(Anno B) XXXI Domenica del tempo Ordinario

«NON SEI LONTANO DAL REGNO DI DIO»
(Dt 6, 2-6; Sal 17; Eb 7, 23-28; Mc 12, 28-34)

Non appena leggiamo nel Vangelo che uno scriba si avvicina a Gesù, già cominciamo a sentire odore di bruciato, perché di solito gli approcci con Gesù hanno lo scopo di metterlo alla prova e incastrarlo con le loro domande. Questa volta, invece, ad avvicinarsi a Gesù é uno scriba autentico, un amante della legge, e la sua domanda é sincera. Egli, infatti, chiede il parere autorevole di Gesù a proposito del comandamento più importante, “il primo”, come lui si esprime, quello che fa da fondamento a tutti i comandamenti. La domanda può sembrare strana a noi, ma per gli ebrei era un vero problema districarsi tra una moltitudine di comandamenti, 613 per l’appunto, a cui rischiavano di dare la stessa importanza, senza distinguerli l’uno dall’altro e senza riuscire a comprendere e valutare il loro rapporto con Dio. Nella legge mosaica si trovano, infatti, delle prescrizione che con Dio hanno un rapporto lontanissimo, anzi non hanno niente a che fare. Per questo gli scribi cercavano di semplificare, per loro stessi e per la gente, il compito di osservare la legge di Dio, a partire dal comandamento più importante. Gesù si rende subito conto che ha a che fare con una persona retta, per cui risponde immediatamente con grande semplicità, limitandosi a fare riferimento a quanto si afferma nel libro del Deuteronomio, il libro della legge di Dio per eccellenza. Gesù risponde con molta calma, quasi a voler invitare lo scriba, e noi, a riflettere sulle sue parole: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore…». Questa premessa, contenuta nella legge, é essenziale.

Non si possono comprendere i comandamenti, senza un esplicito riferimento a Dio, loro prima e indefettibile sorgente. I comandamenti hanno ragion d’essere, in vista di creare un rapporto profondo e indissolubile tra Dio e gli uomini e indicare agli uomini il giusto atteggiamento da avere per mantenere sempre vivo questo rapporto. Ecco perché iniziano con un invito che in fondo può essere considerato l’atteggiamento di fondo: “ascolta, Israele!”. Il popolo di Dio é il popolo dell’ascolto, un ascolto che richiede di entrare in sintonia amorosa con Dio e la sua volontà per poterla mettere in pratica. Senza questo tipo di ascolto, i comandamenti si trasformano in una legge dura ed esigente che non può essere praticata. Senza un rapporto di amore, qualunque comando diventa insopportabile. Ma quando si ama, si é disposti a fare le cose più difficili per la persona amata, e si trova grande gioia nel farle.I comandamenti, quindi, esprimono e realizzano il rapporto autentico con Dio, il Dio di Israele, il nostro Dio, l’unico, e quindi Colui che che ci ha creati perché ci ama e si prende cura di noi e della nostra vita. I comandamenti dicono la cura amorevole che Dio ha nei nostri confronti. Se Egli é l’unico, allora non ci può essere altra risposta per l’uomo, se non di amarlo, amarlo totalmente, amarlo incondizionatamente.Le precisazioni che vengono fatte nella legge, e che Gesù, riprende ci aiutano a comprendere di quale natura deve essere il nostro rapporto con Dio: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Non ci può sfuggire questa ripetizione martellante dell’aggettivo quantitativo “tutto” o “tutta”, e l’elenco delle varie parti dell’uomo che vengono coinvolte e chiamate in causa a vivere questo rapporto di amore: cuore, anima, mente, forza, accompagnate dall’aggettivo possessivo “tuo” o “tua”. L’uomo nella sua totalità e interezza é chiamato a vivere questo rapporto indissolubile di comunione con Dio. La sua realtà spirituale, morale, affettiva ed emotiva, il suo pensiero e le sue varie attività, perfino il suo respiro e la sua stessa corporeità sono coinvolte e chiamate ad esprimere questo amore esclusivo per Dio.

Ma Gesù non si ferma qui, ed aggiunge un secondo comandamento, che chiaramente é intimamente collegato con il primo e ne diventa la sua inevitabile verifica: : “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Questo comandamento secondo comandamento ha bisogno di essere ben compreso, perché non si limita a chiedere di amare il prossimo, ma precisa il modo con cui bisogna amarlo, “come te stesso”. Quindi, indirettamente ci viene detto che dobbiamo imparare ad amare noi stessi, se vogliamo riuscire ad amare il prossimo rettamente. Amare noi stessi senza autoesaltazione, ma anche senza autosvalutazione, imparando ad accettarci come siamo, sapendo che noi stessi siamo già accettati da Dio così come siamo. Lo stesso vale per il prossimo, che dobbiamo imparare ad accettare per quello che è, senza pretendere di farlo a nostra misura, perché questo é il fondamento dell’amore.

Questo scriba é proprio simpatico. Sembra infatti che il suo cuore si sia colmato di gioia e di pace nell’ascoltare Gesù, tanto che alla fine non fa altro che ripetere, come ripensandole tra se e se, le stesse parole di Gesù, aggiungendovi un particolare di grande interesse: “Questo vale più di tutti i sacrifici e gli olocausti!”. Perché, qualunque sacrificio di un animale offerto a Dio, anche il più costoso, rimane sempre esterno alla tua persona. Ma la capacità di accogliere nel tuo cuore l’altro senza riserve esige il dono di te stesso.
Così Gesù conclude questo bellissimo incontro con una frase di apprezzamento sincero e lusinghiero nei confronti dello scriba: «Non sei lontano dal regno di Dio». Perché il regno di Dio si fa presente lì dove c’é una persona capace di amare sinceramente.

Giuseppe Licciardi (P. Pino)

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