(Anno B) XXIX domenica del tempo ordinario

«TRA VOI PERÓ NON É COSÍ»
(Is 53,10-11; Eb 4,14-16; Mc 10,35-45)

É davvero sconcertante notare come i discepoli sembrano essere completamente sordi ai ripetuti insegnamenti e rimproveri di Gesù. Più di una volta li aveva richiamati, ed in modo alquanto fermo, quando li sentiva ragionare su chi di loro era il più grande e il più importante, ma sembra che, subito dopo aver incassato il rimprovero stando con la testa bassa e non dicendo una parola, dimenticavano subito tutto per continuare ancora sugli stessi discorsi. Il Vangelo di questa domenica comincia infatti con una richiesta piuttosto ardita ed arrogante da parte dei figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. Essi si avvicinano a Gesù e con grande faccia tosta gli dicono: “Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo”. Già partono in quinta, senza nemmeno valutare il senso di quello che dicono. Anche se lo chiamano maestro, sembra che immediatamente le loro parole hanno già scambiato i ruoli, tanto è vero che cominciano in modo perentorio con un “vogliamo”, come se a guidare il rapporto siano loro e non il “Maestro”. Egli infatti viene considerato alla stregua di un esecutore di ordini, sottoposto alla loro volontà o al loro capriccio.

Questo modo di fare ci suona piuttosto familiare. Esso ci fa pensare a come tante volte noi ci rapportiamo con Dio, scambiando i ruoli. Mentre da una parte, ogni volta che recitiamo il Padre nostro, diciamo “sia fatta la tua volontà”, come atteggiamento umile di disponibilità e di impegno ad obbedire ai suoi comandi, dall’altra parte sembra che gli chiediamo o ci aspettiamo che sia Lui a fare la nostra volontà. Anche noi, consciamente o inconsciamente, ci mettiamo nell’atteggiamento di Giacomo e Giovanni e pretendiamo che Dio faccia la nostra volontà, che agisca secondo i nostri progetti e i nostri desideri, e non secondo il suo progetto di amore per noi. Nel nostro rapporto con Dio, spesso mettiamo al centro noi stessi e non Lui, le nostre attese ed i nostri sentimenti e non quelli di Dio, i modi di vedere e di giudicare umani, dell’opinione comune, della moda corrente e non quelli di Dio. Eppure proprio ai suoi discepoli Gesù aveva fatto capire apertamente che il pensare alla maniera degli uomini è spesso e volentieri un modo sottile di consentire a satana di manovrarci e farci fare il suo gioco, e sottrarci così alla voce dello Spirito.

Ma Gesù si presta al loro gioco, come se non avesse capito l’antifona, e con il suo solito sorriso chiede cosa può fare per essi. Incoraggiati da questa disponibilità di Gesù, i due sparano immediatamente la loro incredibile ed arrogante richiesta: chiedono a Gesù di poter sedere, quando egli trionferà sui nemici, uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. Con una sottile ma profonda ironia, lo stesso Vangelo di Marco ci parla di due persone che stanno uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra, e si tratta dei due ladroni che vengono condannati insieme a Gesù. Gesù è in mezzo a loro, ma porta una corona di spine, ed è coperto di grumi di sangue e dei segni delle ferite provocate dalla flagellazione. Ecco quale sarà la gloria di Gesù. Egli ancora una volta la anticipa ai due audaci discepoli, anzitutto affermando che non sanno nemmeno quello che chiedono, quale tipo di gloria aspetta il loro Maestro, e poi chiedendo loro se sono disposti a bere il suo calice ed a subire il suo battesimo, cioè passare attraverso la sua passione e la sua morte, condividendola con Lui. Con spavalderia affermano di essere pronti a tutto, e Gesù conferma che realmente sarà così, ma la loro disponibilità nei suoi confronti dovrà essere incondizionata, lasciando al Padre che è nei cieli di agire secondo i suoi disegni.

Marco però ci svela che gli altri dieci non sono da meno dei due. E quando sentono i loro discorsi se la prendono in maniera molto dura con essi, sentendosi scavalcati. Perchè anch’essi la pensavano allo stesso modo. La familiarità con Gesù non aveva cambiato del tutto il loro modo di sentire e di pensare. Anch’essi aspiravano ad essere qualcuno, avere un ruolo di prestigio nella società. Ed è a questo punto che Gesù se li chiama attorno e comincia a parlare con serietà, cercando di far comprendere loro che il suo modo di vedere le cose era completamente all’opposto del comune modo di agire nella società. Riferendosi infatti ai capi di questo mondo e a tutti quelli che esercitano il potere, Gesù denuncia senza mezzi termini che gli uomini di potere (sociale, economico, politico, religioso) stravolgono il loro compito cercando di dominare sugli altri, sottomettendoli ai loro voleri, ed anche opprimendoli. Al centro ci sta il loro io, non gli altri. Egli sa bene cosa significa governare ed esercitare l’autorità. Non so, nel resto dell’Italia, ma nelle nostre zone, quando si parlava di “governare gli animali” si intendeva il provvedere loro di quanto avevano di bisogno, come l’acqua, il fieno, la pulizia della stalla. Autorità è poi la capacità di far crescere gli altri.

Ed ecco che Gesù subito segna una linea precisa di demarcazione, tra il modo di fare che esiste nel mondo, sottoposto al maligno, ed il modo di fare e di sentire dei discepoli, di coloro che hanno deciso di seguirlo fino in fondo: “Tra voi però non è così”. Quanta carica di fiducia in questa affermazione di Gesù! Nonostante le ripetute manifestazioni di durezza di cuore, Egli continua a pensare in positivo nei confronti dei suoi discepoli, continua ad esser fiducioso nella possibilità che alla fine possano cambiare mentalità e pensare e sentire ed agire come Lui. Non ci sono vie di mezzo, non ci sono compromessi col mondo. La via del discepolo è quella seguita da Gesù, ed Egli la propone con molta chiarezza. Alle relazioni fragili, conflittuali ed egocentriche che ci sono tra di loro devono sostituirsi relazioni vere, gratuite, solidali, di reciproca accettazione e perdono. Si tratta di un capovolgimento di valori: “Il più grande diventi servitore degli altri”. Questa è la nuova logica del Regno che si basa sulla persona di Gesù, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la sua vita per gli altri. Non se stessi, ma gli altri ed il loro bene stanno al centro.
Padre Pino (Giuseppe Licciardi)

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