Introduzione al Nuovo Testamento

Per capire più in profondità il Nuovo Testamento occorre per prima cosa penetrare nel suo Sitz im leben (impariamo questa nuova parola tecnica della teologia: è tedesca ed indica l’ambiente vitale). Dobbiamo, in pratica, ricollocare il suo sviluppo nell’ambiente in cui si è svolta la sua storia e sono nati i suoi libri. L’ambiente giudaico in primo luogo, perché Gesù, pur essendo il capostipite e l’ispiratore di una nuova religione, non fu un cristiano ma visse pienamente la sua condizione di ebreo e durante la sua predicazione non varcò mai i confini della Palestina.
Ai giudei furono indirizzate le prime predicazioni e di autori giudei furono i primi scritti cristiani. Successivamente il cristianesimo nascente ha allargato il suo raggio di azione irradiandosi in tutte le contrade in cui si erano stabilite delle colonie giudaiche: Siria e Mesopotamia, in tutte le coste del Mediterraneo e nel suo entroterra.
Dal punto di vista politico, la maggior parte di questi territori dipendeva dall’Impero Romano, ma dal punto di vista culturale,  queste popolazioni erano immerse nella filosofia e nella religiosità pagana di matrice ellenistica. L’uso comune della lingua greca parlata, la Koiné (ed appunto in greco-koiné fu scritto tutto il Nuovo Testamento), favorì la rapida diffusione della nuova religione in questi territori, trovando inizialmente molti aderenti tra le fasce più povere delle comunità giudaiche ma diffondendosi sempre più nei vari strati sociali e coinvolgendo infine le popolazioni locali.
Per situare il Nuovo Testamento nel suo retroterra storico e culturale occorre dunque seguire tre direzioni: conoscere l’ambiente politico, culturale e religioso del giudaismo, dell’Impero Romano e della cultura greca. Ovviamente riferedosi al I° secolo dopo Cristo.
Spulciate vecchi libri di storia, di filosofia, perché no, di geografia, ricercate tutto quello che può farvi avere una idea di quel mondo, di come si viveva, delle condizioni economiche, delle idee morali, della religione pagana greco-romana e delle sue pratiche di culto; della organizzazione politica e amministrativa della potenza romana, della mentalità del popolino…
Non si può sapere tutto, è ovvio, perché è un campo troppo ampio, tuttavia cercare di immergerci in quel clima ci sarà di molto aiuto per comprendere al meglio il passaggio dalla predicazione di Gesù, a quella dei primi apostoli e infine al contesto delle prime comunità cristiane dove questa predicazione ha trovato realizzazione concreta e nel cui ambito in pratica sono nati i testi che formano oggi il Nuovo Testamento.

Noi oggi ci consideriamo cristiani, cioè discepoli di Cristo, ed è corretto, tuttavia dimentichiamo che prima di essere “il Cristo”, cioè il Messia, l’uomo di Nazareth era Gesù. Dire di Gesù che era il Cristo, è già una interpretazione della sua vita e della sua predicazione, ed il modo di come lo intesero i primi discepoli. Ma noi ci definiamo cristiani e non “gesuani”, come sarebbe logico se davvero fossimo seguaci di Gesù. Ciò vuol dire che fra noi e lui esiste un filtro interpretativo: quello dei suoi discepoli. In realtà di filtri ce ne sono almeno altri due, quello degli scrittori del Nuovo Testamento (che non furono testimoni oculari, ma ascoltatori dei testimoni!) e quello un po’ più ingombrante della chiesa che nel corso dei secoli si è appropriata del diritto di essere l’unica interprete di quegli scritti. Massimo rispetto, sia chiaro, ma mi chiedo: cosa ci impedisce di approfondire autonomamente la conoscenza della Sacra Scrittura? Cosa ci impedisce di iniziare una appassionante ricerca di quel Gesù che sta alla base della nostra fede?
Cosa ci impedisce di cercare di penetrare dentro questo magnifico mistero superando, per quanto ci è possibile, tutti i filtri che si sono frapposti tra noi e Lui?Sarebbe arrogante pensare di potere risolvere una realtà così ampia che ci sovrasta in maniera sproporzionata, con le sole nostre forze: noi siamo piccoli e inutili in confronto alla maestà ed alla assoluta alterità di Dio. Certo bisognerà appoggiarsi ai giganti della fede, della santità e della sapienza, a quegli uomini eccezionali che prima di noi e meglio di noi, questi problemi li hanno affrontati e ci hanno perfino speso la vita, però è naturale che la distanza rimarrà comunque incolmabile.
Vale la pena, allora? Sì, vale la pena perché se davvero lo desideriamo, possiamo entrare dentro questo mondo a pieno titolo. Dobbiamo essere consapevoli però che da ogni domanda ne scaturiranno sempre altre e sempre più complesse e che alla fine avremo collezionato solo domande e poche risposte. Ma non importa, la domanda è già vita!

Domande, domande, domande, domande, domande, domande, mille domande
Ogni domanda è un orizzonte nuovo che si apre… per viverci, però, bisogna entrarci dentro!

Saverio Schirò

 

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