al fratello Giacomo, si rivolse a Gesù e gli chiese se poteva invocare il fuoco dal cielo per distruggere quella città. L’altro episodio lo troviamo proprio all’inizio della pagina del Vangelo di questa domenica, dove Giovanni riferisce a Gesù che lui , insieme a qualche altro discepolo, aveva visto un tale che invocava il nome di Gesù e con l’autorità che gli veniva da questo nome scacciava i demoni. Questo fatto lo aveva fatto arrabbiare molto, tant’é vero che aveva cercato di proibire a quel tizio di cacciare i demoni, perché, secondo lui, non aveva il diritto di fare questo nel nome di Gesù. Infatti non era un discepolo.

Credo che anch’io avrei protestato per questo abuso di autorità e per questa pretesa di agire in nome di Gesù da parte di uno sconosciuto. Ma Gesù non è della stessa idea del suo discepolo, anzi gli dice apertamente che non glielo deve impedire, né lui né gli altri. Gesù non appartiene a nessuno in esclusiva, non è proprietà privata di nessuno, perché tutti hanno il diritto di rivolgersi a Lui e di invocare il suo nome. Giovanni credeva di difendere i diritti di Gesù ed invece lasciava trasparire la sua chiusura di mente e di cuore. Gesù è venuto per liberare l’uomo e sottrarlo dal potere del diavolo.
Chiunque condivide questa sua missione e caccia i demoni si trova dalla sua parte. Non fa nessuna questione di mio e di tuo, e nemmeno si vuole accaparrare l’esclusiva del bene, perché a lui interessa che tutti si sentano coinvolti nel compiere il bene.

Anche se uno non conosce Gesù e non appartiene ufficialmente alla sua Chiesa visibile, se la sua vita è protesa a compiere il bene e a fare le opere dell’amore e della giustizia, Gesù lo riconosce tra i suoi. Che vale affermare di essere cristiano se non si compiono le opere proprie del cristiano, se non si è disposti al perdono, all’accoglienza dello straniero, al rispetto di chi ha una fede diversa dalla tua?
Credo che questa parola di Gesù sia molto attuale nella nostra società, che corre sempre il pericolo di chiudersi in se stessa, o, se sembra di essere aperta, lo fa per indifferenza ed apatia, non per amore e spirito di accettazione dell’altro e di tolleranza. Il discorso che Gesù fa a Giovanni e agli altri discepoli, si apre proprio a questa prospettiva dell’agire spinti dall’amore fraterno e dalla gratuità più assoluta. Chi agisce così, appartiene a Gesù, viene riconosciuto da Gesù come uno dei suoi. Lo afferma apertamente: «chi non è contro di noi è per noi». Chiunque con verità e passione interiore si dà da fare per rendere il mondo, la società, l’ambiente in cui vive più giusto, più fraterno e cooperativo, costui appartiene già al numero dei discepoli e non viene sconfessato da Gesù. Anche un semplice bicchiere d’acqua dato con gentilezza a chi ha sete viene ricordato davanti a Dio, che non può non compiacersi di ogni opera di amore che si compie sulla terra.

Lo stesso spirito motiva le parole che seguono, anche se il tono di Gesù è molto duro ed intransigente non si può scendere a patti con il male e con la cattiveria gratuita, specie quando è compiuta contro i piccoli e gli indifesi. Gesù pronunzia parole terribili contro coloro che “scandalizzano i piccoli” e invita i discepoli a essere pronti a perdere tutto, pur di non trovarsi volontariamente coinvolti nel male. Perdere una mano, o un piede, o l’occhio e persino la propria vita non è nulla di fronte alla perdita della vita eterna. Il Regno di Dio e la sua giustizia diventano la misura di riferimento per il vero discepolo, ma anche per ogni uomo che ha imparato a seguire la voce dello Spirito che parla al suo cuore.

Giuseppe Licciardi (p. Pino)

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