Credere e diventare discepolo di Cristo è frutto di un incontro spirituale. Ma se vogliamo conoscere Gesù e il suo messaggio, dobbiamo leggere e capire il vangelo. Prima di cominciare la lettura, bisogna tenere bene a mente alcune cose, per evitare di rimanere disorientati. Nel vangelo, infatti, si leggono bellissime parole che fanno emozionare, ma ad una semplicissima analisi letteraria emergono tutta una serie di problemi: palesi contraddizioni; racconti che sanno di favole, avvenimenti troppo straordinari per sembrare reali. Pretesa di credere a eventi molto al di sopra della nostra capacità di comprensione, insomma.

Per prima cosa, bisogna tenere presente che Gesù non ha comandato a nessuno di scrivere ciò che lui ha detto, fatto o predicato. E nessuno infatti, per quanto ne sappiamo, ha preso appunti. Coloro che hanno deciso di scrivere qualcosa, lo hanno fatto per obbedire a necessità precise: quelle di una comunità particolare. Anzi è bene precisare che quello che è stato scritto non si riferisce direttamente alla vita di Gesù ma ai racconti dei predicatori. Se questi predicatori fossero di prima, seconda o terza mano, cioè se avevano conosciuto personalmente Gesù, non ci è dato di saperlo con certezza. Dimenticate i nomi, Marco e Luca, Matteo o Giovanni riferendoli agli apostoli: i vangeli non sono firmati. Gli autori sono attribuzioni della tradizione. Ma non c’è alcuna certezza. Meglio così. Infatti altrimenti non potremmo spiegarci come episodi simili siano raccontati in modo così differente. E altri, eclatanti, neppure vengono citati dai supposti protagonisti (uno per tutti l’episodio della trasfigurazione dove sarebbe stato presente Giovanni, ma nel suo vangelo neppure se ne accenna!)

Seconda considerazione: i vangeli non sono stati scritti per te che adesso li hai in mano. Ma come no? Esatto. Non sono stati scritti con la chiaroveggente consapevolezza che un giorno il mondo sarebbe diventato acculturato. Quando sono stati scritti, nel primo secolo, dal 45 al 100, quasi nessuno sapeva leggere. Per di più solo i professionisti della scrittura, i cosiddetti scribi. Dunque l’indirizzo dei vangeli non erano le singole persone, ma le comunità cristiane, come abbiamo detto. Il testo veniva letto e spiegato da chi lo sapeva fare. Fra l’altro, affrontavano la vicenda di Gesù guardando ai problemi di quella particolare comunità. È verosimile che i gruppi della stessa area geografica conoscessero solo un vangelo, e per diversi secoli, intere comunità sono vissute e cresciute nella fede appoggiandosi a testi che più tardi la chiesa avrebbe dichiarato apocrifi!

Ancora: il testo dei vangeli non è per niente facile. Sembra semplice e diretto, ma se lo prendessimo alla lettera commetteremmo enormi errori di valutazione con conseguenze talvolta catastrofiche e drammatiche. La storia della chiesa ce lo testimonia tristemente e, ahimè, anche le cronache di questi anni presso confessioni religiose che prendono la scrittura alla lettera. La scrittura va interpretata ed occorre una preparazione specialistica: bisogna conoscere l’ambiente, la cultura del tempo, la storia, le usanze, l’archeologia dei luoghi e non è mai abbastanza. Anche perché chi ha scritto non era uno sprovveduto, ma uno specialista della scrittura. Infatti si tratta di capolavori letterari dove ogni racconto, frase, termine non è scritto a caso, ma ha un suo preciso scopo e significato e risponde ad una esatta struttura teologica.

Infine, ma l’argomento non può considerarsi esaurito, la traduzione. I Vangeli sono stati scritti in greco, quello parlato a quei tempi, la così chiamata Koiné. Una lingua che non esiste più. Molti termini presi dall’Antico Testamento sono già una traduzione in greco dall’ebraico. Infine giunge nella nostra lingua. Una traduzione sbagliata, veicola un messaggio sbagliato. Alcuni si sono impegnati la vita, altri se la sono giocata per poi scoprire che il termine era stato tradotto in modo erroneo. Una grandissima responsabilità. Un solo esempio: laddove Gesù mai ha invitato qualcuno a fare sacrifici o fare penitenza, mai! La traduzione del primo capitolo di Marco, “Convertitevi e credete al Vangelo” per secoli è stato riportato come “Pentitevi e credete al Vangelo” con invito implicito a fare penitenza che ha visto per secoli poveri monaci e povera gente flagellarsi e fare sacrifici inumani per ottenere una misericordia che Gesù aveva già concessa gratuitamente.

E ancora oggi qualcuno continua… perché qualcun altro lo predica!

Saverio Schirò

 

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