(Anno B) II Domenica di Pasqua

«PERCHÉ HAI VISTO, TOMMASO, HAI CREDUTO»
(At 4,32-35; Sal 117; 1Gv 5,1-6; Gv 20,19-31)

            L’immagine della primitiva comunità cristiana che ci viene presentata in questa pagina degli Atti degli Apostoli è davvero affascinante. Essa rimane come l’icona modello e punto di riferimento per ogni comunità cristiana, che è chiamata a confrontarsi con essa e a rispecchiarsi in essa lungo i secoli. Per quanto possa sembrare idealizzata, questa icone ci dà lo spirito delle origini e ci invita a non perdere il fuoco incandescente della fede che ha trasformato quella moltitudine in una comunità che vive nell’amore. Ancora quando scrive il suo resoconto delle cose che lui stesso ha potuto costatare di persona, o ascoltare dalle persone che fin dall’inizio ne sono stati i testimoni attendibili degli eventi narrati, Luca ci trasmette lo stupore di un convertito, che ha abbracciato la fede, proprio a partire da quel miracolo di amore che si presentava davanti ai suoi occhi. Sembra risentire l’eco di quelle  espressioni ammirate che tanti pagani sentivano venire fuori con spontaneità dal loro intimo, quando si trovavano a contatto dei cristiani: “Guardate come si amano!”. Proprio qui sta la forza straordinaria dei veri credenti, nella capacità di amarsi gli uni gli altri, nella nuova consapevolezza data dalla grazia, di formare una famiglia, mettendo da parte ogni bramosia di possesso e ogni veleno di egoismo, così da non ragionare più in termini di mio e di tuo, ma di mettere i propri averi a servizio del bene di tutti. Con la loro testimonianza di vita i cristiani godevano della stima di tutto il popolo.

            In mezzo a questa “moltitudine di credenti” trova il suo posto privilegiato il gruppo degli Apostoli che con grande forza di convinzione davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù. Ci da grande gioia sentire parlare della forza di testimonianza che davano gli Apostoli, sapendo con quanta fatica si era fatta strada nel loro animo la fede nel Signore risorto. Un cammino che passa dallo sgomento della perdita del loro Maestro, condannato alla morte infame della croce e posto in una tomba, al profondo senso di vergogna e di umiliazione per il loro indegno e vile comportamento; dalla paura di essere anch’essi presi di mira dai nemici di Gesù alla gioia incontenibile di vederselo vivo davanti ai loro occhi;  dall’ incredulità più cocciuta ed ostinata fino alla fede profonda, radicata ed entusiasta, che li fa uscire allo scoperto e da loro la forza e l’audacia di gridare dinanzi a tutti che il Signore Gesù è risorto e che solo credendo in Lui si ha la salvezza. La toccante pagina del Vangelo di Giovanni ci consente di poter seguire da vicino questo germogliare della loro fede, che parte dall’avere visto il Signore. É questo infatti il grido con cui Maria di Magdala annuncia agli Apostoli l’impossibile ed incredibile evento: “Ho visto il Signore!”, ma non le credono. Ed è pure questa l’esclamazione gioiosa con cui gli altri Apostoli accolgono Tommaso, che  ritorna nel luogo dove stavano gli altri: “Abbiamo visto il Signore!”.

           The_Incredulity_of_St_Thomas_f Eppure, nonostante l’insistenza dei suoi amici, Tommaso si rifiuta energicamente di prendere sul serio la loro testimonianza. In fondo non è diverso dagli altri. Anche gli altri si erano rifiutati di credere a Maria di Magdala, che fin dal mattino ripeteva la sua certezza di avere visto il suo Signore vivo e vero. Alla sera li troviamo ancora pieni di paura, confusi e pieni di tristezza. Ancora una volta, come avveniva quando era in mezo a loro, è Gesù che prende l’iniziativa, perchè comprende il loro stato d’animo, e va loro incontro. Le porte di casa sono chiuse come il loro cuore, ma all’improvviso ecco che Gesù è in mezzo a loro e li saluta,  proprio come era solito fare prima: “Pace a voi!”. Ma subito fa un gesto, che rivela la sua capacità di leggere nel cuore dei discepoli, che ancora non sanno se credere ai loro occhi: mostra loro le ferite delle sue mani e del fianco, quasi a dire con la forza dei segni che è proprio lui, quel Gesù che è stato confitto sulla croce e trafitto dalla lancia. A questo punto non hanno alcun dubbio e la fede che germoglia viva nel loro cuore si trasforma in gioia. E di nuovo Gesù li saluta e la pace pervade il loro cuore ed il loro spirito. E subito, senza alcun indugio,  Gesù li mette in movimento e fa sentire loro che nulla è cambiato nella fiducia che Egli aveva riposto su di loro fin dal principio. Anzi li investe di un compito che è più grande di loro e li pone come i continuatori della sua missione.

            Non li manda allo sbaraglio, ma li provvede della forza che viene dall’alto e li rende capaci di compiere la loro missione. Lo fa con un gesto semplice ma efficace, soffiando su di loro e comunicando lo Spirito Santo, Spirito di vita e di forza, Spirito di perdono e di grazia, che toglie il peccato, il vero ostacolo che rende l’uomo debole, incapace di orientarsi a Dio e di camminare nelle sue vie. Con la forza dello Spirito i discepoli sono in grado di compiere le opere stesse di Gesù e di renderlo vivo e presente tra i fratelli. Dopo aver detto questo, Gesù scompare all’improvviso dalla loro vista, ma la sua presenza ormai è viva  ed impressa nel profondo del loro cuore. Alla vista di Gesù essi sono trasformati. Non cè’è più posto per la tristezza e la paura. Ma qualcuno mancava all’appello. Era Tommaso, che non ce la faceva più a stare lontano dai suoi amici. Ed è stata questa la sua salvezza. Nonostante la delusione per la fine di Gesù, nonostante la sua debolezza e quella dei suoi amici, Tommaso sente che non può rinnegare il suo passato e l’esperienza meravigliosa, anche se ora sente di amaro, degli anni trascorsi con Gesù e gli altri discepoli. E così ritorna. Non se ne rimane isolato ed estraneo. Quando entra nella casa dove stavano riuniti gli altri, si sente assalito dal grido di vittoria che esplode nella voce degli altri che in tutti i modi gli dicono e ripetono di avere visto il Signore. Davvero Tommaso si sente frastornato e si chiude in un rifiuto secco.

            L’amarezza che ha vissuto in questi ultimi giorni è troppo grande per scomparire tutt’ad un tratto. Vuole sentirsi proprio sicuro di quello che gli viene detto, perchè la notizia è troppo grande per poterla accettare a cuor leggero. Anche lui ha bisogno di vedere e di toccare. Non vuole ricadere nella delusione. E Gesù accoglie il grido accorato di questo suo discepolo. Ma lo fa aspettare un poco, per far crescere questo desiderio. Così, ancora una volta, la sera del giorno dopo il sabato, Gesù si presenta in mezzo ai suoi che sono tutti insieme, che hanno ritrovato la loro comunione, e subito si rivolge a Tommaso invitandolo a toccare le ferite delle sue mani e del suo costato. Ma Tommaso non ha più bisogno di fare questo. La vista del Maestro viene a togliere ogni dubbio ed apre il suo cuore a una grande professione di fede: “Signore mio e Dio mio!”. Certo Tommaso ha visto ed ha creduto, ma anche Maria di Magdala ha visto ed ha creduto, ed anche glia altri Apostoli hanno visto ed hanno creduto. Ma tutto questo era necessario, perchè la nostra fede avesse un solido fondamento: la loro esperienza diretta che diventa forza di testimonianza. Da questa forza di testimonianza ecco che vengono alla fede anche coloro che non hanno visto nè toccato, ma che pure sono proclamati beati dallo stesso Gesù. Essi credono e  sono in grado di dare la loro vita per il Signore. E tra questi ci siamo anche noi.

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)

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