L’autorità in senso biblico

Tratto da "Cristo Inedito" di Padre Nicola Verga ofm

Cristo sulla terra fonda il Regno dei Cieli.
A questo proposito ci avverte subito che “il suo Regno non è di questo mondo”. Questo potrebbe metterci in guardia e darci il legittimo sospetto che in detto Regno principi e dialettica, che riguardano i governi dei regni di questo mondo, non valgono granché.Cominciamo con il principio di autorità. Per Cristo è un servizio vero e proprio a tutti gli effetti: non deve essere imposto, ma solo offerto, e ritirarsi al primo rifiuto.Comprendendo bene che il lettore forse sta rileggendo di nuovo per assicurarsi se ha letto bene. Ma vediamo come si comporta Lui.
Ai cafarnaiti offre l’eucarestia. La gente rimase semplicemente sconcertata (sfido io, con una simile proposta!). Si allontana indignata e disillusa – Si erano illusi che Gesù col miracolo del giorno prima avesse risolto loro il problema del pane quotidiano, che poi è quello che ha priorità assoluta su tutti i problemi umani – Gesù, capo della Chiesa, non vuole imporsi ai suoi “sudditi”. Devono accettare coscientemente, liberamente responsabilmente. Se non se la sentono , egli semplicemente si ritira senza minacce e recriminazioni.

Agli Apostoli raccomanda: offrite il messaggio. Dove i destinatari incontreranno difficoltà, ritiratevi e scuotete anche la polvere dai piedi. Mi pare sia chiaro: ritirarsi senza minacciare ergastoli.
Avverte Pietro del triplice rinnegamento. Alla risentita proposta dell’interessato si ritira quasi chiedendo scusa.
Con la massima delicatezza cerca di recuperare Giuda. Questi non capisce, o non vuole capire. Gesù non fa nulla per mandare a monte il tradimento. Bastava che quella sera se ne fosse andato altrove. Non lo fece. O tu, Giuda, ti convinci che non devi farlo, oppure, quello che devi fare, fallo presto.
Così agisce Gesù perché così agisce il Padre.
Questi avverte Adamo che non deve mangiare del frutto, poi lo lascia perfettamente libero. Non manda i carabinieri a vigilare, né la polizia a fare inchieste. Egli stesso si comporta come che non ha visto nula e non sa nulla: “Adamo, dove sei? Signore, ero nudo e mi sono e mi sono nascosto. Ma che ti prende oggi? Mai ti sei comportato così”. Egli no  ha visto nulla. Ha cercato di formare una coscienza ad Adamo. Questi rifiuta ed Egli lascia fare. Adamo deve agire in coscienza; se la pensa diversamente faccia pure. Dio accetta che la morte, che nel suo programma originario non figurava affatto, entri nel mondo, ma non si permette di forzare , o di sostituirsi ad una coscienza, anche se forte delle sue divine ragioni.

Lo Stesso Padre fonda il regno teocratico sulla terra. Non vorrebbe i re. I suoi “sudditi” devono farsi coscienza con la legge promulgata per mezzo di Mosè, viverla con coerenza e…basta!
Questi si accorgono che farsi una coscienza è terribilmente impegnativo. Preferiscono declinare la responsabilità. Vogliono un re che con le leggi e decreti  si sostituisca alla loro mancata formazione interiore. Samuele comprende il gran torto fatto a Dio, e, povero uomo che del capo ha il solo concetto umano, si allarma, perde il sonno e passa la notte a pregare. Dio, assolutamente flemmatico, gli dice:”Ma perché la prendi così seria? Non hanno rifiutato te, rifiutato me. Fa’ loro il re e consacralo a nome mio” (1 Sam. cc. 8-12).
Naturalmente Adamo e gli Ebrei devono accettare le conseguenze: Adamo la morte, gli Ebrei qualcosa di analogo, le deportazioni di Assiria e Babilonia.
Dio ci prende terribilmente sul serio. Con lui, noi uomini dobbiamo crescere. A noi conviene restare bambini e avere un padre che ci tolga le castagne dal fuoco, dopo che lui ci ha avvertiti di non metterle.
In altri termini, quella idiozia che fanno tutti gli educatori, specie le tenerissime mamme, cioè di non fare crescere i figli per non farli piangere, questa idiozia, dico, Dio non la fa mai.
In Cristo, Dio fatto uomo, questi è chiamato ad essere dio con lui e come lui -per grazia, non per natura, ma realmente partecipe della divina natura-. In questo impegno, che poi è lo scopo per cui Dio ci ha creati, l’uomo deve sentirsi responsabile quanto Dio.
Questo tipo di riflessioni non li facciamo mai, o quasi, perché è terribilmente impegnativo, e in coscienza.
Quando i figli si cacciano nei guai con le motorette, le tenerissime e amorosissime mamme raccolgono firme per il casco obbligatorio, però non si rendono conto che si sono solo deresponsabilizzate e hanno deresponsabilizzato i figli.
Capisco bene che sto nuotando contro corrente, ma prego seguirmi nella dialettica, nella quale mi riferisco solo all’autorità e alla prassi di Dio e del suo Cristo.
Ad Ezechiele Dio dice: “Ti ho fatto sentinella in Israele. Se  io ti dico di avvertire il peccatore e tu non lo fai, egli morrà nel suo peccato, ma io chiederò conto a te. Se tu invece lo avverti ed egli non ti ascolta, egli morrà nel suo peccato, ma tu sei salvo”. E glielo ripeto due volte, ai cc.3 e 33.
E’ chiaro: Ezechiele, legittimo portavoce di Dio, deve limitarsi a trasmettere il messaggio perché il destinatario si faccia una coscienza. Poi deve lasciarlo perfettamente libero di decidere secondo la sua coscienza. Alto che minacce e sanzioni!
Mi pare che questa sia la Parola e la prassi di Dio nella Bibbia e nella storia, imitato perfettamente dal suo Cristo, e ne deduco che il capo non deve mettere avanti il suo punto di vista, ma solo coordinare la volontà dei sudditi, finché questi non lo mettono contro la sua coscienza. In altri termini, l’ubbidienza non riguarda solo i sudditi, ma anche chi sta a capo.
Cercherò di spiegarmi.
Nel corso bimillenario della Chiesa, questa ha due comportamenti in antinomia tra di loro.
Nell’impatto coll’impero romano la Chiesa cede sempre, subisce, senza reagire, le persecuzioni, finché quello si esaurisce e questa esce allo scoperto e può cantare i funerali dei suoi persecutori.
Nell’impatto coll’impero ottomano la Chiesa decide di usare il diritto di legittima difesa e vara le crociate fino alle battaglie di Lepanto e di Vienna.
Cristo, Re e Capo del suo Regno, si adatta e la prima e la seconda volta. Egli personalmente è per la non violenza assoluta. Nella passione non si permise nemmeno la violenza di chiamarli assassini. Non si difende nella maniera più assoluta. Dinanzi alle calunnie del Sinedrio si limita a fare silenzio.
Ma quando i suoi “sudditi” vogliono difendersi, Egli si adatta e dà loro la vittoria di Lepanto e di Vienna, anche se Egli personalmente non si comportò così.

Questo fa parte del silenzio dell’autorità. Non per nulla Egli lo definisce servizio a tutti gli effetti.
Penso che non ci voglia una laurea per constatare la diversità di comportamento dei “sudditi” cristiani.
La prima volta diedero testimonianza con la miriade di Martiri, loro gloria immortale nei secoli. Nelle crociate diedero tutto, nemmeno una testimonianza ed è anche certo che Lepanto e Vienna non costituiscono una gloria. Nel primo caso la Chiesa mostra il suo volto divino, nel secondo caso invece dimostra di essere fatta di piccoli uomini, che restano tali, nonostante il battesimo.
Cristo, da parte sua, è perfettamente in linea con il Padre che lo ha mandato, come risulta dal Vangelo. Questi infatti non rifiuta Adamo, anzi ne accetta la proposta, ossia la morte, come mezzo di collaborazione nella realtà di Cristo. Questi infatti si realizzerà solo per mezzo della morte, la quale non figurava nel programma originario di Dio Padre.
Questi inoltre non rifiuta gli Ebrei, che continuamente lo mettono alla prova, e non smettono mai di tentarlo.
Cristo, a sua volta, non rifiuta Pietro che lo rinnega, non rifiuta Giuda, che lo tradisce, non rifiuta i dieci che lo abbandonano. Noi certo, se li avessimo avuti in seminario li avremmo cacciati fuori. Cristo invece si limita ad ordinarli Vescovi proprio quella notte. Credo che proprio qui stia la differenza tra S. Francesco e tutti gli eresiarchi e scismatici, da Ario a Lefèbvre, passando per Lutero, Zwingli e Calvino. Quello infatti contesta tutta la gerarchia del suo tempo non meno di questi, e, quel che è peggio, lo fa con la vita, però li accetta in pieno. Gli altri rifiutano. S. Francesco imita il Padre e il suo Cristo. Gli altri rifiutano e, per colmo, si illudono di essere in comunione con lo stesso Padre.

Oggi, per discutibile senso di modestia, il superiore lo si chiama responsabile. Non mi pare nello spirito del Vangelo. A norma di questo, Ezechiele deve rispondere solo alla sua coscienza e a Dio se ha parlato chiaro, non della morte del peccatore. Cristo non risponde delle amenità fatte dalla sua Chiesa nel corso di venti secoli avendola istruita e personalmente e per mezzo dei legittimi rappresentanti (S.Francesco ne è il più autorevole).
A conclusione, nessuno mi consideri un avallo a chi si ribella per l’abuso della legittima autorità, come fanno i rivoluzionari di tutti i tempi. Alla luce di Dio e del suo Cristo devo considerarla la più marchiana idiozia che può fare l’uomo. Cristo ebbe il coraggio di accettare come dono del Padre l’abuso d’autorità del Sinedrio, legittimo rappresentante del Padre, che lo condannava a morte (scusate se è poco!),
Se permettete, sono con lui, Sapienza del Padre fatta uomo.

Tratto da: Cristo Inedito, di P. Nicola M.Verga

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