(Anno C) XXVII domenica del tempo ordinario

«ACCRESCI IN NOI LA FEDE»
(Ab 1,2-3;2,2-4; Sal 94; 2Tm 1,6-8.13-14; Lc 17,5-10)

            La sofferenza interiore del profeta Abacuc, che grida il suo profondo sgomento di fronte a Dio, sembra trovare un’eco profonda nel cuore di milioni di credenti, che oggi si trovano a vivere una situazione di sconforto e di amaro senso di impotenza dinanzi alla sensazione di catastrofe che incombe sulla nostra umanità. Anche noi viviamo l’angoscia di sentirci abbandonati da Dio, di sentire il peso terribile della sua assenza ogni qualvolta che ci arrivano notizie di cristiani che soffrono e vengono minacciati, brutalmente perseguitati e uccisi a motivo della loro fede. Anche noi ci sentiamo avviliti e profondamente scoraggiati di fronte al disfacimento politico-sociale sempre più dilagante ed inarrestabile, di fronte allo sgretolamento dei valori, che sembrava potessero garantire validi punti di riferimento per una sana convivenza sociale. Quante volte non ci sembra che la società sia guidata dalla violenza, dalla sopraffazione di chi detiene il potere in diversi modi, e riesce a far passare la menzogna per verità, e l’abuso di potere e la corruzione per diritto acquisito! Da qualunque parte ci giriamo siamo circondati da egoismo, interesse, indifferenza, paura, ipocrisia, arroganza, spregiudicatezza, … e col profeta gridiamo: “Fino a quando, Signore?…”

            La risposta che il Signore da al profeta non sembra lì per lì incoraggiante, anzi pare che ci inviti a lasciare che le cose seguano il loro corso. Ma se ci riflettiamo un poco, allora ci rendiamo conto che il Signore sta dando proprio una risposta al suo profeta scoraggiato. Tanto è vero che lo invita a mettere per iscritto quello che Lui sta per rivelargli, come a dire che la sua parola si realizzarà e quindi rappresenta un messaggio di speranza certa per il suo popolo. Qual’è la risposta di Dio? Che la malvagità degli empi e dei violenti ha già il suo tempo segnato, ha una scadenza, non può durare sempre, e se anche indugia, non significa che non avverrà, perché “se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà”. Con il profeta anche noi vorremmo vedere con i nostri occhi la fine della malvagità, ma siamo invitati a saper attendere, e questa attesa si nutre di fede. Anche se la malvagità, la violenza, e la menzogna sembrano non avere ostacoli, e si espandono in misura sempre crescente, ci viene assicurata la loro disfatta. Non sappiamo quando, ma non sarà il malvagio ad avere l’ultima parola. Ed allora, cosa deve fare l’uomo che cerca la giustizia? La risposta è chiara: “Il giusto vivrà per la sua fede”. La risposta è “fidati di Dio”.

            Ancora una volta la risposta di Dio ci sconcerta. Infatti, come soluzione ai tremendi problemi che ci assillano Egli ci suggerisce di avere fede. La fede è la soluzione che Dio offre a quanti si rivolgono a Lui. Ci rendiamo conto allora che la fede non è una cosa semplice, e non è nemmeno così facile. Tant’è vero che gli Apostoli stessi, una volta che si rendono conto della difficoltà ad accettare il modo di pensare e di vivere che Gesù va cercando di immettere nel loro animo, sentono il bisogno di chiedere: “Signore, accresci in noi la fede!”. Gesù aveva infatti insegnato che la ricchezza non è una garanzia di felicità e di essere graditi a Dio, che l’essere grandi non significa comandare sopra gli altri, ma mettersi a servirli, che chi vuole essere il primo si deve mettere all’ultimo posto con naturalezza e semplicità, che il perdono non si può donare a quote ridotte, ma illimitate. Ed è normale che gli apostoli si sentano col fiato corto e pensano di non potercela fare a vivere con fedeltà secondo il Vangelo di Gesù. Da qui scaturisce lo loro semplice ed umile richiesta di avere accresciuta la loro fede. E Gesù li incalza, affermando che basta avere fede quanto un granellino di senape -una misura minuscola- per realizzare l’impossibile.

            La fede rappresenta la forza di cui l’uomo può disporre per realizzare quello che è  umanamente impossibile. Quante volte Gesù lo aveva insegnato e fatto notare! Alla donna che soffriva di perdite di sangue dice: “La tua fede ti ha salvata“. Quello che i medici non erano riusciti a fare in tanti anni, lo ha realizzato la fede in un istante. Alla cananea che gli chiedeva la liberazione della figlia da uno spirito immondo, Gesù risponde: “Donna, grande è la tua fede. Avvenga quello che tu desideri!“. E la figlia viene liberata. E al centurione che gli chiede la guarigione del servo, che era a casa ammalato, Gesù, ammirando la sua grande fede, dice semplicemente: “Và, e sia fatto secondo la tua fede!“. Ed in quell’istante il servo guarisce. Ed ora ai discepoli insegna che se avessero fede quanto un granellino di senape, e comandassero ad un albero di gelso di sradicarsi, questo avverrebbe. Sì la fede rende possibile quel che all’uomo è impossibile. E basta averne appena un granellino, ma di quella buona, per vedere cose grandiose, per vedere compiersi miracoli. E fede significa fidarsi di Dio, fidarsi di Gesù. Fede non significa sapere cosa o come avviene quello che tu ti aspetti, ma essere certo che avviene. Semplicemente tu lasci fare a Dio.

            Solo che tu, camminando nella fede, devi fare la tua parte, con serietà e serenità. Dio conta su di te e sul tuo servizio leale e disinteressato. Lui farà la sua parte. L’immagine del servo che Gesù usa per far comprendere questo la dobbiamo prendere per quello che è, un esempio molto efficace preso dalla vita quotidiana. Chi è a servizio di una persona, sa quelli che sono i suoi compiti e li compie, punto. Gesù suggerisce ai discepoli che il giusto modo di servire Dio non deve affatto somigliare a quello di pensa di comprare Dio per mezzo delle opere che compie, come facevano i farisei. Io servo Dio e osservo la sua legge, per cui mi aspetto che a sua volta Dio mi faccia questo e questo. A Dio non piace questa mentalità da mercato. Dio ama chi lo serve con cuore semplice ed umile, con generosità, senza misurare il tempo e la fatica. Questo vale sempre, ma soprattutto in tempi come quelli in cui viviamo. Servire Dio richiede una fede forte, propria di chi non si vergogna del vangelo, ma è pronto a soffrire per esso, perché sa che è stato chiamato a testimoniarlo, non con timidezza e di nascosto, ma con lo spirito di forza, carità e prudenza, che gli vengono da Dio.

            Don Giuseppe Licciardi (Padre Pino)

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