Un atto d’amore

Sotto la grande pietra
(tratto da: Lettere dal deserto di Carlo Carretto)

La pista, bianca di sole, si snodava dinanzi a me con tracciato incerto. I solchi nella sabbia mi obbligavano ad una ginnastica continua per mantenere la direzione della jeep.
Il sole era alto e mi sentivo stanco. Solo il vento che soffiava sul muso della macchina permetteva ancora alla jeep di procedere, benché la temperatura fosse infernale e l’acqua bollisse nel radiatore. Di tanto in tanto il mio sguardo si posava sull’orizzonte. Sapevo che nella zona c’erano grossi blocchi di granito emergenti dalla sabbia: ricercatissimi luoghi d’ombra per fare il campo e attendere la sera per proseguire il viaggio.
Difatti, verso mezzogiorno, trovai ciò che cercavo. Grosse rocce apparvero sulla sinistra della pista; ed io mi avvicinai, sicuro che avrei trovato un po’ d’ombra.
Non ne fui deluso. Sulla parete nord d’un gran macigno alto una decina di metri una lama d’ombra si proiettava sulla sabbia rossa. Misi la jeep contro vento per raffreddare il motore e scaricai l’indispensabile per fare il campo: una stuoia, il sacco dei viveri, due coperte e il treppiede per il fuoco.
Era l’ora sesta e presi il breviario.
Recitai qualche salmo, ma con un certo sforzo, data la stanchezza e mi stesi sulla sabbia per dormire un po’. Per star più comodo, cercai una coperta per mettermela sotto il capo. Ne avevo due, e ben lo sapevo. Una coperta rimase accanto a me, inutilizzata e, guardandola, non mi sentivo tranquillo.
La sera prima ero passato da un piccolo villaggio di negri, ex schiavi dei Tuareg. Come al solito, quando si giunge in un villaggio, la popolazione corre a far ressa attorno alla jeep, sia per curiosità, sia per quei piccoli servizi che si fanno da chi frequenta la pista del deserto.
Quella sera avevo notato il vecchio Kadà che tremava dal freddo. Sembra strano parlare di freddo nel deserto, eppure è così; tanto che la definizione del Sahara è la seguente: “paese freddo dove fa molto caldo quando c’è il sole”. Ma il sole era tramontato; e Kadà tremava.
Mi venne l’impulso di dargli una delle due coperte che avevo con me ma mi distrassi volentieri da quel pensiero. Pensavo alla notte, e sapevo che anch’io avrei tremato. Quel po’di carità ch’era in me tornò all’assalto, facendomi notare che la mia pelle non valeva più della sua e che avrei fatto bene a dargliene una, e che, se anche avessi tremato un po’, era ben giusto per un piccolo fratello.
Quando partii, le due coperte erano ancora sulla jeep; ed ora erano là davanti a me e mi davano fastidio.
Cercai d’addormentarmi coi piedi appoggiati alla grande roccia.
Se vi dicessi che sognai, vi sembrerebbe strano. Ma il più strano è che sognai che dormivo sotto la grande pietra e che ad un certo punto… Non mi pareva affatto un sogno: vidi la pietra muoversi; e mi sentii venire addosso il masso. Che brutto momento!
Ero liquidato. Sentii scricchiolare le ossa e mi trovai morto. Mi stupivo che nessun osso mi dolesse: ero solo immobilizzato. Aprii gli occhi e vidi Kadà che tremava davanti a me. Allora non esitai più a dargli la coperta, tanto più che era inutilizzata vicino a me, a un metro di distanza. Cercai di allungare la mano per offrirgliela; ma il masso che mi aveva immobilizzato mi impediva il più piccolo movimento. Capii che quello era il purgatorio e che la sofferenza dell’anima era di “non poter più fare ciò che prima si poteva e si sarebbe dovuto fare!“. Chissà per quanti anni avrei visto quella coperta vicino a me, in quella scomoda posizione, a testimoniare il mio egoismo e quindi la mia immaturità ad entrare nel Regno dell’Amore. Provai a pensare quanto tempo sarei rimasto sotto il masso: “Fin tanto che sarai capace di un atto di amore, di amore perfetto!”. In quel momento non mi sentivo capace.

   L’atto d’amore perfetto è l’atto di Gesù che sale il Calvario per morire per tutti noi. La presenza della coperta negata a Kadà la sera prima mi diceva che avevo ancora molta strada da percorrere! Capace di vedere un fratello che trema e passar oltre, come sarei stato capace di morire per lui ad imitazione di quel Gesù che morì per tutti? Qui compresi che ero perduto; e che, se non fosse intervenuto Qualcuno ad aiutarmi, io avrei trascorso epoche ed epoche geologiche senza più potermi muovere.
Guardai altrove e mi accorsi che tutti quei grossi massi del deserto non erano altro che sepolcri di altri uomini. Anch’essi, giudicati nell’amore e trovati freddi, erano là ad attendere Colui che un giorno aveva detto: “Io vi risusciterò nell’ultimo giorno”.

Carlo Carretto

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