(Anno A) II domenica di Pasqua

«PERCHÉ TU MI HAI VEDUTO, HAI CREDUTO»
(At 2,42-47; Sal 117; 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31)

       Ha veramente ragione Papa Francesco nel raccomandarci di leggere e meditare in questi giorni le vicende della Risurrezione del Signore, perché ci aiutano a rivedere la nostra fede, a rinnovarla, a renderla più salda e più gioiosa. La fede dei discepoli deve proprio alla resurrezione il suo motivo di essere, il suo entusiasmo e la sua forza di evangelizzazione.
É ben giusto allora che ci lasciamo condurre da questa pagina luminosa del vangelo che ci fa rivivere i momenti più toccanti e sconvolgenti che hanno definitivamente cambiato la vita dei discepoli. Il Vangelo di questa domenica ci porta alla sera di quel primo giorno della settimana dopo che Gesù era stato posto nella tomba nuova che Giuseppe d’Arimatea gli aveva messo a disposizione.
L’insistenza sul “primo giorno della settimana” non è del tutto casuale, perché Giovanni intende suggerire che qualcosa di assolutamente nuovo sta per accadere, o è accaduto, in questo giorno, tanto da diventare l’inizio di una nuova fase della storia per tutta l’umanità.
Ebbene, fin dal mattino di quel giorno si erano verificati dei fatti inquietanti ed incredibili nello stesso tempo. Maria di Magdala che si era recata al sepolcro ancor prima dell’alba, aveva trovato la pietra rotolata via ed era andata di corsa a chiamare Pietro e Giovanni per informarli della scoperta; i due si erano precipitati al sepolcro ed avevano costatato che la tomba era vuota, ma che erano stati lasciati i teli ed il sudario; Maria di Magdala, poi, aveva visto il Signore e lo aveva raccontato ai discepoli.

       Eppure tutti questi eventi straordinari non erano riusciti a cambiare ancora il loro cuore. La scena che ci viene presentata li descrive mentre si trovano con le porte del cenacolo ben serrate, pieni di paura nei confronti dei Giudei. Sono turbati, impauriti, pieni di confusione, di amarezza e di delusione. Gli indizi offerti loro non erano serviti a metterli in allerta, anzi li avevano confusi di più. A questo punto, come, al solito, è Gesù che prende l’iniziativa, perché è Lui che ama di più e non può vedere i suoi amici in quella situazione di turbamento.
Così, al di là di ogni aspettativa, ecco che “viene”, nonostante le porte chiuse, e se lo trovano in mezzo a loro che dice semplicemente: “Pace a voi!”. Una parola semplice, ma che in quel momento diventa capace di spazzare via ogni forma di paura, turbamento e dubbio, mentre riempie i loro cuori di pace e di gioia. “Ed essi gioirono al vedere il Signore”. E Gesù ripete il saluto, dopo aver mostrato le mani ed il costato, come a rassicurarli già con questo che è proprio Lui, Gesù di Nazaret, Colui che era stato crocifisso.

       Il Maestro però non si ferma ai convenevoli, ma va subito al sodo, facendo comprendere che la sua opera deve continuare, e che essi sono coinvolti pienamente nel progetto di Dio.
Gesù li aveva preparati per la missione: «
Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Nonostante tutto quello che è successo, Gesù continua a fidarsi di loro. Sa però che hanno bisogno di essere rinnovati interiormente, che la loro fede deve diventare salda come la roccia, perché gli altri che verranno si dovranno fidare a loro volta di essi.
Ed ecco che interviene subito con la cura adatta. Soffia su di loro, come all’inizio della creazione Dio soffiò su Adamo ed Eva, infondendo in loro il suo Spirito e la vita, e si compie una nuova creazione. I discepoli sono rigenerati e resi capaci di rigenerare a loro volta:
«Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Al di là delle nostre debolezze e delle nostre miserie, c’è la misericordia di Dio che è più grande del nostro peccato, e ci consente di andare avanti e di riprenderci ogni volta che cadiamo nel peccato.

       caravaggioL’incontro con Gesù risorto ha trasformato i discepoli. Ma non tutti erano presenti a questo indimenticabiloe incontro. All’appello mancava Tommaso. Non sappiamo come mai non era con loro, sappiamo solo che non può stare senza i suoi amici. Così li va a trovare. Ma appena giunge nella casa che li accoglieva, viene come travolto dall’entuasismo degli altri discepoli che non facevano che ripetere che avevano visto il Signore. Frastornato dalle loro voci e dalla loro euforia, Tommaso reagisce duramente. Li prende per visionari e per esaltati e pretende, secondo lui, di riportarli con i piedi per terra, esigendo le prove: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
L’incredulità di Tommaso serve a consolidare la fede degli altri, che continuano a ribadire la loro certezza di avere visto Gesù risorto e vivo. E questo dura fino alla settimana successiva, ancora una volta fino al primo giorno dopo il sabato. La sera di quel giorno, mentre si trovavano ancora tutti nello stesso luogo, ecco che Gesù viene in mezzo a loro e li saluta come al solito: “Pace a Voi!”.

       Quale delicatezza da parte di Gesù! Egli vuole che anche Tommaso si rassereni, ma con la certezza che hanno raggiunto gli altri, perchè anche per lui c’è la missione che lo aspetta e deve essere pronto con una fede a tutta prova. Così si rivolge direttamente a Tommaso e lo invita a fare tutto quello che aveva chiesto come condizione. Tommaso, detto Didimo, cioè nostro gemello, accetta il dolce richiamo di Gesù, “non essere incredulo, ma credente”, ed esplode subito nella più completa professione di fede, mai raggiunta fino a questo momento: «Mio Signore e mio Dio!».
Sì, è vero che Gesù aggiunge che “sono beati coloro che senza avere visto hanno creduto”. Ma Tommaso ha visto ed ha creduto. Ritengo che questo collegamento tra vedere e credere, sia quasi connaturale. Anche di Giovanni ci viene detto che “e vide e credette”. Anche i due di Emmaus hanno visto ed hanno creduto. Pietro parlando ai Corinti, afferma
«Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui.».
Ma anche senza vedere Gesù, rimane l’esigenza di vedere testimoni credibili, che ci lasciano intravedere nella loro vita la presenza viva di Gesù. Le parole di Gesù sono rivolte a noi, sia come credenti, sia soprattutto come testimoni, mandati da lui.

        Giuseppe Licciardi (Padre Pino)

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