Farsi un’interiorità secondo Cristo

Tratto da "Cristo Inedito" di Padre Nicola Verga

La prima cosa che Cristo mette avanti a chi vuole instaurare un dialogo con lui è una “metànoia”, ossia un cambiamento totale e radicale di mentalità. E’ la “conditio sine qua non ” per iniziare un dialogo con lui; e per farcene capire l’importanza basilare manda avanti il Precursore a predicare un battesimo di metànoia, ed egli stesso comincia col “Convertitevi e credete al Vangelo” ( Mt. 4,17 e Mc. 1,15).
Dobbiamo pur persuaderci che spesso noi cristiani, a tutti i livelli, santi compresi, non siamo dei convertiti, continuiamo a guardare alla nostra realtà di battezzaticon mentalità umana per niente convertita. Chi vuole dialogare con Cristo deve convincersi che egli è Dio fatto uomo a tutti gli effetti, perchè l’uomo diventi Dio a tutti gli effetti.
Tutto questo importa una metànoia, ossia radicale cambiamento di mentalità. Ciò significa che se vogliamo intenderci con Cristo, dobbiamo smetterla di guardare alla nostra realtà di battezzati con occhio puramente umano, quale è quello delle scienze; dobbiamo guardarla con occhio di Dio, che in Cristo “ri-crea” ex novo tutta la creazione.
In questa realtà l’uomo deve innanzi tutto farsi battezzare per entrarci. Una volta battezzato lo è per grazia, e deve sentirsi impegnato col Padre quanto lo stesso Cristo. Questo importa ancora crearsi un rapporto d’intimità strettamente personale col detto Padre, ossia crearsi un’interiorità reale tale che sia la ragion d’essere e il “leit motiv” di ogni sua azione e impresa.
Noi, legati alla nostra sensibilità -che abbiamo in comune con le bestie- non riusciamo a capire che Dio e il suo Cristo giudicano la nostra azione esclusivamente da questa inetriorità. Noi difficilmente pe nsiamo che Cristo giudica le nostre imprese non dalla riuscita più o meno brillante, o dal fallimento più o meno traumatizzante, ma, e solo dalla interiorità di cui sono permeate.
E’ per questo che, alla donna che dichiarava beata sua madre per la divina maternità, Gesù precisa: mia madre è beata perchè si è creata questa inetriorità e l’ha vissuta con coerenza (Lc. 11,27-28).
L’obolo della vedova ( Lc. 21, 1-4) di fatto non sfamava nessun povero, mentre i bigliettoni dei ricchi di fatto sfamavano i poveri.
Eppure questi Cristo non li vede nemmeno, mentre vede i due miserabili spiccioli e li fa notare agli altri. Effettivamente nei bigliettoni l’inetriorità, che c’era nei due spiccioli, non c’era.
Meditando la passione di Cristo, magari ci sciogliamo in lacrime di passione. Forse percè la consideriamo da quello che appare umanamente, un fallimento. Difatti Egli muore in croce, tra due assassini, abbadonato dagli amici, che non lo avevano mai capito, insultato dai nemici che lo capivano, ma lo rifiutavano. Si era fatto dei discepoli, ma ora li abbandonano delusi, e, nonostante le profezie sulla resurrezione, non ci credono. Una fine squallida, e per questo forse lo compatiamo.
Cristo invece muore con un grido di vittoria, che non è reso dall’italiano: tutto è compiuto, e forse nemmeno dal latino della Volgata: consummatum est. S.Giovanni usa la parola greca “tetèlestai”, che significa: A perfezione! Ce l’ho fatta!
Perché? Perchè sa che Egli, l’uomo Cristo, nella missione di rivelatore del Padre ce l’aveva messa tutta l’interiorità di cui era capace.
Noi riflettiamo poco sul fatto che tutta la lotta tra Gesù e i Farisei verteva su questo punto: questi si contentavano delle sole formalità, mentre egli insisteva che si formassero un’interiorità.
Il fariseo della parabola (Lc. 18, 9-14) non è rigettato perchè enumera le sue benemerenze (anche S. Paolo enumera le sue in 2Cor.11,21 -12,18). E’ rigettato perchè credeva di essere arrivato con le sue formalità inecceppibili, mentre il pubblicano, senza tante formalità operava una vera conversione interiore.
Per Gesù personalità, libera, dignità, etc. sono valori se precedono da una interiorità. Egli mai si dimostrò e si sentì così libero come quando, sulla croce, non potè nemmeno scacciarsi le mosche. Non si lasciava condizionare nemmeno da una concreta condanna a morte.
Oggi noi ci sbracciamo a predicare la dignità   persona umana, immagine di quella divina di Cristo. Solo che dimentichiamo di far notare che in Cristo era talmente interiorizzata che il colpo di lancia, che gli spaccò il cuore, non la sfiorò nemmeno.
L’effetto di questa dimenticanza è che, a tutti i livelli, nessuno vuole fatte osservazioni, perchè si teme la menomazione della propria personalità. Cristo invece non mostra di sentirsi menomato nella sua persona divina dagli schiaffi e dagli sputi dei suoi avversari. In questo la personalità era veramente interiorizzata, e poteva prendersi il lusso si compatire chi lo insultava. In quelli invece è solo superficialità, epidermide che rizza il pelo al primo sbuffo di vento: proprio come il gatto appena spaventato.

Tratto da “Cristo inedito” di P. Nicola M. Verga

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