Come rovinarsi l’esistenza: l’invidia

Gli uomini non conoscono la propria felicità, ma quella degli altri non gli sfugge mai!” (Pierre Daninos).

Lo scrittore e umorista francese ha colto nel segno; l’invidia è una delle bestie nere della vita degli uomini, un verme malefico che si nutre dei buoni sentimenti delle persone, lasciandogli intatti quelli… cattivi!

“Io invidioso? Assolutamente no! Goloso sì, magari anche superbo. Invidioso però, io, no!». C’è qualcuno disposto ad ammettere di esserlo? Pare proprio di no. Tutt’al più ci va di passare per uno spirito critico. Quando, però, il signor “spirito critico” parla, ad esempio, del suo collega di lavoro senza volerlo scopre le carte. Infatti, premesse – sia pure a denti stretti – capacità e qualità del collega, quanto prima cambia registro per metterne in piazza difetti,incompetenzeinaffidabilità e via elencando.
Forse sono tutte cose vere, invidiaforse, ma dette così hanno un unico fine: demolire più o meno subdolamente la presunta o reale superiorità del collega che tanto lo frustra facendolo sentire inferiore. È un giochetto che prende dentro un po’ tutti, anche se non lo vogliamo ammettere perché sarebbe svelare la parte più meschina e vulnerabile di noi stessi: cosa che non fa piacere a nessuno.

Frustrazione

L’invidia – piaccia o no – è un terribile frustrazione. Non solo ce la troviamo dentro ma, come dice la stessa parola in-vidia (dal latino in-vidére/non vedere nel senso di vedere tutto distorto e di mal occhioci fa veder male, nel senso che rende il nostro occhio cattivo fino a non vedere più l’altro e a volerne addirittura la sparizione (lontano dagli occhi, lontano dal cuore, come cantava una vecchia canzone di Sergio Endrigo). Visto da lontano, l’invidioso appare normale. Se però si presta attenzione al tono di fondo delle sue conversazioni, al modo in cui vive le relazioni e ai giudizi che insinua non è difficile accorgersi di avere di fronte una persona triste e scontenta. L’invidioso, infatti, nonostante le apparenze e i modi cordiali, cova sentimenti negativi che sfiorano il rancore, l’ostilità e, talvolta, anche l’odio verso chi ha in sé qualcosa che a lui non è dato avere. Il sentimento di tristezza che ne consegue spinge l’invidioso a ricuperare fiducia e stima verso se stesso. Come? Demolendo più che si può chi è causa inconsapevole della propria frustrazione.

La Bibbia

Stando alla Bibbia, l’invidia si insinua fin da subito, addirittura nella relazione tra due fratelli Caino e Abele. Caino patisce dolorosamente il confronto con il fratello. Il presunto successo di Abele davanti a Dio gli provoca un acuto senso di inferiorità e un’insopportabile umiliazione. Eliminarne la causa è la dinamica di Caino e di ogni invidia. San Tommaso D’Aquino definisce questo brutto vizio come “dolore per il bene altrui”, così che tra tutti i vizi, è quello che non dà nessun piacere, anzi provoca solo tristezza. L’invidia, perciò, è sempre un‘emozione tutt’altro che… invidiabile. Essa è impotente, paurosa e tuttavia incessante nel suo appetito: non conosce soddisfazioni. È un tormento senza fine. Senza caricare troppo le tinte, resta vero il fatto che essa segue l’uomo come la sua ombra. Per questo motivo è il peccato per cui si dovrebbe stare più in ginocchio, purtroppo però, è anche quello che più si cerca di nascondere.

L’invidia nasce dall’inevitabile continuo confronto con chi ci sta accanto. Per fortuna non ogni confronto finisce alla Caino/Abele. Non di rado viene sentito come un pungolo alla competizione e all’emulazione; una provocazione, cioè, a tirar fuori il meglio da noi stessi sul piano professionale, relazionale, intellettuale, economico e così via. Caino, invece, entra in azione quando il confronto viene vissuto come una minaccia alla nostra presunta superiorità. Se il nostro equilibrio affettivo non è abbastanza saldo corriamo il rischio di venirne corrosi. Dice la bibbia: “l’invidia è la carie delle ossa” (Proverbi 14.30).

Confronti micidiali

Che cosa invidiamo negli altri? Tutto ciò che ci fa sentire “meno”, “inferiori”, “frustrati”, “non realizzati”. Quando la propria autostima è ballerina, qualsiasi confronto non sentito vantaggioso diventa un attentato alla propria immagine. E di confronti ne abbiamo di continuo, tanti quanti sono le nostre relazioni quotidiane: nella scuola, sul lavoro, nella professione, in famiglia. L’invidioso deve, quindi, fare i conti con se stesso, con la sua debole personalità. Altro non è che un orgoglioso frustrato che non accetta di essere messo ai margini da chi lo fa sentire inferiore perché ritenuto più bravo, più interessante, più divertente, più fisicamente dotato di lui. È quel maledetto “più di lui” che lo umilia e lo fa sentire inferiore: ingiustamente inferiore. Eliminare quel “più”, non importa come, ne va della sopravvivenza psicologica. Purtroppo, l’invidioso confonde l’essere alla pari con l’essere identici. E poiché – grazie a Dio – non siamo tutti uguali, il confronto non solo è vissuto male, ma è sempre negativo, fonte di sofferenza. E’ un avvitarsi su se stessi le cui conseguenze possono andare molto in là. Caino non perde mai di attualità!

La terapia

Esiste una terapia contro l’invidia o dobbiamo rassegnarci a rovinarci l’esistenza? L’invidia non si estirpa, ma controllarla si può! In fondo, l’invidioso è solo un affamato di stima, di simpatia, di attenzione: in una parola di amore. Quali passi terapeutici mettere in essere?
Il primo è riconoscere che anche noi siamo rosi più o meno seriamente dall’invidia.
Secondo: toglierci dalla testa l’illusione che eliminando la causa della nostra invidia troveremo la pace.
Terzo: accettarci come siamo con i nostri limiti, ma soprattutto scoprire tutti gli aspetti belli e positivi che ognuno di noi ha. L’autostima è fondamentale per vivere e relazionarci agli altri in modo bello e libero. Il passo decisivo per cresce nella nostra autostima è guardarci con gli occhi innamorati del Signore Gesù. Solo in Lui ci scopriamo amati in un modo esagerato. Il suo sguardo d’amore, accogliente, pieno di interesse per ciascuno di noi trasforma i nostri sentimenti e il nostro sguardo da negativi in positivi. Solo la bellezza dell’Amore salva la nostra vita!

di Sabino Frigato

2 COMMENTI

  1. Una domanda che ineludibilmente si pone è, appunto, perchè a un mio vicino , o a uno/a che ha percorso un pezzo della sua vita insieme a me deve essere data un’opportunità così affascinante da poter fare a meno di me, e a me no?
    O perchè a uno è dato vivere molto più a lungo e in salute (e in felicità ) che a un altro?

    • Data da chi? L’idea che qualcuno, Dio compreso, regoli la vita del creato in maniera puntuale e personale, è un mito che andrebbe riveduto. La questione è molto più complessa.

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