Amori precari

man woman hands holding broken heartSembra, almeno stando alle statistiche, che i rapporti di coppia siano in crisi. La notizia, veicolata dalla stampa “specializzata” e dagli stessi media, sarà certamente vera, tuttavia quello che appare più evidente è il messaggio che sotto sotto vuol farsi passare: i tradizionali concetti di fedeltà, stabilità e progettualità nei rapporti, apparterrebbero ad un mondo arcaico in fase di estinzione, dunque sarebbero da dimenticare. Ma è proprio vero?
Naturalmente sono contrario a quella forma di ipocrisia ammantata da falso moralismo, secondo cui i rapporti di coppia – soprattutto quelli codificati da tradizioni e vincolati da istituzioni civili o religiose – devono resistere vita natural durante, anche in assenza di ciò che è il cemento di tale rapporto, cioè l’amore. Voglio dire con questo che in mezzo ad una tempesta, i sani principi, la buona volontà o la stessa fede in Dio possono fornirci i mezzi per potere resistere alle intemperie, ma non possono garantirci di uscire indenni dall’occhio del ciclone.
Ma perché siamo tutti vittime di queste tempeste disaffettive?
Le ragioni saranno sicuramente tante e complesse e non è raro leggere qua e là le disamine di professoroni e professorine che scrivono nei rotocalchi nazionali. Per parte mia, io posso parlare solo di ciò che salta agli occhi nella esperienza del quotidiano vivere. A me sembra che il dato più evidente che mostra questa società è la perdita di contatto con i suoi valori costitutivi che si traducono in pratica in quella che io chiamo “la precarità degli affetti”, nell’impossibilità, cioè, di tener fede agli impegni.
La novità non è costituita dal numero sempre crescente di separazioni o divorzi ma dalla facilità con la quale le coppie si frantumano.
Vorrei fare un paragone – per molti improponibile e irriverente – con il mondo dell’economia e della globalizzazione.
Fino a tren’anni fa chi trovava un lavoro lo conservava fino all’età pensionabile; si convolava a nozze con la sicurezza dello stipendio, possibilmente ci si poteva permettere di comprare una casa con il mutuo e il tutto cooperava a rendere stabile la coppia e la famiglia. Adesso, soprattutto per i giovani, il lavoro stabile è un miraggio, e quello precario non permette di avere uno stipendio capace di garantire la sopravvivenza di un nucleo familiare. Il matrimonio si posticipa e l’attesa frusta ogni tentativo di progettare il futuro.
Il mondo globalizzato si caratterizza, fra l’altro, per l’aumento esponenziale della domanda e dell’offerta. Ora, pare che ciò che avviene nell’economia, legata alle leggi della domanda e dell’offerta, si sta trasferendo anche nei rapporti umani.
Nel mondo delle relazioni affettive – e sotto il bombardamento martellante dei media –  sta passando un’idea subdola e fuorviante che sta mettendo in crisi la concezione di stabilità della coppia: ogni relazione è in sé effimera e frammentaria. Così, come nell’economia produttiva si tende a stimolare i bisogni attraverso la produzione di nuove offerte alle quali non si può rinunciare, anche nelle relazioni amorose si tende ad aumentare l’offerta e a stimolare la domanda. Corpi nudi e conturbanti che possiamo portarci a casa con gli annuali calendari di marchi prestigiosi; gossip su coppie famose o presunte tali che si giurano eterno amore e che subito dopo si sciolgono come neve al sole; film che propongono la solita salsa di amori infedeli pieni di passioni e trasgressioni allettanti. Tutto un mondo ed un modo di pensare che apparentemente sembra non incidere più di tanto sullo stile di vita dei comuni mortali, mentre in realtà e in maniera subdola e strisciante insinua l’idea che in definitiva non è il caso di impegnarsi sul serio, che il tempo logora qualsiasi rapporto, che l’altro o l’altra possono essere sostituiti alla stessa stregua di una macchina o di un telefonino. La precarietà dei rapporti, l’insoddisfazione latente, il desiderio di cambiare, aprono le porte all’aumento della domanda e dell’offerta anche in campo relazionale.
Una volta, nella maggior parte dei casi, si dava per scontato che le altre coppie fossero fedeli e felici, per cui un certo pudore e una certa dose di rispetto frustavano l’eterno Don Giovanni che è in noi. Adesso, di fronte alla precarietà nostra e degli altri cerchiamo di sfruttare qualsiasi crepa per sprofondare dentro la trasgressione.Tutti diventiamo predatori e prede, immersi in una giungla priva di valori e regole in cui vige la legge dell’opportunità.
E’ evidente che il pianeta è immerso in un coacervo di crisi economiche e sociali che destabilizzano ogni tipo di relazione, ma guarda caso nei paesi industrializzati privi di disordini sociali, dove non si vive l’esperienza delle guerre è proprio il rapporto di coppia ad entrare in crisi. Tutto ruota attorno all’economia e l’economia stessa ruota attraverso l’offerta di beni (molto spesso superflui) che viene promossa attraverso la stimolazione dei bisogni, che a sua volta devono essere soddisfatti. Venendo a mancare i freni inibitori della religione ormai in crisi e del buon senso che dovrebbe caratterizzare ogni mente pensante, i rapporti umani sono stati risucchiati all’interno di questo meccanismo perverso dove gli stessi rapporti affettivi sono entrati a far parte del mercato unico che gestisce in maniera equivalenti merci e persone.
Sarebbe utile e vitale, a questo punto, non recidere del tutto le nostre radici cristiane, perché solo in esse – depurate da dogmi, editti e superstizioni – possiamo trovare le risorse per ridare centralità e dignità alla persona umana.
Scandalizzato dall’andazzo? Direi proprio di no; anzi mi meraviglio quando a difesa della famiglia si evocano i pericoli derivanti dalle convivenze o dagli omosessuali, mentre in realtà la minaccia arriva – in maniera silente, persuasiva e seducente – proprio da coloro che impongono modelli e costumi.

 Giuseppe Compagno

1 COMMENTO

  1. Condivido l’analisi e la diagnosi della situazione familiare che fa Giuseppe, compresa l’amara costatazione che siamo sotto la pressione non troppo occulta della legge del mercato che finisce col condizionare modelli e costumi di vita, che si allontanano dai sani principi che sostengono la stabilita’ della famiglia. Soprattutto condivido l’indicazione di “possibile ed efficace cura” che viene offerta dalla fede cristiana, come promotrice della “centralita’ e dignita’ della persona umana”. Lo ringrazio per questo chiaro e fermo intervento.

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