Sacerdoti speciali e preti sbagliati

Il Sacerdote è colui che ci dona Gesù nell’Eucarestia, senza di lui non ci sarebbe né messa né presenza di Gesù nei tabernacoli. Dio lo sceglie tra moltissimi uomini e lo chiama con una vocazione speciale e, perché no, “difficile”. Non credo, infatti, che sia facile vivere da consacrati. Forse noi non ci pensiamo abbastanza o lo dimentichiamo spesso.
Certamente assumersi questo compito che vuoi o non vuoi lo mette in evidenza, come amministratore del sacro, delle cose di Dio, ma anche delle cose del mondo, espone questi uomini a critiche e malcontenti di ogni sorta.
Non è facile cogliere e accettare che dietro e dentro una scelta ed una vocazione speciale da parte di Dio, c’è un uomo che di per sé speciale potrebbe non esserlo. Anzi, parafrasando san Paolo, potremmo dire che nel piano misterioso di Dio, Egli spesso sceglie ciò che è debole e ultimo per confondere i forti di questo mondo.
Di fatto alcuni, pochi, sono speciali, i più sono persone “normali” che ricevono il dono dello Spirito e riescono a trasformarsi nell’esercizio del loro ministero, altri semplicemente non dovrebbero fare i preti. Perché non sono adatti umanamente, troppo cedevoli al vizio, inclini alla superbia che il potere dello status gli conferisce, scarsamente comunicativi, poveri spiritualmente… insomma con tutti i limiti che ciascuno di noi possiede.
A queste persone non si doveva permettere di diventare prete. Il ruolo e la responsabilità che ricoprono può diventare devastante per i fedeli che gli sono dati in affidamento.
Se a mostrare tali gravi limiti è un monaco, allora basta “ritirarlo” a ruoli più conservativi, al servizio in convento o altre incombenze. Se invece si tratta di un prete secolare, allora non si sa cosa fare. I vescovi che ereditano questi errori che vengono dal passato, da chi ha permesso che questi fratelli si consacrassero nonostante non fossero adatti, non sanno come comportarsi. Rimuoverli dal ministero, come in realtà dovrebbero, sembra crudelmente odioso, così non si fa altro che spostarli da una parrocchia ad un’altra, da un servizio ad un altro, indifferenti “ai danni” che essi compiono di volta in volta: dallo svuotare di spiritualità, entusiasmo e fedeli le parrocchie loro affidate, ai gravi abusi diciamo “sociali” (soldi e sesso!) che si sentono sempre più frequentemente nei telegiornali e giornali.
Io non so cosa “farne” (scusate l’oggettificazione) di questi fratelli erroneamente consacrati preti, so però che il ruolo del vescovo, almeno etimologicamente, è quello di colui che deve vigilare sul gregge: il gregge siamo tutti noi, non solo i preti della sua diocesi. Disattendere i bisogni spirituali dei molti, per coprire gli errori dei pochi non mi sembra in linea con una buona gestione del compito loro affidato… a meno che forse anche alcuni vescovi non dovevano essere promossi a questo ministero.
Saverio Schirò

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