(Anno C) XII domenica del tempo ordinario

«MA VOI CHI DITE CHE IO SIA?»
(Zc 12,10-11;13,1; Sal 62; Gal 3,26-29; Lc 9,18-24)

Una caratteristica che troviamo nel Vangelo di Luca è costituita dalla preghiera di Gesù che precede ed accompagna i momenti più significativi di rivelazione riguardanti la persona di Gesù e le sue scelte più importanti. Ricordiamo, ad esempio, il battesimo di Gesù al Giordano, la sua Trasfigurazione, entrambi eventi straordinari in cui il Padre stesso interviene per dire chi è Gesù, proprio perchè nessuno conosce il Figlio se non il Padre e colui o coloro al quale egli lo vuole rivelare. Gesù sceglie di andare in un luogo solitario, in disparte, e Luca ci dice che lì Gesù si mette in preghiera.
Pur essendo con i suoi discepoli, Lui solo è in preghiera, ma la sua preghiera in qualche modo si riflette sui discepoli che osservano, ed in qualche modo si sentono toccati, anche se essi stessi non vi partecipano direttamente. Ma la preghiera di Gesù è eloquente di per se stessa perchè fa intravedere ai discepoli il tipo particolare di rapporto che c’è tra Gesù e il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei Padri, in cui essi stessi credono.

Come frutto della preghiera di Gesù scaturiscono due domande, la prima piuttosto indiretta e generica, la seconda molto diretta e personale. «Le folle, chi dicono che io sia?». Questa è la prima domanda, che serve per cominciare ad affrontare l’argomento centrale, la persona di Gesù. I discepoli sono a contatto con la gente, sentono i loro discorsi, i loro apprezzamenti nei confronti di Gesù, per cui non è difficile dare la risposta. Quello che si coglie in queste risposte che danno i discepoli (tre appunto, per indicare tutto quello che hanno riferito) è il fatto che le folle hanno percepito che Gesù parla ed agisce come un profeta, un uomo pieno dello spirito di Dio e della sua autorità, ma non vanno oltre. A questo punto Gesù provoca direttamente i discepoli con la seconda domanda, alla quale non possono sottrarsi: «Ma voi, chi dite che io sia?». Teniamo presente che Gesù non ha fatto questo tipo di domande all’inizio del suo rapporto con i discepoli, ma dopo un bel pò di tempo, quasi verso la fine della sua missione.

I discepoli hanno avuto la possibilità di frequentarlo, di stare con Lui, di ascoltarlo, e non solo mentre insegna pubblicamente alle folle, ma anche in privato, di condividere la sua vita, di assistere ai suoi miracoli. Questa domanda arriva dopo che, addirittura, ha fatto fare loro esperienza diretta di missione, dando loro il potere di cacciare i demoni e di guarire gli infermi. Fatto sta che subito arriva una risposta, da parte di Pietro, ma a nome di tutti: «Il Cristo di Dio». Una risposta esatta, da un punto di vista obiettivo, perchè realmente Gesù è proprio il Messia, quello che Dio aveva annunziato tramite i profeti e che la gente aspettava con grande desiderio. Ma tra il pensiero di Dio e le attese della gente c’è un abisso incolmabile. Infatti, nonostante la risposta fosse precisa, Gesù immediatamente e con gran vigore proibisce loro di parlarne ad alcuno, quasi che avessero detto qualcosa di strano o di enormente sconveniente o fuori posto.

Ma assieme alla proibizione avviene una chiarificazione. Gesù spiega ai discepoli quale è la sorte che attende il Messia, il figlio dell’uomo, come lo chiama, ma con immediato riferimento alla sua persona. La conoscenza di Gesù non può essere data da idee e opinioni strettamente umane, legate alle attese del popolo, ai suoi pregiudizi, alle sue rivendicazioni di carattere politico o religioso. La conoscenza di Gesù viene data come dono particolare del Padre, ma va maturando con la frequentazione e la condivisione della vita di Gesù, cosa che può realizzarsi a prescindere dal tempo. Non quindi solo i discepoli, che sono stati con Gesù, ma anche in seguito, altri discepoli, che per la fede sono in comunione con Lui e lo seguono, come egli stesso indica espressamente subito dopo. Se uno vuol venire dietro di me… così continua il discorso di Gesù, ed Egli ha davanti a se tutti coloro che nel corso dei secoli e nelle zone più disparate della terra sarebbero entrati in sintonia con Lui. Egli sta indicando quali sono le condizioni per essere veramente suoi discepoli. Ci rendiamo conto che si tratta di condizioni estremamente esigenti, a partire dalla rinuncia a se stessi, alle proprie vedute umane, per entrare nelle idee e nei sentimenti di Gesù stesso. Anzi Egli giunge ad affermare che se non si è disposti a perdere la propria vita per Lui, non la si potrà in alcun modo salvare.

Ci rendiamo conto come oggi Gesù rivolge a me e a ciascuno di voi direttamente la domanda che ha rivolto ai suoi primi discepoli: “Ma tu chi dici che io sia? Chi sono io per te?” Ed aspetta una risposta, che non può essere di carattere tecnico e catechistico, perchè non è sufficiente. Non è la mia conoscenza catechistica, teologica o biblica quella che mi consente di dare la risposta che Gesù si aspetta da me. Perchè in questo caso anche a me Gesù intimerà con durezza di tacere. Solo la mia capacità di compromettermi per Lui può dare la risposta accettabile e credibile. Non la correttezza della dottrina mi viene chiesta, anche se sono tenuto ad averla, ma l’adesione completa della mia persona a Gesù, e la disponibilità a mettere in gioco e rischiare la mia vita per lui. In caso contrario la mia conoscenza sarà vuota ed insignificante e le mie parole si perderanno nel vento. Ma quando è la mia vita a parlare, allora quella risposta avrà senso e sarà accettata.
Giuseppe Licciardi (Padre Pino)

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