(Anno C) XXV domenica del tempo ordinario

IL PADRONE LODÓ QUELL’AMMINISTRATORE DISONESTO
(Am 8,4-7; Sal 112; 1Tm 2,1-8; Lc 16,1-13)

            Dopo aver letto ancora una volta la parabola dell’amministratore disonesto, il mio pensiero è volato subito alla famosa intervista che Papa Francesco ha concesso alla stampa nel viaggio di ritorno verso Roma, dove, tra le tante domande, un giornalista gli ha chiesto cosa pensasse della lobby gay in Vaticano. Immediatamente tutta la stampa fece girare la risposta del Papa in tutte le lingue traducendola, in maniera molto ambigua, in questa forma: “Chi sono io per giudicare un gay?”. Con questo tipo di domanda si voleva insinuare, in maniera subdola, da parte di molti che il Papa volesse quasi accennare ad una possibile apertura verso i matrimoni omosessuali. E tanti hanno subito cominciato a lanciare le loro frecce incendiarie contro il Papa, accusandolo di voler stravolgere l’insegnamento della Chiesa e condurla verso l’apostasia. Se uno cerca, senza prevenzioni e con animo libero, la risposta del Papa, ecco che si rende subito conto che le cose non stanno proprio così, ma che il Papa non dice proprio niente che metta in discussione quello che tutti possiamo leggere nel Catechismo della Chiesa Cattolica. Infatti le parole del Papa sono semplicemente queste: “Se una persona è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicarla?”.

            Quel piccolo particolare del cercare il Signore, che pure indica un sincero mettersi in questione di fronte a Dio per scrutare la sua volontà, è stato omesso, e questo ha scatenato il putiferio. Lo stesso si può dire nel leggere la pagina del Vangelo di oggi, dove viene detto che “il padrone lodò quell’amministratore disonesto”. Se uno si ferma solo al fatto che il padrone esprime una forma di ammirazione per il suo amministratore, se ne potrebbe tirar fuori l’idea che il padroni approvi il suo modo di agire. Ma già dall’aggettivo che lo qualifica, e cioè “disonesto” si comprende benissimo che non è tanto la disonestà ad essere lodata, ma la capacità di sapersi tirar fuori dai guai in una situazione senza via d’uscita. É la sua scaltrezza, la sua accortezza, la capacità di reagire e di non darsi per vinto che viene lodata. Anzi Gesù stesso aggiunge che tale prudenza e tale determinazione dovrebbero essere le qualità dei figli della luce, quando si trovano ad affrontare tutte le insidie del male, in modo da non lasciarsi abbattere e rimanere paralizzati ed inermi. Una di queste insidie che fanno presa sul cuore dell’uomo è senza alcun dubbio quella della ricchezza, che Gesù chiama con il nome di “mammona”, come una divinità che riesce a plagiare il cuore dell’uomo.

            Gesù stesso suggerisce come andare subito al contrattacco e di questo punto debole farne addirittura un punto di forza e di successo: “Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta”. Il discepolo di Gesù deve essere in grado di trasformare la tendenziale potenza devastante della ricchezza in uno strumento di solidarietà, di condivisione, di fraternità, e non lasciare che il proprio cuore venga sedotto da essa, come facilmente accade. Ma per far questo occorre mantenere il cuore integro e libero, non perdendo mai di vista che ciascuno di noi è un amministratore e che sarà chiamato a rendere conto della sua maniera di gestire i beni che gli sono stati affidati. Si possono infatti sperperare i beni preziosi di ogni genere che il Signore ha messo a nostra disposizione, che non ci sono stati affidati solo per nostro personale tornaconto, ma soprattutto per poter edificare una società più sana, più equa, più solidale. Il progetto di Dio prevede che gli uomini imparino a trattarsi e vivere come fratelli e non come oggetti o come strumenti da usare a nostro piacimento per realizzare i nostri scopi egoistici o affermare il nostro potere. Occorre però un serio tirocinio per educarsi a questo: “Chi è fedele nelle piccole cose, sarà fedele anche in quelle importanti!”

            Già il profeta Amos sferza con una satira impietosa, quelli che hanno votato il loro cuore a mammona e non riescono vedere null’altro al di là dei  loro sporchi interessi ed intrighi. Persino dalle rituali soste degli affari e delle attività lucrative, come i noviluni ed i sabati, si sentono disturbati, perchè questi frenano i loro incassi. Vengono descritti come persone senza cuore e senza misericordia. Il profeta, anzi, denuncia apertamente che essi calpestano il povero, e steminano, con le loro pratiche truffaldine e spregiudicate, gli umili del paese, gli indigenti, quelli che sono in balia della loro avidità, che non sanno come fare per vivere e in che modo possono sopravvivere il giorno dopo. Questi uomini che hanno il denaro per loro dio, non sanno dove sta di casa l’onestà, pensano di potersi comprar tutto, e persino le persone, per pochi denari o per qualche paio di sandali. Ma il profeta lancia il suo terribile ultimatum, non importa se lo prendono sul serio o meno. La giustizia di Dio non viene fermata dalla loro tracotanza, ed il giudizio sarà senza possibilità di appello o di sabotaggio. Il Signore lo giura, ed egli non è uno che si lascia comprare: “Non dimenticherò tutte le loro opere”. Solo il pentimento sincero può cambiare il corso del giudizio.

            Il brano del Vangelo termina con un severo ammonimento, che in fondo è un invito a imparare a vivere con discernimento. E il discernimento è una virtù rara e preziosa, con cui la persona, attraverso un continuo e serio tirocinio di apprendimento, si va educando a saper riconoscere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto, quello che giova da quello che ti è di intralcio, quello che merita la nostra attenzione da quello che non vale la pena, e quindi scegliere ciò che ti edifica e ti porta a realizzare la tua personale vocazione. Ogni scelta è una presa di posizione netta, non ci si può fermare a mezza strada e giocare un po’ con una cosa e un po’ con un’altra di segno opposto. Non possiamo scegliere contemporaneamente due direzioni diverse o peggio contrapposte. Dalla scelta che facciamo ogni giorno, ed ogni momento, deriva l’esito della nostra esistenza. Gesù non ammette tentennamenti, ci invita a prendere sul serio la nostra vita, perchè abbiamo questa sola da giocare. Non si possono servire due padroni. Non si può servire Dio e il denaro. Chi vuol venire dietro di me, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua: ogni giorno, azione per azione, scelta per scelta.

            Giuseppe Licciardi (P. Pino)

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