L’ansia del tempo e la paura di fermarsi

Che paradosso: quel “tempo” che fortunatamente cancella ogni dolore, ogni amarezza, ogni sconfitta, è lo stesso che imperiosamente si porta via i momenti più gioiosi e felici della nostra esistenza. Molto spesso, dopo una festa, un divertimento, un evento felice, affiora un po’ di nostalgia e si è assaliti dall’angoscia di non aver potuto fermare il tempo, di non aver potuto assaporare più a lungo quell’attimo fuggente. Riflettendoci ci si accorge che l’essere umano è pieno di contraddizioni: da un lato il tempo si rincorre o si “ammazza”: non vediamo l’ora che arrivi il 27 del mese, che arrivino le vacanze di Natale, di dare l’addio al vecchio anno con la speranza che il prossimo sia migliore. Si aspettano con ansia le vacanze di Pasqua, si contato i giorni dall’arrivo dell’estate… salvo poi accorgerci, guardandoci allo specchio, dei segni del tempo impressi sul nostro volto.
Per contro, per sopprimere l’angoscia del tempo che scorre inesorabilmente, si cerca a tutti i costi diadolescenti sempre-connessi ai social riempirlo di impegni, di incontri più o meno futili. Cosa c’è di meglio delle nuove tecnologie e dei social network per rassicurarci che siamo importanti, connessi, partecipi di una realtà che seppur fittizia ci fa sentire vivi, utili e addirittura indispensabili? L’importante è sentire qualcuno che parla o scriva qualcosa (il contenuto ha poca importanza), qualcuno che ci distragga, qualcuno che riempia quel senso di vuoto impossibile da colmare.
Cos’è quella corsa affannosa alla ricerca dei regali se non la fuga dal confronto con una nascita – quella di Gesù – che ci interpella e mette in crisi la nostra coscienza, troppo spesso dimentica di se stessa e risvegliata ad ogni vigilia?
Purtroppo dobbiamo constatare che nella maggior parte degli uomini affiora la paura di restare soli, senza capire che nella solitudine, voluta e ricercata, si rivela la capacità di guardare dentro il nostro paesaggio interiore che ci mette in contatto con la nostra anima. L’anima conosce tutto di noi e sa che non siamo né bestie né angeli e che anche se siamo venuti alla luce brancoliamo nel buio, cercando all’esterno quello che in realtà abbiamo dentro.
Cosa sono le troppe ore trascorse davanti alla televisione? Che cos’è il senso di noia che avvertiamo quando “non c’è niente da fare” e istintivamente apriamo il frigo? Come si spiega l’ansia di chi, pur avendo un lavoro, si dà da fare per cercarne un altro? E l’impazienza di quei genitori che invece di godersi la crescita dei loro figli, di gustare i momenti di gioia, gli attimi presente, si affannano per costruire loro le case, proiettandosi in un futuro immaginario, pensandoli già ammogliati (o maritate) nelle loro case? Che cos’è se non la paura di fermarsi, di confrontarsi con la realtà del presente.
Per chi è saggio l’importante è “essere”, per i più, invece per sentirsi vivi bisogna fare, avere e apparire. Mi viene in mente la storia di Johnatan il gabbiano, criticato e deriso dai compagni perché, invece di affannarsi alla ricerca del cibo, se ne stava su in alto a contemplare le meraviglie che si affacciavano alla sua vista. Mi risuonano nella mente le parole di Gesù: “Non preoccupatevi di quello che mangerete domani di come vestirete… non affannatevi….”. Io direi: pensiamo all’oggi, fermiamoci per goderci l’attimo presente (l’unico di cui abbiamo certezza), riflettiamo sul senso ultimo della vita, su ciò che veramente è bene per noi e per gli altri.
barcaIl tempo, come un fiume, scorre inesorabilmente e non conosce ostacoli nella sua corsa verso il mare.. Noi non possiamo fermarlo, né accelerarne la sua corsa, né tanto meno invertirne il corso. Noi possiamo solamente decidere come affrontarlo. Possiamo lottare vanamente contro il suo fluire inarrestabile oppure decidere di metterci sulla nostra piccola barca a remi e affrontare i suoi flutti e accettare i rischi che ogni viaggio comporta, ma con la possibilità di fermarsi e specchiarsi nelle sue limpide acque e dire: “sono qui, con le mie certezze e i miei dubbi, con le mie forze e i miei limiti, ma soprattutto con la consapevolezza di avere dato un senso al viaggio che ho intrapreso, malgrado tutte le difficoltà e gli ostacoli che ho incontrato e incontrerò lungo il cammino.
Auguro a tutti voi di vivere il 2016 all’insegna delle LENTEZZA.
BUON ANNO
Giuseppe Compagno

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