(Anno C) II Domenica di Quaresima

«Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!»
(Gen 15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17- 4,1; Lc 9,28-36)

Uscendo dalle acque del Giordano, Gesù viene riconosciuto apertamente come Figlio di Dio e rivestito della potenza dello Spirito Santo per iniziare la sua missione. Condotto dallo Spirito nel deserto, viene pesantemente tentato da Satana proprio nella sua identità di Figlio di Dio. Le tentazioni infatti tendono a mettere in discussione questo dato di fatto indiscutibile, insinuando il dubbio: “Se tu sei Figlio di Dio…”. Ma Gesù sa con piena e profonda certezza che Egli è il Figlio dell’amore del Padre, e non del bisogno, del desiderio, della soggezione, della paura o dell’interesse; per questo respinge con decisione le subdole insinuazioni del diavolo, ribadendo la sua identità di Figlio di Dio nell’unico modo credibile, mettendo la sua vita totalmente nelle mani del Padre e lasciandosi guidare dalla sua parola.
Adesso, dopo essere stato riconosciuto dai discepoli come il Cristo, li invita alla sequela che passa attraverso la croce, realtà che i discepoli faticano ad accettare, anzi che rifiutano istintivamente, ritenendola indegna del Messia. Così Gesù prende con se Pietro, Giacomo e Giovanni e li conduce sul monte.

La salita sul monte ha un forte valore simbolico, perché, in maniera esperienziale, fa comprendere ai discepoli di ieri e di oggi che non è inutile, ma che vale la pena di affrontare la fatica e la stanchezza di dover scalare la montagna, perché alla fine di questa impresa viene regalata la sublime ed indimenticabile visione del volto di Dio, attraverso il Figlio che viene trasfigurato. Luca ci informa che l’obiettivo primario di Gesù è quello di raccogliersi in preghiera, come è solito fare nei momenti più significativi della sua vita, prima di avviarsi con decisione verso Gerusalemme. Gesù ama mettersi alla presenza del Padre e lasciarsi guidare da Lui, chiedendo di conoscere sempre quale è la sua volontà. Lo scopo principale della preghiera è quello di farci entrare in sintonia con Dio, per portare il nostro cuore, la nostra volontà e la nostra intelligenza alla sua lunghezza d’onda, in maniera da farli vibrare insieme in armonia. Nella preghiera avviene la trasfigurazione, si verifica lo svelamento della realtà intima di Gesù, che lascia trasparire la gloria di Dio.

Nello stesso tempo, accanto a Gesù si presentano due personaggi, che vengono chiaramente identificati in Mosè ed Elia, due uomini che hanno incontrato Dio sul monte, due uomini che hanno guidato il cammino del popolo di Dio, che hanno cercato con tutte le loro forze di mantenerlo fedele attraverso l’osservanza della legge e l’illuminazione della profezia. La loro presenza sta a significare che Gesù li racchiude entrambi e viene a portare a compimento la loro opera nella sua persona, che Egli sta per realizzare le loro attese e le loro promesse. Ci dice infatti Luca che l’oggetto della loro conversazione è l’esodo di Gesù, cioè il suo passaggio al Padre e quindi la sua morte in croce, che sarebbe dovuto avvenire a Gerusalemme. Nel frattempo i discepoli, stanchi della fatica, si erano addormentati, proprio come avrebbero fatto più avanti nell’orto degli ulivi. Si svegliano all’improvviso e vedono la sua gloria e e gli altri due personaggi che erano venuti sul monte e restano abbagliati dalla bellezza di quella scena in cui l’umano e il divino si congiungono e le realtà celesti e terrene si abbracciano. Pietro non riesce a trattenere il suo stupore e vorrebbe fermare il tempo e prolungare questa esperienza, chiedendo a Gesù di improvvisare tre tende, una per Gesù, una per Mosè ed una per Elia. Ma i due uomini che parlavano con Gesù se ne vanno.

Proprio in quel momento una nube luminosa avvolge Gesù e i discepoli e dalla nube si ode una voce, la voce di Dio, che ancora una volta presenta Gesù, chiamandolo Figlio suo, l’eletto, ma aggiungendo un secco imperativo assoluto “Ascoltatelo!”. Chi vuole udire la parola di Dio deve mettersi in ascolto di Gesù. Egli realizza la legge e i profeti. Solo grazie a Gesù possiamo avere una vera ed autentica conoscenza di Dio, perché lui solo conosce il Padre e lui solo ce lo può rivelare. Ce lo rivela attraverso le sue parole, ma ce lo rivela soprattutto attraverso la sua vita e la sua morte, che dicono agli uomini in quale maniera Dio li ama. La via di Dio è una via misteriosa e sorpassa ogni intendimento umano. Essa non passa attraverso la forza e la potenza dominatrice, ma passa attraverso la debolezza e la sconfitta della morte. Nello stesso tempo però si rivela l’unica via che riesce a passare i confini della morte e conduce alla risurrezione e alla vita eterna. La Trasfigurazione, che mostra la gloria di Gesù, vuole essere una anticipazione della sua risurrezione e un invito ai discepoli a non lasciarsi abbattere da quello che vedranno accadere a Gesù, a non avere paura di fronte all’insuccesso, alla sconfitta, alla sofferenza e alla morte stessa.

Gesù escogita ogni possibile via per convincere i discepoli a camminare dietro di Lui senza paura, a superare i loro pregiudizi, le loro vedute personali e dargli pieno credito. Sul monte interviene la voce stessa del Padre, e Pietro e gli altri se ne ricorderanno ancora vividamente a distanza di anni. Ma la fatica di comprendere da parte dei discepoli continua ad offrire una forte resistenza. Lo stesso avviene a noi. L’apostolo Paolo ci ricorda che anche noi siamo chiamati a vivere l’esperienza della trasfigurazione, facendo in modo che l’uomo interiore, rigenerato da Gesù nel Battesimo e nutrito del suo corpo e del suo sangue, vada emergendo sempre più potentemente dalle macerie del peccato, dell’egoismo, delle passioni della carne, in modo che impariamo a condurre una vita degna della gloria dei figli di Dio.

Padre Pino (Giuseppe Licciardi)

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