(Anno B) Natività di san Giovanni Battista

CHE SARÁ MAI DI QUESTO BAMBINO?
Is 49, 1-6; At 13, 22-26; Lc 1, 57-66.80

Ogni volta che viene al mondo un figlio d’uomo, la domanda sale spontanea nel cuore di tutti e spesso viene espressa apertamente: «che sará mai questo/a bambino/a?». Sognare o desiderare le cose piú belle e favorevoli per i propri figli é la cosa piú naturale, e credo che tutto questi rappresenti l’eco di quello che Dio ha messo nel cuore dell’uomo: aspirare a grandi cose, perché noi siamo suoi figli ed Egli ha preparato cose grandi per noi. Questo rapporto tra il cocepimento, e poi la nascita di un uomo, e il progetto meraviglioso di Dio é espresso chiaramente nella stupenda e fascinosa pagina del profeta Isaia, il quale ha la consapevolezza di rivelare qualcosa di veramente straordinario, tanto che chiede l’ascolto da parte di tutti gli abitanti della terra, anche quelli che vivono nelle regioni piú lontane e sconosciute «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria».

Questa parola é data per tutti quale annunzio e stupefacente scoperta della presenza nascosta di Dio nella vita di ogni uomo che viene in questo mondo. La vita di ogni uomo é la risposta a una chiamata amorevole di Dio, che risuona già nelle profonditá del grembo materno, quale luogo capace di accogliere e dare spazio a questa chiamata che suscita la vita. Fin da sempre, Dio pronuncia il nome di ciascuno di noi e cosí ci chiama all’esistenza, comunicandoci la vita. Ogni uomo porta in sé e con sé un progetto di Dio che attende di essere realizzato in modo che attraverso di esso si manifesti la gloria di Dio.
Il rifermento collettivo a Israele -“mio servo sei tu, Israele”- ci fa comprendere che ciascuno di noi é destinatario di questa parola. “Tu sei mio servo” – dice il Signore a ciascuno di noi – “in te manifesteró la mia gloria”. Il fatto di essere chiamato “servo” non é un titolo di umiliazione, perché il primo e autentico “servo di Jahvé” é stato Gesú, il figlio amato, nel quale si rivela pienamente la gloria di Dio. Essere chiamato “servo” significa che ciascuno di noi é chiamato ad essere canale e strumento privilegiato attraverso cui Dio vuole far passare la sua grazia e la sua potenza, attraverso cui Dio vuole comunicare la sua amorosa tenerezza di Padre.

Il racconto della nascita di Giovanni il Battista ci provoca ad una riflessione profonda. La parola del Signore ci guida e ci accompagna con delicatezza e sicurezza alla comprensione del mistero del rapporto intimo che c’é tra ciascuno di noi e Dio. Un rapporto che da parte di Dio viene annunciato come certo, irrevocabile e assolutamente affidabile, ma che reclama di essere accolto e ricambiato dalla controparte, l’uomo, il cui cuore é mutevole e incerto. L’agire di Dio si presenta come una proposta che ha bisogno di risposta per diventare pienamente efficace ed operante nella vita di ciascuno di noi. Ed é straordinario pensare che Dio rispetta talmente la libertá dell’uomo da fermarsi alla sua soglia e bussare con trepida fiducia alla porta del suo cuore in attesa della risposta. Il nome corriponde al progetto di Dio, ma ognuno preferisce spesso elaborare e coltivare altri prtogetti che non sono quelli di Dio, ma progetti puramente umani, che rispecchiano i limiti e le debolezze dell’uomo e le sue vedute miopi e a breve distanza.

Com’é  importante poter riconoscere e fare nostro il progetto di Dio
! In questo, certamente, i genitori, e la famiglia in genere, hanno una grande parte. Nella narrazione evangelica la posizione dei genitori di Giovanni é assolutamente concorde e coerente: «Giovanni é il suo nome!». Contrariamente alle attese degli altri familiari e conoscenti, Elisabetta e Zaccaria sanno discernere la voce di Dio e le fanno eco fedele. Ma, accanto all’azione di sostegno, di guida e di testimonianza della famiglia, occorre che si accompagni e segua la risposta personale dell’interessato. E dalla parola del vangelo sappiamo che colui che doveva preparare la via al Signore, Giovanni, non ha deluso le aspettative di Dio. Se «davvero la mano del Signore era con lui», vuol dire che Giovanni ha preso questa mano tesa di Dio e l’ha tenuta stretta fortemente lasciandosi guidare e portare da essa. In maniera molto sobria ci viene riferito che «il bambino cresceva e si fortificava nello spirito». La risposta alla chiamata di Dio e alla sua grazia, che si rinnova ogni mattina, si va realizzando gradualmente, passo dopo passo, giorno dopo giorno, nella fedeltá continua alla voce di Dio, che ha fatto grandi progetti di bene e di gioia per la nostra vita.
Dio ha potuto contare su Giovanni, e di lui poteva dire tranquillamente: «(Egli é) un uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri». La vicenda di Giovanni rappresenta come un modello, un prototipo per la nostra vicenda personale. Perché c’é senza dubbio qualcosa che accomuna tutte le chiamate e che puó essere considerato come il denominatore comune: tutti indistintamente, anche se ognuno a modo suo, siamo chiamati a «preparare la via al Signore», fare da messaggeri e battistrada della sua venuta, cosí come é stato per Giovanni Battista.

Il Signore vi bendica e vi dia pace
Giuseppe Licciardi (Padre Pino)

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