(Anno C) XXVIII domenica del tempo ordinario

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«E GLI ALTRI NOVE DOVE SONO?»

Il cammino di Gesù verso Gerusalemme continua, anche se non dobbiamo fare troppo caso ai particolari che ci possono confondere. La ripetizione della nota, che ci segnala Gesù sempre in cammino verso Gerusalemme, in Luca ha un valore teologico e ci vuole comunicare il messaggio molto forte che Gesù si trova sempre nella direzione che gli permette di compiere la volontà del Padre suo, e nessun ostacolo lo può distogliere da questo scopo che orienta il suo cammino. La ricerca di quello che è gradito a Dio ed è perfetto ai suoi occhi costituisce sempre l’interesse primario di ogni vero cercatore di Dio, a qualunque popolo appartenga e qualunque fede egli professi. Così, la parola di Dio, oggi, ci mostra l’esempio di due persone, due lebbrosi, molto diversi tra loro, che hanno incontrato Dio nella loro vita ed hanno deciso di non volerlo perdere mai più. La scoperta di un Dio amico e compassionevole, che si è piegato verso le loro sofferenze, ha trasformato la loro vita e li ha resi autentiche persone di fede, di quella fede che salva e trasforma.

La prima lettura ci offre un racconto di guarigione che è un vero gioiello, che non possiamo fare a meno di apprezzare per la sua bellezza e per l’insegnamento che ci offre. Si parla di uno straniero, un siro, un generale dell’esercito arameo, Naaman, uomo potente e stimato dal suo re, ma che ad un certo momento fa la terribile scoperta di essere affetto dalla lebbra. A quel tempo, questa era una malattia terribile che sconvolgeva la vita di una persona e di tutta la famiglia. Naaman era in preda alla disperazione, se non che una ragazza ebrea che lavorava nella sua casa lo informa che in Israele c’è un uomo di Dio che può liberarlo dalla sua malattia. E la notizia accende il cuore di Naaman, che si mette in cammino per raggiungere quel profeta, Eliseo. Il racconto ci viene presentato nel suo felice epilogo, perchè é questo quello che viene messo in evidenza, ma per arrivare a questo punto Naaman ha dovuto fare non solo un lungo cammino di centinaia di Chilometri, ma ancor più un percorso interiore ancora più lungo e difficile, che lo ha portato a smontare il suo orgoglio, la sua presunzione, le sue personali convinzioni, per accettare di compiere le cose che il profeta gli chiedeva in nome di Dio.

Il cammino spirituale di questo straniero è stato veramente notevole, ma alla fine si è arreso totalmente al Dio d’Israele, riconoscendo che non esiste un Dio vivo e vero se non il Dio di cui Eliseo era servitore fedele e disinteressato. A questo punto della sua scoperta non gli resta che tirare le conseguenze. E qui ne esce fuori con una trovata originale e piena d’inventiva: chiede al profeta il permesso di portarsi due carichi della terra d’Israele per avere un segno visibile e concreto del legame che aveva ormai instaurato con Dio. Quella terra lo collegava col popolo di Dio, di cui Egli ormai fa spiritualmente parte, ma nello stesso tempo costituiva il perenne memoriale della misericordia che Dio aveva avuto nei suoi confronti. Sarà il suo luogo di preghiera. Naaman ha ottenuto non solo la guarigione dalla lebbra, ma ancor di più, la salvezza, per la fede nel Dio che lo ha salvato.

Nel Vangelo leggiamo un racconto di guarigione collettiva -dieci lebbrosi che sono guariti per aver creduto senza riserve alla parola di Gesù- ma sembra che l’attenzione di Luca si sposti su qualcosa di molto più profondo della semplice guarigione fisica, per guidarci alla scoperta della fede che salva. La narrazione è molto semplice e lineare, e non ci sono aspetti che escono fuori dalla norma di condotta che era stabilita in casi del genere. Mentre Gesù entra in un villaggio gli vengono incontro dieci uomini lebbrosi. Essi non possono entrare nel villaggio, in un luogo abitato, perché la loro malattia li ha separati dalla comunità e persino dalla famiglia. Tutti hanno paura di avvicinarli e li trattano a distanza, per timore di essere anch’essi contagiati. A questo si aggiunge l’altra conseguenza ancora più terribile: questi uomini sono considerati immondi, impuri, rifiutati pure da Dio, ed alle volte finiscono col pensarlo davvero. Essi si fermano a distanza e gridano forte la loro sofferenza a Gesù: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Sono solidali, la sofferenza li ha uniti. Non ci sono giudei e samaritani, ci sono dei lebbrosi, persone che soffrono.

Non chiedono di essere guariti, chiedono solo di essere considerati, di essere trattati con atteggiamento di compassione, di tenerezza, e di non essere cacciati via. Gesù non si avvicina a loro, rispetta questa loro timidezza e paura, ma dice loro semplicemente di presentarsi ai sacerdoti, che sono le persone autorizzate a riconoscere e ad attestare una guarigione. Tutti e dieci, nessuno escluso, credono alla parola di Gesù. Hanno capito cosa Gesù ha voluto dire, rimanendo fedele alla tradizione, e si muovono nella certezza che la loro guarigione era già in corso. Così infatti avviene. Mentre vanno, si rendono conto del cambiamento incredibile che è avvenuto nella loro pelle: sono “purificati”. Adesso possono riacquistare il loro diritto di stare insieme agli altri e di frequentare il tempio di Dio. Vengono restituiti alla loro dignità originaria. Una gioia straordinaria, per tutti. Eppure Luca ci informa che solo uno di essi, un samaritano per l’appunto, non può trattenere il senso di gratitudine che invade il suo cuore, e torna indietro, gridando la sua gioia, lodando Dio apertamente, senza vergogna, ma nello stesso tempo cercando Gesù, che lo ha guarito.

Questo qualcosa di più che è scattato nel suo cuore e che egli ha assecondato, è quello che Gesù evidenzia: “E gli altri nove dove sono?”. Ottenuta la guarigione, se ne sono tornati a casa loro per riprendere la vita di prima? La loro fede era vera, ma poco profonda? Hanno certamente provato gratitudine per il loro guaritore, ma non hanno sentito in cuore il bisogno di esprimerla. Certamente hanno perso l’occasione di creare una relazione personale con Gesù, hanno preso le distanze da lui. Al contrario di quel samaritano che ha voluto farsi riconoscere da Gesù, per dirgli la sua gratitudine, per dirgli che la sua vita era ormai legata profondamente a Gesù. Adesso il samaritano è una persona diversa da quello che era prima. Ecco perché Gesù gli dice: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Non solo guarito, ma soprattutto salvato.

Giuseppe Licciardi (P. Pino)

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Padre Pino
Padre Pino
Don Giuseppe Licciardi, sacerdote della diocesi di Monreale innamorato di Cristo e della sua Parola.

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