(Anno C) XXXII domenica del tempo ordinario

«IL SIGNORE NON É DIO DEI MORTI MA DEI VIVENTI»
(2Mac 7,1-2.9-14; Sal 16; 2Ts 2,16-3,5; Lc 20,27-38)

            In questo periodo dell’anno, in cui abbiamo appena commemorato i nostri cari defunti, la Chiesa ci offre la  preziosa opportunità di riflettere su alcune delle verità più esaltanti e qualificanti della nostra fede, contenute nelle affermazioni conclusive del Credo: “la risurrezione della carne e la vita eterna”. Il fatto che sono poste al termine della nostra professione di fede non è perché siano meno importanti, ma perché rappresentano la meta finale che siamo chiamati a raggiungere, la pienezza della nostra esistenza, la realizzazione suprema della nostra speranza. Se venisse meno questo esito positivo e glorioso, la nostra vita rischierebbe di essere senza senso, di precipitare nel pauroso e vuoto abisso del nulla. Ma il nostro Dio è il Vivente, il Dio amante della vita e se ci ha creati è per renderci partecipi della sua stessa vita e perché noi la ricevessimo in pienezza. A Dio non piace lasciare la sua opera incompiuta, ma vuole che ogni vita raggiunga il massimo della sua potenzialità e che in ogni essere vivente risplenda la sua gloria. Il solo pensare che la vita dell’uomo si debba concludere miseramente con la morte, significherebbe dichiarare il fallimento dell’opera di Dio. Ma Dio ci ha creato perché avessimo la vita e l’avessimo in sovrabbondanza.

            Questa certezza di fede è stata la forza che ha consentito all’eroica madre, di cui ci parla oggi la prima lettura tratta dal secondo libro dei Maccabei, di affrontare con enorme coraggio la crudele e spietata uccisione dei suoi figli, che venivano sgozzati davanti ai suoi occhi per il solo motivo di essere degli ebrei, dei credenti in Javeh, il Dio dei loro Padri, il Dio unico e vero. Quale madre avrebbe potuto sopportare un dolore così atroce, se non fosse stata sostenuta da una profonda e incrollabile fede nel Dio che dà la vita anche al di là della morte? Quale madre non avrebbe fatto di tutto pur di salvare la vita dei suoi figli? Ma questa madre è capace di fare l’impossibile, cioè vedersi uccidere uno dopo l’altro i suoi sette figli, pur di non rinnegare la sua fede, per lei più preziosa della sua stessa vita e della vita dei suoi figli. A distanza di oltre due millenni, ancora oggi ci sentiamo profondamente commossi nell’ascoltare le testimonianze di straordinario coraggio di questi ragazzi, che non hanno paura di perdere la loro vita e di vedere squartate le loro membra, perché Dio l’avrebbe ridata loro moltiplicata ed integra in tutte le sue membra. Quale incredibile lezione di coerenza e profondità di fede non ci danno oggi questi ragazzi!

            Le scene evocate da questo ricordo biblico non sono purtroppo solo scene ormai superate, perchè anche oggi in Iraq ed in altre parti del mondo si ripetono gesti brutali come questi: mamme che si vedono sgozzare davanti agli occhi figli, sposi, fratelli, amici e genitori per il solo fatto che portano nel cuore, ed anche visibilmente, il segno della Croce. La barbarie non è stata ancora superata nel cuore degli uomini, che non sono capaci di accettare le diversità di pensiero e di fede religiosa e pretendono di sottomettere i cuori e le volontà degli altri accusandoli come non credenti o blasfemi, solo perché professano una fede diversa dalla loro. Chi non si sottomette non ha diritto di vivere, viene perseguitato, violentato (se sono donne) ed ucciso senza pietà. Ma come fanno questi ragazzi/e, giovani, adulti ed anziani/e a resistere a questa disumana violenza? Credo che ancora oggi vengono ripetute le sublimi parole di quei ragazzi ebrei che professavano la certezza che Dio era in grado di restituire a loro la vita e liberarli definitivamente dalla malvagità degli uomini, che non conoscono il volto di Dio che è misericordia e pienezza di vita. Anche se sottomessi alla morte, essi sanno che Dio li farà risorgere e darà loro la vita eterna.

            Resurrezione e vita eterna: sono proprio queste realtà che vengono considerate dai sadducei delle favole, perché a loro modo di pensare le cose reali sono solo quelle che si vedono e si toccano con mano. Quando uno muore tutto finisce, e non c’è proprio più nulla da sperare. Altro che risurrezione e vita eterna! altro che realtà spirituali e soprannaturali! I sadducei sono uomini concreti che si fidano solo di quello che vedono con i loro occhi e per essi la felicità è solo quella che si può ottenere in questa vita, con le ricchezza, con il potere, con i vari piaceri che si possono afferrare. Dopo di che non c’è altro. I farisei, invece, che hanno accolto con fedeltà la tradizione religiosa, sono certi che c’è la resurrezione dei morti, ci sono le reltà spirituali come gli angeli e la vita eterna. Ed anche Gesù ci crede. Per questo i sadducei si presentano a lui e gli chiedono come si può giustificare la resurrezione. Il loro argomento è di quelli sottili ed esasperati. Facendo leva sulla legge del levirato, per cui se un giovane moriva senza lasciare figli, il fratello doveva sposare la vedova per dare una eredità al defunto, mettono su il caso ipotetico di un uomo che, poco dopo sposato, muore senza lasciare figli. Il fratello deve prendere la vedova come moglie, ma anche lui muore e lo stesso avviene per tutti e sette i fratelli, che muoiono, avendo sposato la donna.

            A questo punto, ecco la domanda capziosa: “Se è vero che c’è la resurrezione dei morti, questa donna, nella risurrezione, di chi sarà moglie, visto che tutti e sette l’hanno avuta come moglie?”. Sono convinti che hanno intrappolato Gesù, il quale invece con molta fermezza risponde che si sbagliano di grosso e che non capiscono niente del mistero di Dio. La resurrezione non è tornare indietro e rifare le stesse cose. Il matrimonio è una realtà di questo mondo. Coloro che risorgono, non tornano indietro, ma vanno avanti cominciando a vivere una nuova realtà dove il matrimonio non esiste, ma si è come angeli di Dio. E per dare forza al suo discorso porta il passo della Bibbia quando Dio rivela stesso, facendosi conoscere come “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”, che erano morti secoli prima. Se Dio è il loro Dio, come potrebbe esserlo se essi sono morti? e conclude: ” Dio non è Dio dei morti, ma dei viventi, perché tutti vivono per Lui”. E con queste parole Gesù fonda la realtà della risurrezione e della vita eterna sul fondamento di Dio stesso, che è il Vivente e dona la vita anche ai morti. E Gesù poi è la Risurrezione e la Vita e chi crede in Lui ha la vita eterna.

  1. Giuseppe Licciardi (Padre Pino)

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