(Anno C) XXI domenica del tempo ordinario

«SFORZATEVI DI ENTRARE PER LA PORTA STRETTA»
(Is 66,18-21; Sal 116; Eb 12,5-7.11-13; Lc 13,22-30)

Ancora una volta il brano del Vangelo è accompagnato da una notazione che tende a rimarcare il fatto che Gesù è in cammino verso Gerusalemme, e che il suo cammino non è una passeggiata, ma è il portare avanti con determinazione e senza sosta la sua missione di annunciare il vangelo. Gesù, infatti, passando per città e villaggi, continua ad insegnare la via che conduce gli uomini alla salvezza, a partire da coloro che gli sono più vicini. Oggi viene introdotto un aspetto particolare del suo insegnamento, per via della domanda che uno della folla gli rivolge: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». La domanda suona piuttosto strana alle orecchie di Gesù, perché è dettata dalla semplice curiosità, una pura domanda da salotto, del tutto inutile riguardo al problema della salvezza che al contrario è un argomento essenziale e molto personale.

Infatti Gesù va immediatamente al sodo e la sua risposta è tale da chiamare in causa ogni persona, a partire da colui che gli aveva fatto la domanda e probabilmente si poneva al di là della questione, ritenendo di appartenere automaticamente al numero dei salvati. La risposta di Gesù contiene delle affermazioni di grande importanza: 1) tutti sono chiamati alla salvezza; 2) non ci sono posti riservati, ma l’accesso non è automatico; 3) i lontani diventano anch’essi familiari.
Il problema di fondo non riguarda il numero di coloro che si salvano, che è solo un fatto di curiosità, ma al contrario riguarda il come si può ottenere la salvezza. Gesù ignora la domanda fattagli esplicitamente, ma risponde alla questione vera e più profonda, cioè: come posso io salvarmi? La risposta smantella subito la velata presunzione di chi pensa di essere già nel numero dei salvati per una questione di appartenenza a un popolo, o per la osservanza di prescrizioni e di leggi nelle quali si pone la garanzia della salvezza. Gesù mette subito tutti sullo stesso piano, affermando che tutti siamo collocati alla stessa linea di partenza e da quella dobbiamo prendere le mosse, senza privilegi, ma senza esclusioni. Il via è subito dato: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta!». L’invito è rivolto a tutti e tutti sono messi in guardia della difficoltà che comporta il cammino della salvezza. Si parla di una sforzo che si deve compiere, di un combattimento che si deve affrontare. Il fatto che viene usato il verbo “sforzatevi” ci fa comprendere subito che l’impegno non è occasionale ma continuo, e che dura quanto dura la nostra esistenza. Non c’è un momento in cui ci si può permettere di pensare che il gioco è ormai fatto. La salvezza è sempre in gioco, non è mai scontata, ed è sempre una grazia che ci viene offerta, alle condizioni richieste.

L’altro aspetto interessante, ma pure inquietante, è dato dal fatto che non ci sono posti riservati, per cui ci si può godere a distanza lo spettacolo di quelli che si affannano per accaparrarsi un biglietto d’ingresso. L’appartenenza a una fede religiosa, l’osservanza dei comandamenti, la pratica dei sacramenti come pure la frequentazione della Parola di Dio, pur essendo degli elementi che possono giocare a favore, da soli non possono garantire l’accesso al Regno di Dio, perché ci viene detto che occorre passare per la porta stretta, che in fondo non è altro che la stessa persona di Gesù. Egli per primo si è fatto piccolo per entrarvi, ma nello stesso tempo ha indicato a noi la via da seguire per entrare attraverso la porta stretta, somigliare a lui, prendere la sua stessa fisionomia, la sua stessa misura. Ogni altra scorciatoia, che indica superficialità, presunzione, arroganza, indifferenza non fa altro che allontanarci dall’obbiettivo. Le parole che vengono messe in bocca al padrone di casa, al momento di chiudere la porta sono molto dure: “Non so di dove siete”. Addirittura, quanti avevano cercato di eludere l’impegno e lo sforzo vengono chiamati “operatori di iniquità”. Un giudizio veramente severo, quanto serio e impegnativo è il cammino da percorrere.

Ma la grande sorpresa che attende tutti quelli che si sono messi alla sequela di Gesù ed hanno cercato, nello sforzo quotidiano, di stare dietro ai suoi passi, senza allontanarsi da lui, senza perderlo di vista, senza tentare di scavalcare le mura tentando altre vie più facili d’accesso, sarà la scoperta del numero incredibile di persone che sono riuscite a passare attraverso quella porta. Pur essendo stretta, è capace di dilatarsi tanto, da assumere le dimensioni stesse della misericordia di Dio. E Dio, lo sappiamo, è incapace di chiudere la porta in faccia a quanti egli sa che lo hanno cercato con cuore retto e sincero e ai quali egli stesso si è fatto incontro, per guidarli attraverso vie che Lui solo conosce. La profezia di Isaia che annuncia che il Signore stesso avrebbe radunato da tutte le genti e da tutte le lingue i suoi figli, perché conoscessero la sua gloria, troverà il suo adempimento. Tutti siederanno alla stessa mensa, perché tutti sono fratelli. Non ci sono estranei o lontani, perché la gloria del Signore coprirà la faccia della terra.

La parte che ci riguarda più da vicino, forse, è quella più drammatica, che suona come un severo ammonimento per noi, che, per la eccessiva familiarità con le grandi realtà della nostra fede, finiamo con trattarle con indifferenza e leggerezza, presumiamo di avere a buon mercato la salvezza senza quella lotta, quella agonia di cui parla il vangelo di oggi. Diamo per scontato che tanto Dio ci salva tutti, senza desiderio sincero e senza alcuno sforzo da parte nostra. Oggi però siamo messi in guardia, con quel fuoco di amore che si fa severo per il nostro bene: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Se non vogliamo essere messi alla porta, cerchiamo di sforzarci di entrare per la porta stretta, cerchiamo di entrarvi attraverso Colui che è la porta, Gesù.

Giuseppe Licciardi (padre Pino)

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