(Anno B) VI Domenica del tempo ordinario

«SE VUOI, PUOI PURIFICARMI»
(Lv 13,1-2.45-46; Sal 31; 1Cor 10,31-11,1; Mc 1,40-45)

            Gesù si trova in cammino per i villagi e le città della Galilea, predicando il Vangelo e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità del popolo. Ma la fama della sua predicazione e dei segni che compiva per rendere visibile la misericordiosa presenza di Dio in mezzo al suo popolo era tale che se ne doveva stare fuori dai centri abitati. Ma le folle accorrevano da lui da ogni parte. Oltre alla folla che accorre a lui, c’è anche qualche inatteso visitatore, che per la legge era tenuto a stare lontano da ogni contatto umano, e questi è un lebbroso. Si tratta un lebbroso veramente coraggioso, se osa presentarsi a Gesù incurante delle severe prescrizioni della legge, che imponeva ai lebbrosi di starsene in luoghi appartati e fuori dai centri abitati, obbligati a segnalare la loro presenza, per impedire agli altri di avvicinarsi a loro e correre il rischio di contagio. Quest’uomo forse ha capito che con Gesù poteva permettersi di fare questo, e così decide di andare da Gesù. Quello che fa e quello che dice è davvero sorprendente. Si avvicina a Gesù e si prostra in ginocchio dinanzi a lui per supplicarlo. Non spreca parole inutili, non fa discorsi per convincere il Maestro, ma semplicemente dice: “Se vuoi, puoi purificarmi”.

            Trovo davvero straordinaria questa supplica. Pur desiderando al di sopra di ogni cosa la guarigione, quest’uomo si rivolge con atteggiamento umile, ma pieno di vera fede, affidandosi totalmente a Gesù. Non pretende, sta solo davanti a lui, e la sola sua presenza è una invocazione potente ed eloquente. Mostra il suo bisogno, ma è sicuro che Gesù ha il potere di purificarlo. Il verbo usato può suonare strano alle nostre orecchie. Ma dobbiamo pensare che la lebbra era considerata intanto una malattia contagiosa, che più di qualsiasi altra malattia segnalava la presenza della morte che andava corrodendo il corpo, e tutto quello che si accosta alla morte diventa impuro, tabù. Inoltre era il segno più atrocemente visibile del peccato che contamina l’uomo e lo separa da Dio. Le leggi erano molto severe nel prescrivere l’isolamento dei lebbrosi per impedire che altri potessero essere contagiati e venire esclusi dalla comunità. Questa era la sofferenza più grande, oltre al fatto di venire considerati e alla fine anche sentirsi immondi, impuri, e da essere tenuti lontani. Questo lebbroso desidera essere purificato, desidera riacquistare la sua dignità, la sua capacità di stare in mezzo agli altri e di essere accolto dagli altri.

            “Se vuoi…”. Questa purificazione non se la può dare da solo, ma sa che solo Gesù è in grado di dargliela, solo che lo voglia. Gesù, sottolinea il Vangelo, non sa resistere a questo strazio gridato con tanta umiltà e dignità. Non sa resistere nel vedere in quali condizioni il male in tutti i suoi aspetti riesce a ridurre l’uomo, creatura di Dio. Non può accettare di vedere ridotto in maniera così miserevole l’uomo che dovrebbe rispecchiare in se la gloria di Dio. Egli è venuto per questo, per restituire all’uomo la dignità di figlio di Dio e liberarlo dalla devastazione del peccato. Così, col cuore colmo di compassione, si avvicina all’uomo, abbatte ogni distanza e lo tocca, come a trasmettergli la sua compassione e la sua potenza, e gli dice semplicemente: “Lo voglio, sii purificato!”. Ancora una volta la parola di Gesù opera con sicura efficacia ed immediatezza, e all’istante il lebbroso viene purificato, diventa una   creatura nuova, rigenerata. Può tornare ad essere uomo tra gli uomini, e recuperare la sua dignità e visibilità. Non deve più nascondersi come un essere pericoloso. Ancora una volta può avvicinarsi agli altri, alle persone care e toccarle , come Gesù ha toccato lui.

            Ma dopo queste parole piene di tenerezza, ecco che Gesù sembra diventare duro. Il Vangelo dice che lo ammonì severamente e lo cacciò via subito, dandogli due ordini precisi. Anzitutto di non dire niente a nessuno, perchè quello che ha fatto non lo ha fatto per farsi propaganda, ma perchè il male lo fa soffrire e non lo può tollerare. E poi di andare subito dai sacerdoti, che erano deputati a dichiarare ufficialmente la sua “purificazione” e quindi riammetterlo nella società, dopo aver compiuto le prescrizioni rituali della legge. Questo secondo ordine l’ex lebbroso lo compie subito, perchè ne riconosce la necessità, ma anche la giustezza. Come ufficialmente era stato segregato, così pure ufficialmente doveva essere riammesso nella convivenza sociale. Ma il primo ordine di Gesù non poteva osservarlo, in quanto tutto il suo essere era una esplosione di gioia e di gratitudine, e sapeva che non poteva tenere nascosto il segno evidente della misericordia di Dio impresso vividamente nelle sue membra. Non poteva tacere il bene ricevuto, nè tantomeno ignorare e dimenticare il suo benefattore. La Scrittura infatti dice: “É bene far conoscere le opere del Signore!”. Così questo lebbroso, ormai purificato, vuole fare sapere a tutti quello che Gesù aveva fatto per lui. La sua nuova vita ormai è una testimonianza dell’amore di Gesù.

            Ancora una volta Gesù ci insegna che al di là della legge ci sta l’uomo, la sua vita. la sua dignità. Egli è rispettoso della legge, nella misura in cui questa protegge e difende la vita, la libertà e la dignità dell’uomo, ed è per questo che comanda all’uomo guarito di presentarsi dai sacerdoti. Ma va al di là della legge, quando si avvicina all’uomo e lo tocca, per fargli sentire la sua vicinanza, la sua attenzione e la sua condivisione. Egli sa bene del resto che non sarà la lebbra a contagiarlo, ma sarà lui che la eliminerà. Questo grido, “se vuoi, puoi”, continua a risuonare in ogni angolo della terra, e persino nelle nostre città, nei nostri paesi, da parte di tutte le persone che la nostra società tende a “scartare”, come si esprime Papa Francesco, e che invece Gesù ci insegna ad avvicinare, ad accogliere, a non tenere lontani, ma ad amare, a sentirli parte della nostra vita. Il “lo voglio!” di Gesù suona come un grido rivolto ai suoi discepoli, di entrare nella sua stessa volontà di condivisione, di accoglienza e di guarigione, che abbatte ogni rifiuto, ogni senso di estraneità, ed ogni forma di esclusione dell’altro che si manifesta in tante forme nella nostra società.

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)

 

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