(Anno B) Battesimo del Signore

«TU SEI IL FIGLIO MIO, L’AMATO»
(Is 55,1-11; v. Is 12; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11)

            ges_di_nazareth_robert_powell_franco_zeffirelli_019_jpg_ddykIl tempo di Natale ci ha presentato il sublime mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio che è sceso nell’umiltà e nella miseria della natura umana facendola propria, divenendo uno di noi, grazie all’accoglienza aperta e incondizionata che gli ha offerto il grembo della vergine figlia di Sion, Maria di Nazaret. Divenendo un figlio d’uomo, quel bambino non ha perduto per niente il suo essere Figlio di Dio, come era stato annunciato dall’Angelo, come aveva intuito mossa dallo Spirito la cugina Elisabetta, come avevano proclamato gli angeli apparsi ai pastori nelle colline di Betlemme, come avevano riconosciuto i sapienti Magi venuti dall’Oriente con la loro adorazione, come l’aveva accolto tra le sue braccia il vecchio Simeone pieno dello Spirito di Dio, e come infine aveva alluso Gesù dodicenne, ricordando ai suoi genitori che Egli doveva essere nelle cose del Padre Suo. Col suo diventare uomo ogni distanza tra cielo e terra era stata cancellata, e le porte del paradiso si erano ormai definitivamente dischiuse, proprio perchè il Figlio dell’Altissimo si era fatto figlio di Maria, portando in se stesso l’ineffabile gloria del Padre. quello che per tanti anni era rimasto racchiuso nel mistero di Dio, torna nuovamente a rivelarsi nel momento in cui Gesù di Nazaret si reca al fiume Giordano per chiedere di essere battezzato da Giovanni il Battista.

            In appena pochissimi versetti, cinque in tutto, l’evangelista Marco, ci rivela la vera identità di Gesù, prima richiamando l’autorevole testimonianza del Battista e quindi la dichiarazione incontrovertibile e a sorpresa che viene direttamente da Dio, che identifica in Gesù il suo diletto Figlio. Appare sulla scena l’autorevole figura di Giovanni, che con la sua predicazione aveva attirato l’attenzione di tuto il popolo e delle stesse autorità, invitando quanti accorrevano ad ascoltarlo a compiere un gesto di carattere penitenziale, invitando alla conversione del cuore per poter essere pronti ad accogliere l’atteso dei secoli, di cui i profeti avevano annunciato la venuta. Questo gesto era molto semplice, ma ricco di valore simbolico e consisteva nell’immergersi nelle acque del fiume, come a volervi immergere i propri peccati e rinascere ad una vita degna di Dio. Nello stesso tempo egli annuncia la presenza di uno che sta per venire, il Veniente, come egli lo chiama con una espressione profondamente evocativa. Egli dichiara semplicemente che questo Veniente è molto più grande di lui e che è in grado di dare un battesimo non semplicemente di acqua, ma nello Spirito Santo, introducendo gli uomini ad una nuova comunione con Dio.

            Dopo questa brevissima premessa, ecco che entra in scena Gesù, che, sceso da Nazaret, viene al Giordano. Marco premette una notazione temporale di grande portata, quando afferma che “in quei giorni, venne Gesù …”. Si tratta di un richiamo di grande portata, visto che spesso, gli antichi profeti che annunciavanoi la venuta del Messia, si esprimevano dicendo proprio “in quei giorni”, cioè, quando giungeranno i giorni del Messia. Adesso quei giorni si sono compiuti e Gesù viene e si mette in fila insieme agli altri per ricevere anche lui il battesimo. Con questo gesto Gesù fa capire che egli non prende le distanze dagli uomini peccatori, ma si fa come uno di loro, entra nelle acque che portano i peccati degli uomini e se ne fa carico, in modo che da innocente si fa peccato per noi, per poter cancellare i nostri peccati, prendendoli su di se, per portarli sopra la croce. Quando Gesù esce fuori dall’acqua, ecco che subito giunge dall’alto la grandiosa testimonianza, fatta di segni espressivi, visibili agli occhi, e di parole, ben udibili con le orecchie.

            Uscendo dall’acqua, Gesù vide squarciarsi i cieli. L’accorata invocazione del popolo di Dio, che chiedeva il ritorno del suo Signore che sembrava essersi allontanato e diventato sordo, chiedeva proprio questo: “Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi!”. Ora i cieli si sono squarciati, ora Dio è sceso in mezzo al suo popolo, si è lasciato impietosire ed ha ascoltato la sua voce. Ora Dio torna a camminare in mezzo al suo popolo e a fare udire la sua parola. Allo squarciarsi dei cieli si accompagna il discendere dello Spirito Santo di Dio, quasi come una colomba che si posa su Gesù. Questa visione richiama lo Spirito di Dio che al momento della creazione si libra sulle acque, come ad indicare che ora una nuova creazione sta per essere compiuta, che il tempo del diluvio è ormai cessato, e un tempo di pace irreversibile si preannuncia per ogni uomo. Gesù viene per riconciliare gli uomini con il Padre e fare di noi non più figli della disobbedienza e della ribellione, ma figli della fedeltà e dell’amore. Ed infine la voce di Dio che rende testimonianza a Gesù proclamandolo Suo Figlio amato, il suo Unigenito, nel quale il Padre ri riconosce e si rispecchia. Chi vuole incontrare Dio, sa che la via da percorre è quella di andare a Gesù, chi vuole udire la voce di Dio sa che deve mettersi all’ascolto della parola di Gesù.

            Inizia così la missione di Gesù. Egli è vissuto per tanti anni nel nascondimento di una vita normale di un ragazzo e poi giovane di famiglia in un paesino di poca importanza, fatta di lavoro, di preghiera, di semplici rapporti umani, vissuta nella fedeltà al quotidiano, senza espressioni di carattere straordinario. Uno di noi, uno del popolo, in tutto e per tutto. Egli ha atteso che si compissero i tempi, sempre attento alla voce interiore del Padre, vivendo in piena obbedienza alla sua Parola. Fin’ora era vissuto nel silenzio “nelle cose del Padre suo”. Ora che il Padre lo ha apertamente riconosciuto dinanzi agli uomini, Egli comincia a vivere apertamente come Figlio di Dio, testimoniando il suo amore dinanzi agli uomini, senza mai tirarsi indietro, senza vergognarsi, senza nascondersi. Anche noi, nel Battesimo, siamo stati riconosciuti e proclamati apertamente figli di Dio. Come viviamo questa profonda identità interiore? Riusciamo a gioire per questo dono che abbiamo ricevuto gratuitamente, per puro amore di Dio, o lo sentiamo come un peso? Nella nostra vita si rispecchia la presenza di Dio, come si rispecchiava in Gesù? Anche a me Dio dice “Tu sei il Figlio mio, l’amato!”. So rispondere come Gesù: “Tutto quello che il Padre vuole, io lo faccio?”.

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)

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